Se dalla parte dell’informazione statale cubana esiste una “regia” che filtra l’informazione, dall’altra , quella della dissidenza, risulta altrettanto improbabile potersi documentare in modo corretto ed omogeneo.
L’informazione cubana per sua natura essenziale, ci ha abituati ad una stesura dei fatti spesso striminzita, a volte assente su temi che la vedono coinvolta. Al contrario la stampa cubana non esima nell’elogiare in modo sproporzionato le qualità del paese risultando spesso una fonte non attendibile. L’affermare che sempre, tutto va bene, tramite articoli ad hoc, slogan ecc. è una pratica che Cuba adopera da molti anni.
La controparte, quella della dissidenza si adopera esattamente allo stesso modo anche se in antitesi, con solo un’aggravante che la rende eticamente insopportabile e cinica: l’immenso flusso di denaro che vi gravita attorno. Non mi si venga a raccontare che i principali paladini della libertà , che chiedono un nuovo Egitto a Cuba, come nel caso della famosa blogger cubana Yoany Sanchez, agiscono per pura solidarietà o per ferreo idealismo.
I toni accesi di cartelli "abusivamente" presenti per le strade di Milano
Abbiamo anche assistito ad un Andy Garcia che ha parlato di Cuba Libre utilizzando la vetrina sanremese. L’attore cubano ha abbandonato l’Isola dopo che il padre aveva sostenuto l’invasione americana della Baia dei Porci. Anche il programma alternativo di andy Garcia consiste nel cambiare un governo, limitandosi forse ad un copione scritto pieno di “buoni intenti”. Altrettanto odio, stavolta privo di stile, lo troviamo oggi a Milano, dove la protesta presunta è fatta colpendo il governo dell’Isola con epiteti sgradevoli. Tante condane, ma anche qui, di programmi nemmeno l’ombra. Pare insomma che cambiare modello economico sia semplice come cambiare allenatore. Ci sono tanti ben intenzionati da una parte e dall’altra. L’uomo lavora sempre per cambiare lo stato delle cose. Solidarietà o profitto?
Quella della pura solidarietà è una favola alla quale, personalmente, non credo più da tempo. Questa favola si è dissolta nella disperazione del continente africano violentato da anni di speculazioni da parte del mondo occidentale.
La dissidenza anticastrista extraterritoriale, gode di una organizzazione notevole e soprattutto di tanto, tanto, denaro da gestire ed investire. Non si spiegherebbe altrimenti la produzione di tanti libri a tema, di tanti siti (con ingenti costi di gestione come nel caso di Generacion Y) , di tanti talk show , programmi televisivi, film, trasmessi febbrilmente nei canali televisivi Miamensi, o addirittura di applicazioni per iphone e di mille altre cose che comportano un notevole dispendio di tempo e denaro, che per loro natura, se non correlati da un sostanziale tornaconto, cesserebbero dopo poco tempo di essere creati e sostenuti. È una regola basilare nel capitalismo, non una mia semplice affermazione. Qualsiasi investimento, l’economia insegna, è proiettato ad un ritorno d’utile a breve lungo termine. In questo caso la speranza è rendere possibili tutti quei potenziali investimenti economici che da mezzo secolo il Governo Cubano non permette.
Non voglio sostenere che nella dissidenza, propria dell’isola o extraterritoriale, non vi sia chi vi crede fermamente nei propri intenti. Non è questo il punto.
Forse un vero cambiamento, una ventata d’aria fresca che gioverebbe ad entrambi i stati, sarebbe quello di cessare la lotta mediatica che influisce negativamente sotto molteplici aspetti, nella normalizzazione dei rapporti bilaterali tra i due paesi. Valutare poi a parità di risorse , come risolvere questa intricata situazione sarebbe essenziale.
Fintantoché ciò non avverrà, saremo inesorabilmente lontani dalla tanto auspicata normalizzazione dei rapporti tra i due stati, e di Cuba purtroppo sapremo solamente una accozzaglia di notizie già digerite e metabolizzate da chi le pubblica.