di Rina Brundu. Non si tratta di Silvia Tofanin ma di Silvia Sardone. Sarebbe l’ennesima destinataria dell’eredità politica di Silvio Berlusconi. Bene fanno Marina, Piersilvio, Barbara, Luigi, Eleonora, finanché Dudù, a tenersi stretta l’altra eredità, quella veniale ma senz’altro di maggior sostanza rispetto al messaggio politico ideale che vorrebbe lanciare (e lasciare) il berlusconismo in caduta libera.
Si fa davvero fatica a comprendere il modus pensandi del Silvio Berlusconi al tramonto. Sta forse chiedendo agli italiani che a suo tempo seguirono la sua avventura politica, di votarlo per interposta persona? Di votare la faccia giovane di Silvia Sardone per votare lui, per eternare nel tempo la sua azione? E perché proprio lei?
Con tutto il rispetto per la signora Sardone – che di questi tempi sembra una sorta di Salvini declinante al femminile, che muove in virtù del motto “più sono presente in tv più divento credibile” – non ho ancora capito qual è il suo claim-to-glory, a parte l’essere l’ultimo rappresentante mediatico autorizzato dal berlusconismo. Francamente io l’ho osservata in tv, durante i soliti talk-show di approfondimento politico – e non ho riscontrato né tutta questa grande capacità nel gestire lo spazio-televisivo di cui parlano i giornali istituzionali, men che meno quella carica passionale assolutamente necessaria per fare politica-digitale. Non ho difficoltà a scrivere – con metafora grezza – che la Santanché e altre signore della prima era berlusconiana (vedi la Comi), la “divorerebbero” per colazione.
Il problema di fondo rimane, tuttavia, l’assoluta mancanza in questo nuovo erede politico (come nei precedenti a dire il vero), di una linea politica propria, di una visione originale che giustificherebbe la scelta del “padre-nobile”. Si legge che Berlusconi avrebbe scelto la Sardone perché benché madre di due figli sa presentarsi in tv con grande grinta. Cazzo vuol dire? Chissà quante donne di maggior grinta e famiglia allargata si riuscirebbe a trovare nei rioni periferici delle nostre città difficili, senza considerare poi che non si capisce proprio questa discriminante del figliame: non ho figli ma penso che difficilmente costruirei le linee fondanti la mia visione politica sui paletti posti dalle necessità di essere valida madre, socialmente, policamente e intellettualmente impegnata nell’era digitale.
Con tutto il rispetto per la persona, senz’altro degnissima, io non vedo nella Sardone il salvatore della patria-di-destra che serverebbe, che ci si sarebbe aspettati. Ma questo non mi sorprende e non mi sorprende perché non è nella natura del berlusconismo (che ha sempre proposto dinamiche di gestione del potere riconducibili al machiavellismo più sterile, così come brillantemente descritto dal suo geniale propugnatore mezzo millennnio fa), crescere piccoli-leader che possano in qualche modo oscurare la stella del Dominus. Niente di esecrabile in questo – ci sono crimini peggiori – ma è indubbio che sarà proprio questo elemento a decretare la morte di questa sorta di “dottrina” politico-edonistica non appena se ne andrà Berlusconi. Tutto ciò che resterà saranno i sogni dei nostalgici, però non sono quella tipologia di “motti” dello spirito a modellare la storia che diviene, al più colorano di tinte più calde la storia che è stata senza peraltro riuscire ad imbrogliarla completamente.
Featured image, engraved portrait of Machiavelli, from the Peace Palace Library’s Il Principe, published in 1769.