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“Da questo libro presto un film” di Simona Toma (Mondadori)* Uno scambio di … battute con l’autrice

Creato il 30 maggio 2011 da Stefanodonno
“Da questo libro presto un film” di Simona Toma (Mondadori)*  Uno scambio di … battute con l’autrice

Simona Toma, è nata a Lecce nel 1976. A Bologna si laurea in Giurisprudenza e dopo il primo shock iniziale dell’alloro accademico, si riprende e comincia a fare una serie di lavori tutti non pagati ma di cui si poteva vantare con gli amici. A un certo punto, per ragioni oscure soprattutto alla sua famiglia, decide di provare a fare del cinema, “Da questo libro presto un film” è il suo primo romanzo (edito da Mondadori) e, in cuor suo, spera che non sia l’ultimo. La storia parla di Toni che ha diciotto anni, e fin qui va tutto bene: vive a Milano con la sua famiglia e con le sue migliori amiche, Clementina e Matilde. Poi arriva Filippo e, pur senza sentire cori di angeli, Toni se ne innamora perdutamente. Il fenomeno che le rubriche di posta del cuore chiamano “colpo di fulmine” per lei diventa una MISSIONE: se Filippo fa l’aiuto regista, non rimane altro che partecipare alle riprese del suo film! Questa decisione porta Toni e il suo buffo cuore lontano, addirittura in Puglia, e le sue amiche sono costrette a seguirla. Nel delirio di un set cinematografico, che a volte sembra uno zoo e altre un circo, tra costumisti variopinti, esseri mitologici metà uomo metà telefonino, registi in crisi, attrici che fanno della loro età un segreto di stato e litri di caffè, Toni scoprirà che l’amore e il cinema sono due mestieri molto faticosi. Soprattutto se arrivano insieme.

Davvero interessante il tuo esordio, ironico, tagliente al momento giusto, quel tanto pop che non guasta mai! Questo esordio è stato premeditato oppure …

Il libro è nato davvero per caso. Posso dire che, semplicemente, mi sono trovata al posto giusto, nel momento giusto, con la persona giusta e con la cosa giusta! Da qualche anno, collaboro con Mondadori Ragazzi e nel giugno del 2009 mi si dice che si è alla ricerca di nuovi autori italiani. Ho pensato: “e perché no”? In un giorno ho scritto i primi tre capitoli del libro che, sostanzialmente e nonostante le stesure successive, sono rimasti sempre quelli. Il mattino seguente li ho inviati in redazione e poi sono andata a fare i sopralluoghi per il film più bello e più geniale che abbia mai fatto W ZAPPATORE di Massimiliano Maci Verdesca (che, detto tra noi e nonostante io sia una dannata illuminista, considero il mio portafortuna). Ripeto, era il giugno del 2009. Esattamente due anni fa. E qualche mese dopo, mentre ero sul set, il 4 novembre del 2009 (scusate ma io per queste cose sono un po’ malata), mi giunge tramite sms, mentre preparavamo una faticosissima scena di massa con comparse metallare e quindi tutte metallate, la notizia che un editor, nonché affermatissimo scrittore, sempre per Mondadori, Francesco Gungui, aveva letto i capitoli e li aveva trovato belli al punto da volerci fare un libro. Gli era piaciuto soprattutto lo stile. Sono seguiti ancora alcuni mesi di altri e belli impegni (cinema, televisione e teatro) e poi è cominciata la fase della scrittura. E qui, all’improvviso, mi si sono spalancati tutti i sensi e ho cominciato a guardarmi intorno con una curiosità diversa, rapace, affamata, ho cominciato a tendere agguati a chi popola il mio mondo o anche solo a chi ci capitava per caso e di passaggio e quindi a nutrire con questo cibo i personaggi e le storie del mio romanzo. E, così, piano piano, il libro si è lasciato scrivere. E, a volte, penso che abbia fatto tutto da solo perché voleva essere scritto.

Tutto è filato liscio come l’olio nella stesura e realizzazione del lavoro, o la legge di “gravitazione universale” della scrittura ha fatto il suo dovere?

I momenti più difficili li ho avuti dopo la prima stesura quando pensavo di non avere più nulla da dire e invece, quando ci ho rimesso mano per seguire i preziosissimi e vitali suggerimenti del mio editor, le cose hanno continuato a venire fuori e a mettersi, a quanto pare, nei posti in cui dovevano stare. Tutto aveva già un posto e io ancora non lo sapevo. Anche se, chiaramente, il momento ad elevatissimo impatto emotivo è quando viene letto da altri occhi. Un po’ mi spaventa, sono esposta come una mamma davanti alla prima pagella del figlio: responsabile ma impotente. Adesso è tutta una questione tra Toni (la protagonista) e chi vorrà leggerla. Mi devo rassegnare, ci posso fare poco, oramai.

Per te scrivere che “sapore” ha ?

La scrittura più che una passione è stata una cosa che c’è sempre stata, come una caratteristica fisica, come un bisogno fisiologico ma mai una cosa ragionata. Ho sempre scritto ma senza volerlo veramente. Io ero la classica bambina cui i professori, soprattutto alle medie, dicevano sempre “scrivi molto bene, dovresti fare il liceo classico”. Poi, arrivi al liceo classico con questa convinzione, in un’età in cui tutto traballa e trovi il professore di italiano che ti mette 6- al compito in classe e, siccome sei in una fase in cui avere fiducia in te stessa non è esattamente il tuo hobby, riconsideri tutto e decidi di iscriverti a Giurisprudenza. Poi, io sono sempre stata una lettrice onnivora, una che legge 5/6 libri in un mese, per intenderci. Non esiste un ricordo senza un libro, sin da bambina. Io sono sempre stata bene così. Anche se, poi, molto spesso, non ricordo le trame dei libri che ho letto o le scene dei film che ho visto anche se si accomodano profondamente in me. E, all’università, ho incontrato un libro cha raccoglieva gli scritti di una straordinaria intellettuale e editor, purtroppo scomparsa, Grazia Cherchi “Scompartimento per lettori e taciturni” che è sempre stato un memento per me “è questo che sei, è questo ciò che ami fare”.

Il titolo colpisce molto, anzi fa venire “appetito” …

È carino il modo in cui è nato il titolo del libro. Si tratta di una frase letta sulla fascetta di un altro libro, un giorno che io e la mia migliore amica, eravamo in giro per librerie. Era un sabato mattina di dicembre ed eravamo alla Feltrinelli della Stazione centrale di Milano, appena aperta. Ci ha fatto molto ridere il fatto che venisse lanciato il film prima ancora della sua realizzazione “Da questo libro prossimamente un film”, era la dicitura originaria. Quindi tutto è nato come uno scherzo ma poi questo titolo ha cominciato a far innamorare un po’ tutti e, nella sua colorata follia, è diventato il nome del libro. L’altra cosa che mi affascina è che, nonostante ogni riferimento a fatti e persone sia puramente casuale, qualcuno possa riconoscersi in alcune parole di questo libro e comprendere meglio alcune altre cose anche se QUESTO LIBRO NON È AUTOBIOGRAFICO! In tutto ciò, e me ne scuso, io non sono una scrittrice, ho sempre scritto ma non ho mai avuto un romanzo nel cassetto. Questo è davvero il mio primo romanzo. E voglio aggiungere che, nel breve volgere di due anni ho smesso di fumare, ho smesso di mangiare le unghie, mi sono innamorata moltissimo, mi sono trasferita a Milano e il mio primo romanzo è stato pubblicato da Mondadori. E adesso? Magari un film?

Cosa ti piacee chi ha sollecitato il tuo interesse tra la contemporaneità letteraria dei nostri giorni?

Tra gli autori italiani amo appassionatamente Fabio Geda. Mi piace quello che scrive, amo le sue storie e la sua onestà crudele e poetica. Amo anche la scrittura e le storie di Giulio Morozzi e Paolo Nori. Mi fanno ridere, per me fondamentale, e mi appassionano ferocemente. In genere, ho l’impressione che si abbia poco il coraggio di far ridere, come se una penna leggera e ironica automaticamente squalificasse un libro, compromettendone il valore. Bisogna far ridere e per risata non intendo un atteggiamento frivolo o disinteressato ma bisogna far ridere come, per esempio, fanno Stefano Benni e Daniel Pennac. Tra i pugliesi, ho amato molto leggere Desiati e Argentina. Belle le storie, bella la scrittura. E trovo geniale Francesco Dimitri sebbene il suo sia un genere che, solitamente, non frequento.

* intervento apparso sul quotidiano Paese Nuovo del 30/05/2011

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