La Corte di Cassazione, con sentenza n. 24476 del 21 novembre 2011, ha rigettato il ricorso di una società condannata con sentenza della Corte d'Appello al pagamento delle ore prestate in meno, rispetto a quelle previste in contratto, ad un dipendente al quale la società aveva ridotto l'orario di lavoro senza preventivo consenso. La Cassazione, ha condiviso la motivazione della Corte d'Appello secondo la quale "la riduzione dell'orario di lavoro di cui si discuteva era quella oggetto della disposizione datoriale del mese di agosto 1999 e non poteva trovare il proprio fondamento nel precedente accordo risalente al 1990; inoltre, la mancanza della forma scritta, richiesta ad substantiam per la riduzione consensuale del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale ex art. 5, comma 10, L. n. 863/84, comportava la nullità della clausola contenente la suddetta riduzione oraria di lavoro, con conseguente conversione del contratto a tempo parziale in rapporto a tempo pieno e con correlato diritto del lavoratore a vedersi retribuite le ore lavorative non prestate per determinazione unilaterale della parte datoriale".Non può ricadere sul lavoratore l'onere di dimostrare di aver messo inutilmente a disposizione del datore di lavoro le proprie energie lavorative, per reclamare il pagamento delle ore restanti, poichè lo svolgimento di queste ultime non gli è stato consentito, inoltre si sottolinea che il mancato consenso scritto del lavoratore, non comporta l’invalidità dell’intero contratto, bensì la conversione del rapporto a tempo parziale in rapporto a tempo pieno, in virtù del principio generale della conservazione del negozio giuridico.