Ok, mi concentro. Cercherò di non essere prolissa e onesta nel raccontare emozioni ed esperienze, così che vi possiate fare un idea limpida di quello vi aspetterebbe da questo percorso.
Il viaggio è durato sette giorni, il tempo sufficiente per scaldare il cuore di un amore lontano e di abbandonarmi gentilmente a un nuovo ritmo, fatto di decisioni prese di pancia, senza programmi e destini studiati. Il modo più bello per viaggiare e quello dell’abbandono.
Bene, andiamo al sodo.
Dopo un viaggio che sembrava essere infinito, finalmente sbraco a Sampa, io sì, ma la mia valigia no… solo dopo due giorni passati tra telefonate e solleciti arriverà a destinazione. Nel frattempo, andiamo alla scoperta di una piccolissima porzione di una che è tra le più grandi e popolose città al mondo.
Il primo dolce risveglio è con una vista mozzafiato dall’Edifício Santa Branca, un’immagine che per me da quel momento in poi rappresenterà l’idea di questa città, perchè il suo skyline pieno di contraddizioni e dall’impatto abbagliante ne è la rappresentazione migliore.
Partiamo dalla zona del Centro che fa perno sulla piazza della cattedrale (Praça da Sé) per poi procedere attraverso Bela Vista che abbraccia i quartieri di Morro dos Ingles, Vila Helena e del leggendario Bixiga, in passato storico quartiere italiano, oggi noto per i suoi teatri, le vinerie e le feste popolari. Qui si trova anche il Museu de Arte de São Paulo.
Arriviamo poi a Libertade, area dove si concentra la maggior colonia di giapponesi fuori dalla loro patria. I segni della loro cultura sono visibili nelle colorate lanterne usate per illuminare le strade e negli ideogrammi delle insegne dei negozi. Qui ogni domenica si svolge un animato mercato tipicamente nipponico, ideale per un’originale street food experience, che nasce dall’influenza della cucina cinese e quella brasiliana.
Abbiamo provato un cibo tipico della zona di Bahia dal nome acarajè, in pratica una pasta di fagioli e gamberi fritta e condita di una salsa di gamberi agrodolce. Se andate in Brasile non potete sottrarvi dall’assaggiare almeno una coxinha una specie di arancino, fatta di pollo e spezie fritte in una pastella.
Poi, un pranzo veloce in uno dei numerosi sushi bar di Libertade dove l’atmosfera che si respira e i cibi che vengono serviti rispettano in tutto e per tutto la tradizione giapponese.
Ci dirigiamo verso Brooklin, una delle aree finanziarie più importanti della città, dove molte multinazionali hanno i loro uffici, vi ritroverete a camminare a fianco di businessman di fretta che parlano inglese al telefono tanto da farvi sembrare per un attimo di essere a NY. Qui, in un piccolo edificio dallo stile semplice e pulito, in mezzo a un complesso dall’architettura moderna si trova lo studio di architettura Atelier Branco, dove Matteo e Pep, associati dell’Atelier Mario Gallo portano una nuova architettura in Brasile.
Verso l’ora di cena ci dirigiamo in una delle zone che più ho apprezzato di San Paolo, Vila Madalena nel quartiere di Pinheiros nella parte occidentale della città. Questo quartiere è noto per la sua vivace vita notturna e la sua storia come centro bohemien della cultura e dell’arte. Il quartiere è pieno di decine di gallerie d’arte e studi, un mix eclettico di ristoranti e bar, i cui muri di strade e vicoli sono ricoperti da graffiti. Abbiamo cenato da Santa Gula un locale eclettico, intimo e carino dove provare una cucina fusion brasiliana. Per un dopo cena movimentato restate in zona oppure cercate i party Voodoohop, un gruppo che organizza le feste underground e più cool di San Paolo. Se siete in vena di una serata fuori dal comune invece potete optare per il teatro, Casa da Francisca non vi deluderà.
Il giorno dopo si parte, abbiamo affittato una macchina che per 6 giorni ci ha portati alla scoperta della costa paulista risalendo fino a Rio. Il paesaggio, uscendo dalla città passa dalle sconfinate favelas di periferia alla foresta atlantica di una vegetazione fitta e ricchissima, dove qualche fazenda qua e là fa percepirne la vita rurale. Ci fermiamo per un piccolo pit-stop in un chisco incontrato per strada nascosto tra qualche palma, qui proviamo un altro fast food tipico brasiliano il pasel (si pronuncia “pasteo”) un tipo di salgados (cibi salati), si tratta di una pastella fritta in olio vegetale, e viene accompagnato a carne, formaggio o pollo. La bottiglia di Coca-Cola invece è tassativamente ghiacciata, nella bottiglietta di vetro e con cannuccia!
Attraversiamo paesini sconosciuti dove però incrociare maggiolini d’epoca è un must.
Finalmente, arriviamo a Ubatuba e con noi anche la pioggia. Di per sè la cittadina non è nulla di che ma è un ottimo punto di partenza per visitare le favolose spiagge vicine, che potrete vedere e documentarvi andando su questo sito http://www.ubatubatrip.com/. Vi consiglio quella di Itamambuca considerata una delle spiagge principali del Brasile per il surf e dal paesaggio è incantevole, con sabbia bianca e vegetazione abbondante. Ci siamo spinti un po’ più in là fino a Picinguaba una piccola baia dove vivono solo i pescatori locali che ancora conservano le proprie case, canoe e attrezzi da pesca originali. Qui è possibile convincere qualche pescatore ad accompagnarvi in una delle isolette a largo, dove potrete passare una giornata in stile “laguna blu” in una spiaggia selvaggia tutta per voi.
Next stop, l’incantevole Paraty (e qui siamo già nello stato di Rio de Janeiro) che ancora conserva intatte le tracce del suo passato di colonia portoghese. Piccole case bianche fitte fitte l’una dopo l’altra si caratterizzano per i doversi colori pastello di porte e infissi. Sembra un po’ di tornare in dietro nel tempo camminando in questo borgo dai ciotoli dissestati dove ancora passeggiano persone a cavallo e carrozze.
Dal porticciolo di fronte alla chiesa sostano in attesa di turisti placide barche dai colori vivi che paiono quasi fatte di zucchero. Non lontano da Paraty, infatti, si possono visitare numerose spiagge e isolette remote, per questo abbiamo scelto quella di Leo, che per 40Real ha navigato in giro per l’arcipelago per 4 ore, fermandosi nelle spiagge più nascoste.
Tornati affamatissimi, abbiamo provato un piatto tipico della cucina marittima brasiliana il moqueca de peixe com banana do terra, qui la ricetta nel caso voleste cimentarvi nella cucina esotica.
Abbiamo dormito una notte alla Pousada Santa Rita, che più che un piccolo albergo sembrava la locanda del paese, una stanza semplice e accogliente con un tocco antico e una vista sulla splendida Capela de Santa Rita (attualmente museo delle sacre arti). Per la cena, abbiamo scelto Le Castellet, un piccolo ristorante, con pochissimi tavoli e l’atmosfera francese, non a caso però, perchè il locale è dello chef marsigliese Yves Lepide, specializzato in crépes fuori dal comune.
Siamo quasi alla fine, ma Rio, ho scoperto, mi resterà nel cuore per sempre. Fino all’ultimo siamo stati indecisi se andare a Ilha Grande o tirare dritto fino a Rio de Janeiro, la city ha vinto e non ce ne siamo pentiti affatto. Il tempo non era splendido al nostro arrivo, ma la città mi sembrava incantevole comunque. Le case coloniali colorate e i toni della spiaggia e del mare resi tenui dalla luce debole quasi la facevano apprezzare di più.
La pioggia ci ha reso anche un po’ più esploratori, abbiamo guidato fino alla vicina Niteroi, dove abbiamo visto il MAC – museo di arte contemporanea, opera futurista dell’architetto brasiliano Oscar Niemeyer. Il Museo di arte contemporanea di Niteroi (1991-1996) fu pensato da Niemeyer come un fiore che sboccia dal suo vaso, anche se prosaicamente a me è sembrato più una sorta di navicella spaziale atterrata su una collina della baia di Guanabara… comunque sia è da vedere! Se il tempo con voi sarà clemente non potrete mancare di fare le classiche tappe carioca, ovvero la visita al Cristo Redentore sul Corcovado (l’imponente picco di settecentodieci metri di altitudine che domina la città) e prendere la funivia che vi porta in cima al Pao de Azùcar.
La prima notte a Rio abbiamo dormito al Manga Hostel a Lapa, un’ottima soluzione sia per la zona centrale che come accomodation. Lapa è un quartiere del centro, localizzato tra il barrio di Santa Teresa e Cinelândia, e fin dagli anni ’50 è uno dei principali centri della vita notturna carioca. Il simbolo di questo quartiere è l’Arcos de Lapa, ex acquedotto del 1750 composto da 42 archi che permette anche il passaggio dei tram che portano a Santa Teresa. Caratteristica della zona è anche la Scalinata Selarón, decorata dall’artista cileno Jorge Selarón. Per la cena abbiamo optato per un giapponese fusion brasiliano, per intenderci quello da cui ha preso ispirazione il Temakinho milanese, si chiama Lapamaki e si trova in Rua do Riachuelo, 67.
La seconda notte a Rio l’abbiamo passata a Santa Teresa, dove posso suggerirvi due soluzioni per soggiornare, una più economica il Rio Forest Hostel e una più chic il Santa Teresa Hotel, entrambe validissime e con una vista mozzafiato su Rio.
Santa Teresa è un quartiere centrale fondato nel 18° secolo ed ex roccaforte dell’aristocrazia di Rio, il chè spiega l’architettura e la cultura di questa area pittoresca. Si sviluppa sulle pendici di una collina, e qui il tempo sembra essersi fermato, raccontando ad ogni angolo un pezzo di storia. Il barrio di Santa Teresa, inoltre, è caratteristico per il passaggio del bondinho (come in Brasile viene chiamato il tram), e della via tramviaria carioca che si arrampica lungo le sinuose curve che portano fino in cima. Fino a poco tempo fa era possibile vedere il tipico tram giallo milanese muoversi per queste strade, purtroppo recentemente messo fuori uso da un brutto incidente. La vista che si gode da qui toglie davvero il fiato e anche la vita notturna e i ristoranti non sono sono niente male, quindi una tappa è d’obbligo se passate da Rio.
Ultima giornata baciati da un gran sole e 30°, così sulla via del ritorno, abbiamo deciso di dedicarci alla scoperta delle lunghe spiagge a sud della città. Prainha, meta di surfisti e carioca in fuga della città, ma soprattutto Grumari una lunga spiaggia di sabbia fine dove s’infrangono le mosse onde oceaniche e la vegetazione scende selvaggia dalle colline sovrastanti. Qui, a soli 15 minuti dalla città ci si trova in un luogo incontaminato dove il landscape è stato risparmiato all’invasione edilizia.
Sulla strada del ritorno, ripenso a quello che è stato, memorizzo per non perdere nulla e mi godo gli ultimi attimi che mi riempiono il cuore. Sorseggio gli ultimi Matte, un cha freddo di cui mi sono quasi assuefatta e ringrazio il mio Matte di essere stato ancora una volta il miglior compagno di viaggio (e di vita) che si possa avere.
With Love(rs)