Da qualche parte, oltre l’arcobaleno…

Creato il 30 ottobre 2011 da Lamagadioz

Scusate la domanda alla “maga di Oz”, ma stasera mi è girata così, che volete farci……perchè io sono un po’ perplessa ultimamente, un po’ tanto direi e inizio a farmi quelle domande che uno si fa di sera, steso su un prato, magari dopo due o tre cannoni che rilassano…e io invece me la faccio dopo una tisana al finocchio…che ci sarà nel finocchio? Non lo voglio sapere.

La domanda è più o meno questa: ma voi vi sentite parte di questo mondo? Vi piace come gira? O sono io quella strana? non alzate gli occhi al cielo per la domanda troppo seria e già sentita, oppure alzateli, va bene, per poi rispondete, eh?Perchè vorrei giusto capire se sono l’unica che non si sente parte di tutta sta gigantesca Messa In Scena, che non ama la direzione verso cui tutto si muove. Certo, sono contenta della mia vita in generale, della famiglia che ho, dell’amore che ho trovato, ma quando cerco di coniugare tutto questo mio tesoro con l’esterno, mi scontro. Non riesco ad adattarmi. Ho dei problemi io? Troppe tisane al finocchio?  :-D
Guardo foto di star e starlette che presenziano a qualsiasi festa e non provo nessun moto di invidia e non me ne frega niente (soprattutto), guardo gente che fa la fila fin dal mattino davanti a un negozio di prodotti elettronici per avere il prezzo più scontato e provo pena per loro, guardo quelli che fanno la fila dalla notte precedente per comprarsi l’ultimo modello di Iphone e provo fastidio perchè allora mi domando dov’è la crisi tanto urlata, guardo il mondo girare in un modo che non capisco, imperniato sempre di più sull’apparire anziché sull’essere, sul mostrare anziché agire. E voi mi direte: ma che te frega, tu voltati dall’altra parte se non ti piace e vai per la tua strada. Ehhhh la fate facile.
Sto cominciando a capire sempre meno anche Facebook, la condivisione della mediocrità per eccellenza, dove tutti vogliono farsi vedere e vedere quello che fanno gli altri, vedere quanti amici hanno e quanti commenti ricevono, quante volte sono taggati e quante foto con amici e o in posti strani hanno messo in bacheca. Tutto per mostrare che cosa? Che esistiamo? E prima di facebook? Il mondo era disabitato?
Oggi un Cartesio moderno potrebbe sintetizzare così la nuova filosofia del terzo millennio: “Sto su Facebook, ergo sum”, oppure “Clicco, ergo sum”.
Vedo il mondo girare in un modo che non riesco più a seguire. Mi fermo all’immagine delle persone e non riesco più a vederne la sostanza, sarà colpa mia? O è la sostanza che comincia a scarseggiare perchè si dà più peso all’involucro che al contenuto? Perchè, ad esempio,  il massimo della mia vita deve essere girare in un centro commerciale e comprare più roba possibile, da mostrare con tanto di sacchetti e sacchettini firmati? Io non sono così e non me ne frega niente di essere così.
L’altro giorno, tornando appunto da un centro commerciale con il mio ragazzo (dove siamo andati per comprare un regalo costosissimo al suo amico che probabilmente non userà mai, ma tant’è…), lungo la strada che taglia per un pezzo un’area di campagna, abbiamo intravisto una cascina dove si vendeva il latte fresco appena munto. Ci siamo fermati per assaggiarlo, io non lo avevo mai bevuto prima. Vicino al distributore, c’era una stalla attrezzata per la mungitura con tanto di mucche dentro che donavano generosamente il gustoso liquido bianco.
Io non ho potuto fare a meno di sbirciare dentro. Il responsabile della stalla, con il grembiulone verde tutto sporco di latte ed erba, ci ha fatto segno di entrare. E lì, per la prima volta, ho visto come si mungono le mucche. Lo fa un macchinario preciso, che con la delicatezza di una mano umana, preme le mammelle dell’animale fino a un certo punto e poi si stacca. Io ero come incantata. Le luci del centro commerciale, il casino di gente che corre nei corridoi carica di cose soprattutto inutili e costose, l’odore di dolce e sudore, le facce paonazze e i carrelli stracolmi erano stati cancellti da quell’immagine così agreste e fuori dal tempo, che con quell’ammasso di luci e consumismo e immagine non c’entrava nulla. E mi affascinava molto di più. Sono uscita dalla cascina gustando il latte e pensando che vivere così non deve essere poi così male.

La società  ci impone certi ritmi, certi traguardi che io non trovo giusti e non mi interessa raggiungere. Ma se non li raggiungi o perlomeno ci provi, allora la società poi ti emargina. Bisognerebbe essere tanto forti da fregarsene. Andare per la propria strada senza guardarsi indietro o vedere quello che fanno gli altri. Seguire le proprie passioni e anche se sembrano strambe, ma chissenefrega!!
Vorrei vivere in un altro mondo, dove tutto fosse più semplice, dove il massimo della vita non è l’ultima moda o Lady Gaga, ma essere in pace con se stessi. Dove la figata è trovare serenità e stare bene, non possedere l’ultimo cellulare o crearsi un’immagine fintamente divina per avere il rispetto degli altri.
Io non sono diplomatica, io non dispenso sorrisi se non mi sento di farlo, io ti guardo male se me le fai girare o hai detto una stron…ata, io non vengo a trovarti in ufficio e a fare la carina così mi dai il posto di lavoro. Mi ricordo ancora quando da giovane giornalista freelance, cercavo di entrare nella redazione di un famoso giornale con cui collaboravo da tempo. Tutti i colleghi della redazione mi dicevano che dovevo farmi vedere più spesso in redazione, salutare tutti e sopratutto il direttore, essere carina e farmi vedere anche alle feste o altri appuntamenti che organizzavano…
Io non l’ho  mai fatto. Sono andata a salutarli un paio di volte perchè mi andava di farlo, poi basta. Io vivo nel mito che se mi prendono a lavorare è per il merito e non per il numero di volte che sono passata a salutare il direttore. Risultato? Io non ho avuto il lavoro, altri miglior “untori” hanno preso il mio posto. Se sono dispiaciuta? Si, avrei voluto quel posto. Tornassi indietro, farei l’”untrice” anch’io? No, neanche per sogno. Il mio orgoglio supera quello di qualsiasi essere umano medio, e so di avere perso tante occasioni in vita mia per questo motivo. Ma sono fatta così, mi disegnano così come direbbe Jessica Rabbit, e non posso farci niente.

Anyway, nessun posto al mondo mi renderebbe felice adesso. Non c’è un paese migliore o peggiore, io sono fatta così. O mi adeguo al mondo o il mondo si scorderà presto di me, se non lo ha già fatto. Ma io non mi voglio adeguare, non l’ho mai fatto e non lo faro’ mai. Da quando sono tornata dall’Australia, invece che farmi meno problemi io passo le giornate a tribolare, invece che accontentarmi del posto di lavoro, io passo le giornate a cercarne uno migliore.
E’ come se l’Australia mi avesse insegnato, piuttosto che a fregarmene alla take it easy, a cercare sempre il meglio per me. Ma dove devo cercare? O forse devo essere così forte da ricreare intorno a me il mio mondo, fregandomene di quello che succede all’esterno, senza più condizionamenti.

C’è una canzone che mi piace da morire e che un mio nuovo lettore del blog mi ha suggerito: Somewhere over the Rainbow, la canzone del film il “Mago di OZ” del 1939.
Forse il mio posto è da qualche parte oltre  quell’arcobaleno. Dove, come recita la canzone,  i sogni si avverano e i problemi si sciolgono come gocce di limone.

Ma per trovarlo forse non devo guardare in alto.

Sono io, quell’arcobaleno.

La Maga un po’ persa nei suoi pensieri

Vi lascio con il link, suggeritomi dal mio nuovo lettore, della canzone. Enjoy!


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