Sappiamo tutti,o per averne letto o per averne sentito parlare (e parecchi anche sono stati e sono i film e le serie tv che trattano l’argomento) che il transito dalle frontiere del Messico a quella degli Stati Uniti s’accompagna, tutte le volte, a una scia di morte e di violenze inaudite quanto reali.
E che le vittime sono uomini ,donne, e spesso minori, quasi sempre alla ricerca di una condizione esistenziale appena un po’ dignitosa di quella che al loro paese non hanno.
Per ricordare questo, e quanto siano importanti accoglienza e solidarietà contro le politiche di esclusione, una marcia di madri dal Centroamerica in direzione del confine statunitense sta procedendo spedita dal 20 novembre scorso per giungere a destinazione.
E cioè al punto di raduno, alla linea di demarcazione, lì dove si confronteranno affiancando momenti di denuncia, singola e collettiva, a quelli di preghiera, l’8 dicembre.
Ed è il decimo anno che l’evento si ripete.
In sintonia un’analoga marcia è partita il 22 novembre in Italia, da Lampedusa, approdo di migranti dall’Africa, con lo scopo di attraversare alcune regioni italiane e giungere a Torino, meta terminale, il 5 dicembre prossimo.
Accompagna i migranti e quelle persone di buona volontà, che si sono unite ad essi, dalla Sicilia lungo tutta la penisola, un sacerdote messicano, coordinatore del Centro pastorale cattolico di cura per i migranti nel sud-ovest del Messico.
Il giorno 5 dicembre, all’arrivo, ci sarà a Torino un Convegno, che naturalmente affronterà il tema delle migrazioni nel mondo d’oggi.
E il successivo 6 dicembre sarà, invece, una giornata di festa per tutti, com’è giusto che sia in momenti di convivialità, ispirati a corretta accoglienza e generosa solidarietà.
E’ importante, però, che il tutto non si esaurisca qui.
Che cioè la presenza dei migranti in tutta la penisola italiana faccia riflettere anche i più riottosi che l’unico mondo possibile, di cui per altro tutti siamo responsabili, senza esclusione alcuna, oggi è solo quello costruito sulle basi di un’autentica fratellanza solidale.
Non ci sono modalità altre, pena l’implosione.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)