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Da te o da me? (draft version)

Creato il 29 settembre 2012 da Faustotazzi
Da te o da me? (draft version)
Dopo il primo bacio non è successo niente. Niente di interessante da raccontare, praticamente è da un mese che non ci vediamo, io rimasto incastrato tra gli spigoli e i jetlags dei miei viaggi, le giornate di lavoro e l'appartamento da sistemare pian piano, lei presa dalla rentrée, a cercarsi una nuova casa per quest'anno, a rifarsi il guardaroba, il cambio degli armadi estate-inverno, quasi a prepararsi per Natale. E quel bacio, quello strano bacio, in mezzo che ci attrae e ci respinge, ci fa sentire così vicini e allo stesso tempo così lontani. Così che non ci siamo praticamente quasi visti per un mese, ne approfitto per qualche salto all'indietro.
Quando ci siamo conosciuti era un bel sabato a mezzogiorno in piena estate, con me che - Paris par Arrondissments in tasca - facevo un giro di  esplorazione dei miei nuovi paraggi alla ricerca di (pensa la banalità) una ferramenta per comprare le bacchette per le tende! Lei se ne andava chissà dove e chissà perchè, passando per il semaforo di Convention, ora che ci penso glielo prima o poi glielo dovrei chiedere dove stava andando e come mai si trovò proprio là quel giorno. Quindi in quel preciso istante, esattamente a quel semaforo, mi è capitata a fianco questa tizia: bionda, capelli corti, occhi azzurri, un bel paio di occhiali da vista e quei lineamenti che stanno a nord anche della Svezia, forse in Finlandia direi (anche se in realtà lei è al cento per cento francese, non ha nessuna discendenza nordica, tutt'al più forse qualche goccia di sangue fiorentino, in un remoto passato). Ora, ci sono molte cose che mi saltano all'occhio in una donna e lei le ha tutte al punto giusto, ma dovete sapere che la mia killer application è la bocca grande. Una killer application è quel programma che in un apparecchiatura elettronica si prende la stragrande maggioranza del tempo e delle attenzioni e in un certo senso si mangia tutte le altre, come in questo momento Facebook per Internet o gli sms per i cellulari di seconda generazione. Ecco, per la mia apparecchiatura se sei una donna anche meno che normalissima ma hai la bocca larga allora mi piaci; e se sei una bella donna con la bocca grande allora mi hai già sciolto il cuore. A questo punto non c'è nemmeno bisogno di descrivere la sua bocca, meglio lasciarla immaginare.
Fermi all'incrocio ad aspettare un verde ci siamo guardati e ci siamo sorrisi, non so nemmeno bene come e perchè, di solito non lo faccio, di solito non sorrido molto, mia madre mi diceva sempre che non sorridevo mai. Però quella volta ho sorriso e da quel sorriso il tempo è partito al rallentatore: abbiamo attraversato l'incrocio esattamente come in certi documentari dove il tennista deve battere la pallina con un colpo difficilissimo e a un certo punto i suoi movimenti e quelli della palla iniziano a scorrere lentissimi, con lui che ha la piena percezione della situazione, è lucido e perfettamente consapevole di tutto quello che sta accadendo intorno, è tutto sotto controllo e sa che farà esattamente quello che deve fare, ne' più ne' meno, in modo splendidamente naturale. Quindi abbiamo attraversato insieme in stato di trance, con le strisce pedonali che scorrevano sotto, bianca-nera, bianca-nera, striscia-asfalto, il semaforo verde che durava l'equivalente di ore della nostra esistenza, l'intera umanità che popola il mondo che prendeva la forma di sagome sfuocate grigie e inutili attorno a noi che, soli, eravamo a colori, ben distinti e perfettamente a fuoco. Solo io e lei. Arrivati sull'altra sponda di un Oceano Atlantico di pensieri e sensazioni che ci vorrebbe un post intero solo per ricordarne una minima parte (ma che tanto sono cose nostre di quelle che meglio non condividere), proprio all'angolo del marciapiede c'è un fioraio. Di quelli carini, ha dei tendoni neri con sopra scritto happy, dei fiori in vaso molto belli che quel giorno aveva confezionato in  sacchetti di carta coi manici anche essi neri e con la scritta happy. Ne ho preso uno - penso fosse erica - e glielo ho lasciato. Le ho detto in un  francese stentato che certamente lei non avrò capito di non preoccuparsi, non la volevo infatidire, di non fermarsi nemmeno, di prenderlo solamente come un regalo che in quel preciso istante mi andava di farle e di continuare pure per la sua strada che io sarei entrato a pagare. Quando sono uscito lei era ancora là, e tutto è incominciato.
Con lei si parla francese, io lo parlo decentemente ma questo non mi risparmia da una confusione mentale quotidiana. Parlo pure inglese, in inglese lavoro, scrivo e-mails, faccio riunioni e per tre anni ci ho pure campato, quando ho vissuto da emigrato negli Emirati Arabi. Ma parlare Francese in Francia è decisamente diverso: parlare Inglese a Dubai significa comunicare in una lingua franca che non è tua, con altri emigranti come te che hanno lo scopo semplice di farsi capire nei loro concetti di base, tant'è  che il mio massimo risultato linguistico degli ultimi tre anni è stato acquisire la capacità di simulare un perfetto accento indiano arrotolando la lingua: "Thank you Sirl; verly good, verly good; verly bad, verly bad". Invece in Francia le persone parlano (quasi) tutte un buon Francese , usando tempi e grammatiche come si deve e con una certa varietà di termini. Il risultato finale è una paradossale difficoltà nello spiegarsi non perchè non mi capiscano bensì perchè mi capiscono troppo: so che sto facendo correttamente capire  cosa mi aspetto ma non riesco mai a intuire il peso del come lo sto chiedendo. Risultato: testa confusa, grandi giri di parole, emicrania e un certo qual senso (involontario) di inferiorità. Ma questo aspetto non potrà che migliorare giorno dopo giorno, fino a che non saprò gestire perfettamente il ventaglio di oh e bah e  prrt e pfft e espressioni del tipo "mi fa cagare""posare i conigli".
L'altra sera sono passato da Croccante, quel posto dove l'avrei voluta portare in un post precedente di una sera di fine Agosto. Ora, in questo periodo sono di ottimo umore e non ho tantissima voglia di recensire un locale su cui avrei qualcosa da dire ma ormai ci siamo quindi vediamo di farlo in maniera onesta e corretta. La pasta della lasagna era cotta perfettamente, ricca di pomodoro e generosa di parmigiano: ottmia qualità e ottima esecuzione però l'interpretazione della lasagna così la so fare anche io (beh, non sono male in cucina), Forse per scelta, per una lasagna saporita e leggera, il gusto era quello di una pasta al pomodoro, mi sono mancati quegli accenti della carne e dei condimenti, il brucicchiato della crosta che rendono una lasagna irresistibile, unica e indimenticabile. Il posto è piccolo e davvero carino, un po' understated come piace a me, il conto lo ho trovato assolutamente insensato ma temo di dovermi  abituare qui a Parigi. Al giovane che lo gestisce piace giocare all'oste burbero, che un po svogliato ti chiede cosa vuoi poi si gira e grida le comande in Italiano del sud dal tavolo direttamente alla cucina. Magari quest farà colpo sui Parigini ma non tanto su di me, penso che gli manchi ancora un po' di carisma e qualche anno, secondo me con i peli della barba bianchi e qualche ferita della vita in più sul suo bel faccino diventerà molto più credibile, ma non so se ce la farà a resistere fino a quel giorno. Insomma, Croccante è una piccola trattoria Italiana bo-bo chic di qualità comunque ben sopra la media ma alla fine ho deciso che lei non ce la porto. Qui vicino c'è L'Epicuriste, un posto dove col coniglio fanno delle cose che nemmeno vi potete immaginare e che mi pare un ambiente ben più adatto a una serata da chiacchere interessanti, cibo sincero e buon vino rosso. O chiacchere sincere, vino rosso interessante buon cibo. O qualsiasi altra permutazione di questi termini che vi vada a genio.
Quindi ci siamo visti più di due volte, ci siamo pure baciati quindi per le leggi non scritte della civiltà PArigina adesso si dovrebbe fare l'amore. Forse è per quello che non ci stiamo vedendo: per prendere tempo, godersi la preparazione come una specie di lungo preliminare, per darsi il tempo di capirsi, di studiarsi, di godersi e di assaporarsi. Dove succederà (perchè a questo punto non ho più il minimo dubbio sul fatto che accadrà), dove ci innamoreremo defnitivamente e perdutamente, da lei o da me? Beh l'appartamento che ho trovato qui a Parigi è carino: un vecchio stabile popolare di mattoni a Pasteur, con una vita viva di quartiere dove una volta la città era periferia; un bel giardino fresco all'entrata con le panche, i tavolini e degli alberi secolari - penso ippocastani e forse anche, più piccoli, dei noccioli - dai rami che si allungano per entrare in casa dalle finestre in modo che qui al terzo piano mi sembra di vivere tra le foglie con gli uccelli. Non abbiamo l'ascensore ma una piccola scala di legno e i pavimenti di assi originali che appena capiterà gliele faremo scricchiolare tutte, una per una, per tutta la sera, in modo che ai vicini non potrà restare dubbio di cosa sia successo il giorno dopo. Però anche da lei non è per niente male, anzi... Palazzo Hausmanniano sui boulevards, ampie vetrate luminose e viste meravigliose sulla città e sulla sua Senna, con la gente che scorre di sotto a naso all'insù che lo faremo quasi in pubblico, circondati dai voyeurs.
Nel frattempo Parigi cosa fa? Passa con calma dall'estate all'autunno, usa con moderazione l'innaffiatoio delle pioggie di stagione per rinverdire un poco prati e alberi al Bois de Boulogne, mi presenta inaspettatamente la bellezza della banlieu nei giorni caldi, gli stagni della foresta di Meudon, la pista d'atletica del Parco di Issy e accorcia pian piano le giornate con cieli nuvolosi che quando il sole ci fa capolino al crepuscolo è come se Dio o chi per lui lassù accendesse la luce. In un certo senso, altezzosamente, da lontano, inizia a lasciarsi amare.

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