80.
metterò il salice piangente in tasca per risanare
le lacrime brutali del senza errore
questa osteria brunita dal vino
rosso sangue. esangue la luna di giochi
manca delle vertigini degl’innamorati
le parti illese che si trovano raramente.
l’indice del creato sarà una lenticchia
per me che non sono che abbecedario breve
ceduo datario senza appuntamenti.
in mano le parti vecchie della sfinge
mi daranno magia una rotonda sul mare
davvero affascinante per la rimonta
del delfino bambino tutti baci fino
da creatura imbelle il ladrocinio d’ascia.
81.
langue nel sangue un etimo d’amore
un grandioso sudario nonostante il bello
infisso nei baci più creduli.
tu soldato dalla cresima di fango
annotti sulle viscere dei tuoi compagni
paganti appello sotto la bandiera.
introito d’amore àncora di passo
dover restare donna di strazio
doloroso brigante colma resistenza.
in base all’amoroso rotto il mio cuore
di sabbia palustre senza la speranza
d’ingerire un filone d’oro.
sommario di attesa il presente
oddio se muoio in guerra con la semina
di smentire finalmente la realtà.
qui in testa all’apolide mistero
sta la nebbia del mio disastro
questa manciata d’epoca al castigo.
in base al comprensorio della fuga
sia la bellezza di leggere ombre
bambine come flutti d’onestà.
giù dal balcone è scolato Mario
quell’uomo sveglio come un rapace
verità d’agnello in quanto scomparso.
82.
ti aspetterò dovessi piangere le mura
giungere estrema alla girandola imperitura.
vicino alla sferza di Erode la carezza
dell’angelo non avverrà a sanare
il tuo gelo, la manifattura materna del seno
intavolato per il benessere del figlio
già grandicello, avido. nessuna manna
dal cielo per intersecare l’essere
con la schiuma di venere. qui si staglia
l’avarizia del cuoco patriarcale al maligno
incedere la rissa contro le tempie e le nuche
infantili. tanta la ressa della matrigna calamita
che il tartufo fatica a farsi leccornìa nel duolo
delle fughe angelicate verso la serpe.
83.
il cielo è reso stagno dal plurale dei banditi,
soffici lune ingessano le giacche.
84.
con la barena sinonimo di viso
so attraccare al teschio della nuvola
alla giovinezza in apice di barca
senza timone resina del bello.
attore linguistico simulare il bene
quando il muschio beve le canzoni
delle nonne, quale volteggio di chiodi
rivederti sul finalmente scampolo del riso
tu che siedi le trappole per sempre
la tomba delle coccole e il Vesuvio.
barcone di nebbia la bava del sudario
tegola di coma il ritorno
dalla mignatta atavica del coma.
si areni la barcaccia dell’addio
dacché domani non sarà rivolta
la darsena serena della summa povera.
verrà cometa d’àncora blasfema
questa città senza esili cordiali
anzi le buche forti di collasso.
85.
in molte chiese ho esumato polvere
come a dire che la nullità di dio
faccia compendio con la vacuità.
di te conobbi il lusso del sorriso
sostanza di semina i fiori
quasi fossi il mare della giostra.
attore di coriandoli vederti
bambino che gioca con la torre di sabbia
con la bravura in camice di luminare.
aringhe sottovuoto tornò la secca
la darsena maligna e la frattura
con l’indice più bello della luce.
finì in un rettilario la cancrena
stonìo evinto dal cuore in battito
senza il flusso del sangue la bellezza.
fertilità del senso non aver soggetto
rendita perpetua la sua eclisse
sotto il commesso viaggiatore assente.
86.
la tellurica stanza che s’invaghì di te
oggi elemosina un alito soltanto
una manciata d’affetto l’edera.
lì il perfetto feto della notte
traduce l’egemonia del vulcano
in un’armonia di perle sotto guancia.
oggi la distanza scomunica la vita
qui si fa straccia egemonia di fame
il sortilegio panico del sale.
giocando a tiramolla le fate sono andate
scomunicate dal fato rovinate nel petto
da un passero diabolico da un chicco di veleno.
le mercenarie voglie delle nuvole
rendono il cielo blasfemo.
le gioconde particelle del rubino
rotolano incontro alle domande belle
flessuose avanguardie di comete.
87.
sul tardi si tracima il viottolo
inondato di buio. io nel tuorlo
della poesia sto a chiamarti urlo
di ritorno, invece niente il nome
si fa eco insieme alla fretta della
paura. sfiata il vento un inno
elementare verso la cruna dell’ago
della nonna che non può più cucire stoffa
nera per via della vista. sta rannicchiato
il polline di domani quando alla luce
tornerà la manna di vestire i piccoli.
stasera è un assalto di viottolo e qui congiuro
un giramondo che non sono tanto per
salvarmi. moria di cenere indosso la giacca
che finalmente mi fa trovare la bussola
per il sonnellino prossimo venturo atleta
estetico del sogno. un’avventura bonsai è
stata materna nata natura di crepuscolo
statura nana della luce al buio.
88.
si strizza la parola occhi al sole
raucedine salina la vecchiaia
senza cielo né margine di azzurro.
uscire dal menu non è certo facile
né dal cortile darsena di seppia
il nero senso del senile abbraccio.
qui dalla missione del rospo giornaliero
s’intasa la stazione di scappare
contro le pargole egemonie del lutto.
la ventola dà la regìa al fegato
così di resistere lo sterminio d’io
la faccenda malinconica del tetto.
in aria è sospeso un sogno frainteso
giubba d’oro per angeli evasi
gelidi alpi senza le stelle.
soccorso senza enfasi vederti
dacché la fata non ci guarda più
da ancore pietose le rime di fratelli.
il fulcro di credere è in scempio di randagio
adagio e senza voglia di campare.
89.
me scuro cipresso di medaglia
attanaglia l’attesa della soglia
quando il bosco attese esecuzioni
ai rami sacri degli alberi.
il perno del silenzio meraviglia per chi muore
esausto bagliore estivo
stordita brina di gennaio.
invece di camminare dal lato opposto
la nullità del volto
chiami la guardia civile del sole adulto
quando nessuno scampi verso l’ombra.
a turno verrà l’era del fosso
la lacrimevole passione di togliere
l’avena ai cavalli esausti.
fu così che un giorno mi venne di scovare
un drago dagli occhi a spillo di mia nonna
senza imparare la paura o la superbia dell’eroe.
in fondo la chimera della bellezza
passa dal mero inchiostro alla statuetta
del fermacarte.
90.
cura di sudario averti in cuore
amanuense germoglio con il polline
nella moria del furto di guardarti
ancora prima elemosina del giglio.
invano una scartoffia cerca l’alunno
il breve incontro con le mani vuote
il sorteggio di un eremo di sfinge
quando qualora si morirà per tutti.
la cerchia del glossario è molto chiara
nonostante il pane della sfinge
e l’ecumene dotta della statua.
qua riposano le gare di trovarti
visto che è meglio perdere il senno
che rovistare un eremo infelice.
91.