Se, in accordo al paradigma "dimmi cosa guardi e ti dirò chi sei", le trasmissioni TV possono dirci qualcosa sul tipo di pubblico di cui possono catalizzare l'attenzione, ovvero i suoi gusti, il modo col quale si diverte, la sua stessa psiche, che cosa ci dice la nuova trasmissione di Emanuele Filiberto partita martedì sera su Cielo? Se non avete visto che cosa si è messo a fare il principino, ve lo spiego subito. La trasmissione si intitola "Il principiante", con geniale (?) gioco di parole col termine "principe". Sottotitolo: "Il lavoro nobilita", con secondo geniale (?) gioco di parole con il termine "nobiltà". Nel programma, nato pare da un'idea dello stesso Emanuele Filiberto (e tutto sommato ci possiamo anche credere), di volta in volta il principino viene mandato (ufficialmente in seguito a sondaggi effettuati tra i telespettatori) a svolgere per qualche giorno i lavori più diversi (muratore, pizzaiolo, spurgatore di fogne, contadino, toelettatore di cani ecc.). Difatti il programma viene presentato con questa frase:
"AAA Principe volenteroso, versatile e di bella presenza, disposto a rimboccarsi le maniche, cerca un lavoro per provare la vita vera.
Vuoi offrigli un'opportunità?"
D'accordo, è facile comprendere che, dal punto di vista puramente giornalistico, questa trasmissione è la messa in pratica della più classica tra le regole di che cosa fa notizia. In altre parole il principino che si mette a lavorare è l'equivalente dell'uomo che morde il cane. Bene. Ma è anche vero che il giornalismo dovrebbe partire da fatti reali (ancorché raccontandoli poi a modo suo), ovvero l'uomo dovrebbe aver morso il cane in circostanze autentiche, non al puro scopo di farci sopra la notizia. Al contrario qui - ovviamente - il contesto lavorativo viene costruito ad arte intorno al principino solo per qualche giorno, giusto per il gusto di vedere l'effetto che fa un ossimoro vivente in azione, con tutto quello che questo comporta. In altre parole ci troviamo di fronte a un programma nato per costruire delle situazioni che vengono vissute dai telespettatori come surreali (e per questo divertenti) solo e soltanto grazie allo status iniziale connaturato del protagonista, in una sorta di My Fair Lady al contrario in salsa reality.
Ora, il fatto che un network possa prendere in considerazione di produrre un programma di questo genere, ovvero che pensi di guadagnarci - perché è questo ciò che normalmente fanno i network - ovvero ancora che ci sia un bel numero di telespettatori che possa accettare (o avere voglia) di vedere una siffatta trasmissione, dà la misura di come la stessa platea di telespettatori venga considerata dai produttori e dagli ideatori del programma, ovvero di come questi ultimi pensano che una larga fetta di telespettatori si porranno (essi sperano) nei confronti del programma stesso. Il punto cruciale da cui partire è l'immedesimazione. Durante la fruizione di un programma televisivo, infatti, lo spettatore non pensa mai di trovarsi di fronte a una fiction anche quando è palesemente una fiction (e con fiction intendo un qualsivoglia programma che sia dichiaratamente costruito e non girato in presa diretta da una realtà spontanea - anche se l'inevitabile arbitrarietà del montaggio fictionizza anche una realtà spontanea). Lasciato a briglia sciolta, il cervello dell'uomo, insomma, tende sempre a pensare che ciò che vede sullo schermo corrisponde al vero in senso lato, ovvero che è qualcosa che ha le stesse caratteristiche della realtà, ovvero che ha i medesimi contorni della verità e dunque è indisintiguibile da essa. E questa sorta di avallo inconsapevole avviene ancora più facilmente quando si tratta di qualcosa che viene fatta per assomigliare alla realtà.
Nella fattispecie, non c'è bisogno di dire che in realtà al principino non gliene frega un emerito cazzo di provare la vita vera, visto che lui ha già la vita reale. Anche se non li vedete, intorno a sé il principino ha cameraman, addetti luci, tecnici del suono, segretarie di redazione, produttori ecc. Perché tutto ciò che al principino televisivo importa, è di mostrarsi in situazioni che destino curiosità e meraviglia negli spettatori. Tutto il resto è, anche in questo caso, fiction e gli spettatori stessi ne sono parte attiva. Perché non è certo quella un'esperienza di "vita vera", essendo in tutto e per tutto costruita, assolutamente limitata nel tempo, e retribuita in tutt'altro modo rispetto al lavoro che di volta in volta mette in scena (come se il principino ne avesse bisogno!). Per tutti questi motivi, la cosa peggiore di questa trasmissione è il suo essere un autentico insulto ai lavoratori, quelli veri, coloro che si nobilitano alzandosi alle 5, alle 6, alle 7, tutti i giorni della loro vita, fino a una pensione che ha sempre più la silhouette di un biglietto della lotteria.
Eppure i produttori, che conoscono (o sperano di conoscere) il pubblico medio, sono convinti che quegli stessi lavoratori che si nobilitano tutti i giorni alle 5, alle 6 o alle 7 saranno disposti a divertirsi seguendo le gesta di questo tizio che li prende per il culo, nella certezza che la gratificazione del divertimento sur-reale vincerà rispetto all'indignazione che dovrebbero suscitare in loro le tristi gesta fintolavorative di un rampollo viziato incapace anche di guidare (per sua stessa ammissione il principino ha detto di non avere la patente, in quanto ha sempre avuto l'autista), per il quale il concetto di lavoro diventa - di fatto - il sinonimo dell'irritante esibizionismo di una trasgressione. Ma può anche darsi che il suo programma faccia parte di un disegno più ampio. Se la crisi andrà avanti di questo passo, infatti, ben presto il lavoro sarà una trasgressione per tutti.