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Da Stalin a Putin: come il potere falsifica la storia e anche la cronaca

Creato il 28 febbraio 2013 da Matteo
"Klim! Non ci furono errori. Bisogna sopprimere questo paragrafo". Come Stalin sconfisse Piłsudski
Come Stalin sconfisse Piłsudski
26.02.2013
Il presidente della Federazione Russa V.V. Putin insiste a dire che i manuali di storia non devono avere interpretazioni ambigue. Pensiero, utilizzando un'espressione di Puškin, "falso e pure volgare". Concediamo che V.V. Putin interpreti il proprio enunciato come patriottico, indirizzato alla maggior utilità della gioventù e della cara Patria. Ma si può interpretare anche in un altro modo: come l'ennesimo tentativo di fregare i concittadini per conservare le proprie posizioni verticali. Come già ha avuto luogo con le elezioni, con l'assenza in pratica di immobili americani di proprietà del sig. Pechtin [1], con le dissertazioni di una serie di luminari del pensiero sociale, ecc.

Come fare con una differenza di approccio? Certo, bisogna proibire.

Il 7 aprile 2010, rivelando la propria concezione della preistoria del massacro di Katyn'[2] (vendetta di Stalin per la sconfitta nella guerra sovietico-polacca), il presidente V.V. Putin ammise: "Per mia vergogna, non sapevo che, a quanto risulta, nel 1920 nell'operazione militare nel conflitto sovietico-polacco il capo era Stalin in persona… E allora, com'è noto, l'Armata Rossa subì una sconfitta, furono presi prigionieri molti soldati dell'Armata Rossa…"
Per sua vergogna, non lo sapeva. Anche se, "com'è noto, l'Armata Rossa…" Scusate, a chi è noto, se perfino il presidente (e inoltre cekista [3]) non ne era al corrente? Questa "vergognosa ignoranza" non è legata all'interpretaazione unicamente fedele e intrinsecamente non contraddittoria della storia nei manuali sovietici con cui ci hanno istruiti? Un parziale esempio di come si è costruita la cultura sovietica dell'ignoranza. Esaminiamolo più concretamente.

All'inizio dell'estate 1920 l'Armata Rossa esclude vittoriosamente gli occupanti polacchi dai territori di Ucraina e Bielorussia. Che fare più avanti: sviluppare l'attacco fino a Varsavia o fermarsi sulla "linea Curzon" proposta dagli inglesi nella nota dell'11 luglio? (Questa corrispondeva all'incirca al confine tra Polonia e URSS che in seguito fu stabilito nel 1945.)

Il presidente del Consiglio Rivoluzionario Militare Trockij conosceva meglio di altri il reale stato dell'Armata Rossa e perciò insisteva per la sigla della pace dalla posizione di vincitore: "Dopo la colossale tensione che ha permesso alla 4.a armata di avanzare di 650 chilometri in cinque settimane, questa poteva muoversi avanti già solo per forza di inerzia. Tutto era appeso ai nervi e questi erano fili troppo sottili. Una forte spinta è stata sufficiente per scuotere il nostro fronte e trasformare uno slancio d'attacco inaudito e senza esempi... in una ritirata catastrofica", – scrive nelle sue memorie. Anche se, certo, avrebbe potuto anche mentire, attribuendosi previdenza a posteriori.
 In un modo o nell'altro, il Politbjuro (in primo luogo Lenin), tenendo contro tra l'altro dello stato d'animo battagliero del compagno Stalin, votò per la guerra. La nota di Curzon fu respinta. Il fronte occidentale sotto il comando di Tuchačevskij e Unšlicht si mosse su Varsavia; quello sud-occidentale, capeggiato da Egorov e Stalin su Leopoli. Adesso bisognava agire più rapidamente possibile: la nota degli inglesi non solo invitava all'armistizio, ma minacciava anche esplicitamente di sostenere la Polonia "con tutti i mezzi disponibili", se i bolscevichi avessero continuato l'attacco. Una volta che si erano impegnati, bisognava prendere Varsavia urgentemente, prima che portassero "tutti i mezzi disponibili".
Il Consiglio Militare Rivoluzionario e il Politbjuro cercano di concentrare le forze nella direzione dell'attacco principale. Dove guida il giovane e ambizioso Tuchačevskij. Stalin, ferito nell'orgoglio dopo aver appoggiato con entusiasmo l'idea della campagna polacca, è deluso dalle priorità strategiche concrete: il suo fronte Sud-occidentale è evidentemente in ombra. A Stalin non piace l'idea della "marcia su Varsavia", la definisce una sbruffonata e fa continuamente capire a Lenin che bisognerebbe marciare dal lato di Leopoli (e della Crimea), dove la saggia ed esperta guida del fronte Sud-occidentale porterà immancabilmente la causa alla vittoria.

Il 13 luglio 1920 il membro del Consiglio Militare Rivoluzionario del fronte Sud-occidentale compagno Stalin nel telegramma a V.I. Lenin in risposta alla richiesta di un parere sulla nota di Curzon riferisce: "Le armate polacche sono del tutto allo sbando, i polacchi hanno perso le comunicazioni, la direzione… i polacchi sperimentano uno sbando da cui non si riprenderanno presto… Penso che l'imperialismo non sia mai stato così debole, al momento della sconfitta della Polonia e che non siamo mai stati forti come adesso, poiché più duramente ci comporteremo, meglio sarà sia per la Russia, sia per la rivoluzione mondiale".

Il 24 luglio aggiunge ancora ottimismo e in breve abbozza gli scopi più prossimi della politica pacifica dello stato sovietico: "Adesso, quando abbiamo il Komintern, una Polonia vinta e un'Armata Rossa più o meno passabile, quando, d'altra parte, l'Intesa si prende una pausa in favore della Polonia… – in questo momento e con tali prospettive sarebbe un peccato non incoraggiare la rivoluzione in Italia (…). E' necessario mettere all'ordine del giorno del Komintern la questione dell'organizzazione di un'insurrezione in Italia e in stati non rafforzati come Ungheria e Repubblica Ceca (toccherà fracassare la Romania)".

Cioè la Polonia, nella sua interpretazione, era già vinta. Beh, forse era rimasto da racimolare un po'. Il compagno Stalin comunica al compagno Lenin che è intenzionato a prendere Leopoli entro il 30 luglio. E più avanti già vede in lontananza l'Italia e sulla strada verso di essa una minutaglia europea orientale non rafforzata. Che toccherà fracassare.

Tuttavia non sono passate neanche due settimane che l'ennesimo telegramma al compagno Lenin del 3 agosto 1920 registra un netto mutamento d'umore del compagno Stalin. Leopoli non è stata ancora presa. La Polonia vinta digrigna i denti. Vrangel' [4] in Crimea respinge l'attacco. Il compagno Stalin improvvisamente sente la stanchezza accumulata: "Dev'essere così, oggi perde Aleksandrovsk [5]… Posso lavorare al fronte ancora due settimane al massimo, mi è necessario riposo, cercate un sostituto". E segnala che degli "intoppi" del fronte sono colpevoli il presidente del Consiglio Militare Rivoluzionario Trockij e il comandante in capo S.S. Kamenev (non quello di Piter [6], un altro): sabotano intenzionalmente, non danno riserve. E in generale si preoccupano dieci volte tanto di Tuchačevskij

Anche se la logica dell'alto comando non è difficile da capire: è necessaria Varsavia. Prima è, meglio è. Stalin presso Leopoli, promettendo rapidi successi, si è impantanato, non muggisce e non fa vitelli [7]. Davanti a Vrangel' il fronte Sud-occidentale in generale si ritira, anche se, malgrado le lamentele, gli hanno dato le riserve. Ma solo senza utilità. Beh, va bene, che almeno regga la difesa – le cose principali ora si fanno più a nord, là bisogna portare forze. Tra l'altro da Leopoli.

A Stalin questo non piace affatto. Come non piace neanche l'idea del distacco dal fronte Sud-occidentale di un fronte separato della Crimea contro Vrangel'. Ma a chi tra i capi può piacere l'idea di una riduzione dei poteri? Vuole comandare qui e là. Nei telegrammi a Lenin protesta contro "gli umori in favore della pace con la Polonia nel CC" che si notano ai primi di agosto, alludendo al tradimento dei diplomatici. Ma al contempo è anche contro la concentrazione delle forze in direzione di Varsavia. Evidentemente è per la concentrazione delle forze dove comanda il compagno Stalin.
Le direttive dell'alto comando sul ridislocamento delle truppe da Leopoli sotto il comando di Tuchačevskij cominciano a bloccarsi in modo strano nei fili del telegrafo e ritardano. Nel frattempo Stalin da il comando a Budënnyj e Vorošilov di accelerare le operazioni in direzione di Leopoli.

Il 13 agosto 1920 (era passato un mese da quando Stalin era intervenuto contro la pace alle condizioni di Curzon e due settimane da quando aveva promesso di prendere Leopoli) nel telegramma al comandante in capo Kamenev dichiara direttamente il rifiuto di sottomettersi alla direttiva 4774op/1052/š sul trasferimento delle truppe presso Varsavia: "…Mi rifiuto di sottoscrivere il corrispondente ordine del fronte Sud-occidentale nello sviluppo della Sua direttiva"

Stalin tirò per le lunghe con vari pretesti ed ecco che alla fine si rifiutò direttamente di eseguire un ordine del comando. La sua inflessibilità aiutò considerevolmente Piłsudski, che, convintosi che Leopoli non fosse pane per i denti dei bolscevichi, tolse da là buona parte delle proprie truppe e il 16 agosto le portò personalmente sul fianco sinistro indebolito e nelle retrovie di Tuchačevskij. Il comando polacco seppe fare per l'appunto ciò che quello sovietico non seppe: trasferire rapidamente le forze da sud e dispiegarle nella direzione principale.

Di conseguenza rimasero prigionieri dei polacchi, secondo varie valutazioni, da 60 mila a 120 mila soldati dell'Armata Rossa. Circa altri 40 mila, che attaccarono Varsavia da nord, fuggirono nella Prussia Orientale. Dove pure furono internati. Avvenne la più dolorosa sconfitta dell'Armata Rossa sui fronti della Guerra Civile.

Da questo momento il genio strategico-militare del compagno Stalin scompare e il suo prestigio al Politbjuro si riduce notevolmente. Il partito rimanda il compagno Stalin alla teoria e alla pratica delle relazioni internazionali e lo invia nel nativo Caucaso. Espone uno sguardo d'addio agli esiti della campagna polacca e al suo ruolo in essa nella dichiarazione al praesidium della IX conferenza del partito del 23 settembre 1920: "La dichiarazione del compagno Trockij sul fatto che avrei rappresentato in toni rosei lo stato dei nostri fronti non corrisponde alla realtà. Io ero, pare, l'unico membro del CC che… aveva messo in guardia i compagni sulla stampa dal sottovalutare le forze polacche (è lui che interpreta in modo così fresco le precedenti dichiarazioni sulle prospettive di vittoria del proprio fronte Sud-occidentale e sulla "sbruffonaggine" del fronte Occidentale di Tuchačevskij)… Se il comando avesse avvertito il CC sull'effettivo stato del fronte, il CC indubbiamente avrebbe rinunciato in tempo a una guerra offensiva…"

Questo scrive la persona che ancora qualche tempo prima era indignata contro "gli umori del CC in favore della pace con la Polonia" Ecco quale interessante interpretazione della storia aveva.
Chi alla luce dell'epopea polacca appaia migliore o peggiore – Lenin, Stalin, Trockij, Kamenev, Egorov o Tuchačevskij – lo sa Dio. Che lo esaminino gli storici e i militari professionisti. A dirla severamente, come migliore di tutti intervenne allora Piłsudski, che vi piaccia o no. Secondo l'accordo di Riga del 1921, la frontiera tra URSS e Polonia passò molto più ad est della linea Curzon: l'esito della campagna offensiva polacca del 1920 furono grandi perdite territoriali della Russia sovietica.

Tuttavia a noi, per via di V.V. Putin, non interessano tanto questi stessi fatti (non si può dire che siano ampiamente noti), quanto la loro interpretazione. Come se per caso non si rivelasse ambigua o contraddittoria! Peraltro un fatto sta che tutti i protagonisti di questa storia dalla nostra parte (tranne uno, chiaramente) con il tempo furono vilipesi ed eliminati dal compagno Stalin. Beh, così è andata storicamente. Anche questo interessante fenomeno si può interpretare in vari modi. Per esempio, come management di alta efficacia [8].

E così a proposito di interpretazione.

Dopo la guerra polacca passarono 9 anni. Con lavori infaticabili sul terreno amministrativo il compagno Stalin rafforzò sostanzialmente le proprie posizioni di apparato. Fucilò qualcuno dei concorrenti e qualcuno lo incarcerò. Ed ecco che nel 1929 l'ispirato scrittore Klim Vorošilov compone l'articolo per il giubileo "Stalin e l'Armata Rossa". E (sancta simplicitas!) si permette una gaffe inammissibile per un vero marxista-leninista nell'interpretazione della Guerra Civile. Tra cui della campagna polacca. "I.V. Stalin, – scrive – , fece meno errori di altri". Che bislacco! Bisognava farsi scappare una cosa del genere.

Grazie a Dio, il compagno Stalin con tutto il suo carico di lavoro trovò il tempo di esaminare e correggere il manoscritto. "Klim! Non ci furono errori. Bisogna sopprimere questo paragrafo", – chiarisce pazientemente ai margini del testo di Vorošilov (I. Stalin, Opere, t. 17, Tver', "Severnaja Korona" [9], 2004, p. 326).

Ecco che adesso tutto era diventato corretto! Da allora dalla storiografia sovietica pare che scompaia un pezzo del 1920, quando il compagno Stalin e i suoi amici, senza commettere alcun errore, persero la campagna contro Piłsudski. E' interessante seguire come in seguito questo pezzo torni un po' dall'oscurità – ma già con una nuova farcitura.

Nella biografia ufficiale di I.V. Stalin, scritta nel 1946 e come minimo corretta due volte personalmente da lui, il frammento corrispondente appare così: "Negli anni della Guerra Civile il CC del partito e Lenin personalmente mandarono Stalin sui fronti più decisivi e pericolosi per la rivoluzione. Il compagno Stalin fu membro del Consiglio Militare Rivoluzionario della Repubblica e membro del Consiglio Militare Rivoluzionario dei fronti Occidentale, Meridionale e Sud-occidentale. Là, dove in forza di una serie di motivi si creò un pericolo mortale per l'Armata Rossa, dove il movimento delle armate della controrivoluzione e dell'intervento straniero minacciò l'esistenza stessa del potere Sovietico, là mandarono Stalin. Là, "dove la confusione e il panico potevano ogni minuto trasformarsi in impotenza, in catastrofe, – là comparve il compagno Stalin". (Iosif Vissarionovič Stalin. Kratkaja biografija [10], Мosca, OGIZ [11], 1947, p. 81).

Fate attenzione: alla fine del soggetto tra virgolette si cita non qualcosa a caso, ma lo stesso articolo di K.E. Vorošilov "Stalin e l'Armata Rossa", da cui il compagno Stalin tolse in tempo l'immaturo giudizio sugli errori. Cioè questo era già riuscito a diventate una fonte storica canonica (e praticamente l'unica realmente accessibile nell'URSS). Ancora per mezzo di una paginetta della "Breve biografia" si compie il processo di interpretazione della storia con tutta la sincerità del partito: "Stalin guidò le operazioni militari decisive… Ad ovest contro la Polonia dei signori e al sud contro Vrangel' – ovunque la ferrea volontà e il genio strategico di Stalin garantirono la vittoria alla rivoluzione… Al nome di Stalin sono legate le più gloriose vittorie della nostra Armata Rossa" (p. 83)

Cioè sconfisse comunque Piłsudski nel 1920. Cosa caratteristica, da solo. Accanto a lui non c'erano né il comandante del fronte Sud-occidentale Egorov, né il concorrente Tuchačevskij, né tantomeno Kamenev e Trockij. Verso il 1947 tutti questi erano da tempo nemici del popolo cancellati dalla faccia della terra. Immaginatevi, come fu per il compagno Stalin forgiare da solo la vittoria dell'Armata Rossa e del popolo sovietico circondato da traditori e mascalzoni? Ma comunque la forgiò. Poiché era Stalin. Un gigante! In particolare la sua vittoria sulla Polonia dei signori nel 1920 è un fatto storico evidente per milioni di sovietici. Come poteva il presidente della Federazione Russa V.V. non confondersi?

La macchina funziona in modo stupefacentemente standard. Con il suo aiuto, letteralmente come la Polonia, il compagno Stalin sconfisse la proprietà dei piccoli produttori kulaki e inserì al suo posto la tecnica moderna progressiva e armata, il modello ad alta produttività di kolchoz e sovchoz. Grazie a cui per il popolo sovietici la vita diventò migliore, la vita diventò più allegra – cosa che fu registrata in modo obbiettivo e convincente nei film "I cosacchi del Kuban'" [12], "L'addetta all'allevamento dei maiali e il pastore", nell'epopea "La terra vergine sollevata" e in un'intera serie di altre chiare opere di indirizzo patriottico. A dire il vero, alla popolazione questo potente slancio costò da 6 a 8 milioni di vite – ma di ciò non si parla nel cinema. Cioè è come se non ci fosse stato. In modo analogo condusse l'industrializzazione a tempo di record, ottenendo la realizzazione dei piani quinquennali in 2 anni. E sulla base dell'industrializzazione e della collettivizzazione… sconfisse brillantemente Hitler, attraendolo preventivamente con una geniale manovra strategica presso Mosca e lasciando Leningrado circondata a morire di fame per 2 aani. Il progetto nel complesso costò circa 30 milioni di persone, ma pagò di nuovo il popolo e non il compagno Stalin, vero?

Per queste vittorie di grandezza mondiale erano necessarie solo due semplici cose: il totale isolamento della popolazione dalle fonti indipendenti di informazione e il totale controllo delle strutture armate. Nel più ampio senso della parola, compresa l'eliminazione dei testimoni, l'assoluta sottomissione dei mezzi di informazione di massa e – cosa molto importante – l'atmosfera di Grande Terrore. Perché gli intelligenti, che sanno troppo, tacessero imbavagliati. Sennò sarà come nella vergognosa Inghilterra, dove Churchill, che pure aveva sconfitto Hitler (peraltro a prezzo di molte meno perdite), prese e perse là una qualche elezione democratica. Nonostante il pieno controllo sulle stutture armate.

Inglesi, popolo barbaro. Cosa prendi da loro?

Da noi non è così. Da noi chi ha il controllo ha ragione. Gli appartiene l'esclusivo diritto di interpretare non solo la storia, ma la contemporaneità. Se interpretate giustamente (con l'aiuto degli agenti delle strutture armate), alle elezioni avete sempre il 99,8%. Come ora in Cecenia. L'economia mostrerà ritmi di crescita mai visti. Come ora nella Repubblica Democratico-Popolare di Corea – sullo sfondo di temporanee difficoltà e singole morti per fame. Giunge l'ordine e il popolo finalmente si sente felice. Anche se, è chiaro, pure non senza temporanee difficoltà ed eccessi tipo il cannibalismo. Ma questo fuori scena. Ma sulla scena da noi danzerà il Progresso abbracciato al Luminoso Futuro. O, più precisamente, al Luminoso Passato.

Mentre all'estero i lavoratori soffrono la fame, muoiono e gemono sotto il giogo del mostruoso sfruttamento. Essenzialmente, per la difesa della fraterna famiglia dei popoli russi da simili orrori il presidente della Federazione Russa V.V. Putin insiste anche sull'inammissibilità di interpretazioni ambigue della storia. Allo scopo di rafforzare l'unità attorno alla verticale. Semplicemente non tutti hanno ancora immagintato dove porta ciò e come finisce.

Dmitrij Oreškin, "Novaja gazeta", http://www.novayagazeta.ru/politics/56936.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)
[1] Vladimir Alekseevič Pechtin, deputato di "Russia Unita" (il "partito del potere" russo) costretto a dare le dimissioni in forza della legge che proibisce ai funzionari pubblici russi di possedere conti o immobili all'estero.
[2] Il massacro di circa 22000 prigionieri di guerra polacchi compiuto nel 1940 dai sovietici presso il villaggio di Katyn' nell'attuale Russia occidentale e attribuito da questi ai nazisti fino al 1990.
[3] Membro della prima polizia politica sovietica, la ČK – nello spelling russo Čė-Ka– cioè la Črezvyčajnaja Komissija po bor'be s kontrrevoljucej i sabotažem(Commissione Straordinaria per la lotta alla controrivoluzione e al sabotaggio) e per estensione agente segreto.
[4] Pëtr Nikolaevič Vrangel', comandante delle armate "bianche" controrivoluzionarie.
[5] Città dell'Ucraina occidentale.
[6] Nome colloquiale di San Pietroburgo (allora Pietrogrado).
[7] Cioè non parla, né agisce.
[8] "Manager efficace" è stato incredibilmente definito Stalin da Putin.
[9] "Corona del Nord", casa editrice russa.
[10] "Iosif Vissarionovič Stalin. Breve biografia".
[11] Ob''edinenie Gosudarstvennych IZdatel'stv (Unione delle Edizioni di Stato).
[12] Il Kuban' è un fiume della Russia meridionale che da il nome a una regione.

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