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Da una geopolitica dei modelli a una geopolitica delle configurazioni

Creato il 22 giugno 2015 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
Da una geopolitica dei modelli a una geopolitica delle configurazioni

Eric Voegelin (Colonia, 1901 – Palo Alto, 1985), tedesco naturalizzato statunitense, è stata una personalità poliedrica e uno studioso dai molteplici interessi accademici[1].

La sua capacità di analizzare una medesima questione da diversi punti di vista (è stato insegnante di filosofia, storia, politologia e sociologia) lo ha reso un autore particolarmente apprezzato nel suo principale territorio di azione, ossia gli Stati Uniti, ma anche nel suo contesto di origine, la Germania.

Le sue posizioni, antitetiche rispetto all’ideologia razzista nazista, lo porteranno a dover fuggire dall’Austria alla volta degli Stati Uniti, dove continuerà la carriera accademica grazie all’insegnamento in diverse cattedre universitarie, già intrapreso dopo la laurea in scienze politiche nel 1928.

Sono proprie due delle università presso cui ha insegnato a rendergli il tributo maggiore: l’Università del Missouri e l’Università di Monaco[2]. La presa di posizione politica voegeliniana ha spesso portato ad una classificazione della sua opera come reazionaria sic et simpliciter, affermazione del tutto riduttiva.

L’eredità intellettuale di quest’autore è senz’altro legata alla volontà di interpretare nella maniera più completa possibile i fenomeni politici del XX secolo, caratterizzati da una violenza ideologica senza precedenti.

La sua opera principale resta senza dubbio Ordine e storia, il lavoro di una vita, intrapreso nel 1956 e pubblicato postumo nel 1985[3]. Un progetto monumentale la cui rivalutazione è un fenomeno attualmente in corso. Un’approfondita comprensione dell’opera voegeliniana richiede al lettore un’ottima conoscenza della materia filosofica che va da Platone agli esistenzialisti tedeschi. Inoltre, l’utilizzo di uno stile non scontato e di diversi neologismi rende la lettura non semplice.

La rilevanza dell’opera di Voegelin per la nostra trattazione muove da uno dei suoi testi più significativi, Trascendenza e Gnosticismo (1979). All’interno di questa raccolta di saggi concentriamo la nostra attenzione sul secondo in ordine di presentazione, ossia Configurazioni della storia. La lettura in questione permette di tracciare un filo di connessione tra la storia e la nostra disciplina di riferimento: la geopolitica. È necessario capire quali elementi possiamo definire come ricorrenti nelle due discipline e quale sia il punto di congiunzione tra le due da poter utilizzare a sostegno della teoria presentata.

Storia e geopolitica: se la prima lavora con riferimento al tempo, la seconda si muove nello spazio, e l’elemento di congiunzione tra tempo e spazio è la continuità. Le discipline in fieri, come la storia secondo Voegelin, o che hanno a oggetto casi di studio non esattamente quantificabili, come la geopolitica, sono soggette a dei continui flussi di avvenimenti che le rendono plastiche e in continua evoluzione. Si tratta di scienze non esatte caratterizzate da contenuti proiettabili in un futuro potenzialmente infinito.

Ma lo studio delle discipline richiede metodo, e potrebbe essere interessante considerare l’applicazione di quello storico di Voegelin alla geopolitica. Consideriamo dunque le postulazioni voegeliniane relative al metodo di studio della storia facendo riferimento diretto a un estratto della sua opera. Voegelin compie un’iniziale distinzione tra “il significato della storia” e “il significato nella storia”.

Con la prima definizione si intende riconoscere che i giudizi che si danno su un determinato periodo storico, nel quale si vive, finiscono per coincidere con l’ideologia corrente e predominante. Ma l’autore non condivide affatto l’idea che si possa dare una definizione del significato della storia: “Che cosa sia il significato della storia nessuno lo sa e mai lo saprà finché ci muoviamo nel tempo” (E. Voegelin, Trascendenza e gnosticismo, pp. 102-103).

Voegelin così mette a nudo la relatività delle opinioni espresse sul significato della storia. Come sarebbe possibile, infatti, dare un giudizio complessivo e cristallizzato in una stasi di perfezione non raggiungibile su una materia non finita come la storia? “In effetti, non si può conoscere quale sarà la fine, perciò ogni affermazione sul significato della storia è impossibile” (Ivi, p. 103). Pertanto, ogni tentativo di giudizio si rivela nient’altro che un’interpretazione fuorviata poiché le opinioni date in riferimento al contesto storico vissuto saranno necessariamente condizionate dall’ideologia dominante in tale periodo, e soprattutto non potranno essere portatrici dell’oggettività necessaria. Infatti, prima di studiare la realtà circostante bisogna ricordare che essa è al tempo stesso la circostanza nella quale ci si trova quotidianamente. Il rischio nel quale si può facilmente incorrere è la costruzione di modelli statici per costituzione e il riferimento univoco a un modello, che sottintende lo studio di alcuni fattori e l’esclusione di altri.

Per rimediare a questa carenza di base Voegelin metterà a punto la definizione di configurazione[4], un concetto che considera la successione dei modelli istituzionali insieme ad altri elementi quali l’auto-interpretazione che si dà del particolare momento storico in cui si vive, ossia quello che l’autore chiama “significato nella storia”.

Nel determinare le configurazioni, non si deve esprimere un’opinione sul significato della storia, ma piuttosto considerarlo come un qualcosa su cui la gente si esprime e tali espressioni divengono così parte della realtà esaminata” (Ivi, p. 105).

Il merito di Voegelin sta proprio nel voler riconoscere l’importanza dell’esperienza[5], cioè la nostra percezione delle cose all’interno della storia, rendendole parte integrante della ricerca storica stessa.

Trasferendo tale argomentazione alla geopolitica si intuisce che il rischio della modellizzazione, e dunque di una geopolitica dei modelli, risiede nella pretenziosa convinzione di poter giudicare dall’esterno il mondo nel quale viviamo. È proprio da questa idea di osservazione distaccata e fredda che la geopolitica deve allontanarsi. Lo studio attraverso l’utilizzo di modelli elimina quell’elemento fondamentale che Heidegger chiamava “gettatezza”, ossia un’esperienza non dettata da parametri qualificabili in termini quantitativi.

La considerazione delle diverse percezioni, e delle diverse modalità di vivere un territorio o una determinata situazione, rende lo studio più completo e senza dubbio lo allontana dal rischio di essere mera espressione dell’ideologia dominante, accusa spesso mossa alla geopolitica. Lo studio della geopolitica attraverso le configurazioni garantisce una completezza maggiore data dall’inclusione di un ulteriore elemento di studio, quale appunto l’auto-interpretazione. Con questo termine Voegelin fa riferimento alla percezione particolare che ognuno ha del periodo storico nel quale si trova a vivere, “le opinioni che si danno circa il significato” (Ivi, p.105).

Estendere questo concetto alla realtà territoriale della geopolitica significherebbe conferire maggiore rilevanza alle singole modalità di rapporto e percezione del singolo, così da permettere uno studio meno rigido e schematico. La configurazione si presenta come probabile via o metodo di studio in grado di cogliere il fluire della storia, e così della geopolitica. La configurazione è un completamento e superamento dell’idea di modello. L’elemento dell’auto-interpretazione dà vita a un metodo che assume peso e corposità propri. Ciò comporta una metodologia che non è né alternativa a quella dei modelli né la rifiuta, bensì si tratta di un’estensione e un approfondimento della stessa, derivanti dalla considerazione di un numero di variabili maggiori.

La geopolitica si muove su un triplice livello temporale, che coinvolge nello studio del presente anche il passato (per l’analisi del retroscena di riferimento) e il futuro (proiezione necessaria per dare significato a delle scelte strategiche dell’oggi in cui si vive). L’introduzione delle configurazioni al posto dei soli modelli lascerebbe spazio all’affermazione di un nuovo metodo nel quale il significato della geopolitica si fa da parte in favore di un significato nella geopolitica, dove le espressioni ideologiche diventino parte integrante dell’analisi empirica e non una discriminante per la definizione di modelli in contrapposizione tra loro. In questo modo l’ideologia non sarà più in grado di precedere l’esperienza e dunque predeterminare l’esito della ricerca stessa.

Il rovesciamento introdotto dall’utilizzo delle configurazioni ristabilisce un ordine in cui l’osservazione dei fatti precede l’applicazione di ogni altra possibile astrazione logica o ideologica. Le configurazioni della geopolitica hanno come unità di misura il territorio, e la metodologia suggerita prevede l’inclusione delle ideologie nello studio e non, al contrario, l’imposizione di modelli che indirizzino fin dall’inizio della ricerca il fine dei nostri studi.

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