Da oggi la censura preventiva di Masi è legge per viale Mazzini. Il bavaglio stringe sul contraddittorio: “I talk-show devono garantirlo sempre e nella stessa trasmissione”. Tradotto: se un opinionista dice bianco, un secondo opinionista dirà nero. Non importa l’argomento né la discussione. Così vuole Masi. Come vuole, anzi pretende che il “pubblico in studio, selezionato da strutture aziendali, sia parte non attiva”. Niente applausi. E poi, un po’ fuori stagione (o forse preveggente), il direttore generale introduce la par condicio, i cronometri che fanno impazzire i conduttori in campagna elettorale: “Le interviste ai partecipanti devono essere realizzate in sequenza di contraddittorio assicurando tendenzialmente a ciascun ospite lo stesso tempo di parola”. Masi cerca di scrivere le scalette, intervenire sui contenuti delle trasmissioni e, per citare la metafora di Santoro, ordina ai giornalisti di fare un bicchiere-programma come l’azienda comanda. E chi sgarra? Verrà multato. Oppure sanzionato: ogni volta Masi guarderà la Rai con la circolare in mano, ogni volta cercherà di sospendere i “reprobi”. Siccome le mosse del direttore generale servono per ostacolare Annozero, il primo giornalista “contestato” sarà Michele Santoro.
Perché Masi ha aperto un cineforum in Consiglio e proiettato l’introduzione di Santoro: “Ascoltate. L’ha detto in diretta su Raidue”. E oggi ritorna Annozero con Vauro e Travaglio ancora senza contratto e con il Pdl che prepara un esposto all’Agcom per la scorsa puntata.
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