Il gioco del voto.
L’idea mi è stata suggerita dal film di Luciano LIGABUE che mette in scena questo divertente/impegnativo gioco di società dove la sola regola da rispettare tra amici è di rispondere a delle domande in modo assolutamente sincero.
La trama della storia è presto detta: un gruppo di ex ventenni si ritrova dopo altri vent’anni per passare quattro giorni insieme sulla costa romagnola nella mitica Rimini, decidendo attraverso l’idea divertente del gioco di raccontarsi, di fare il punto della propria vita, una sorta di bilancio personale e collettivo, dandosi per ogni domanda posta dal leader un ipotetico voto da zero a dieci, spiegando in assoluta libertà poi agli altri il perchè di quel voto.
Il gruppo è bene assortito; quattro uomini e quattro donne da cui emergono situazioni profondamente diverse, tutte con il loro bagaglio di dolore, di insuccessi, come di relativi traguardi raggiunti.
C’è chi racconta d’avere avuto un cancro e d’ essere riuscita a sconfiggerlo diventando una persona nuova, prima sposata e dopo divorziata, prima fiduciosa nel prossimo e dopo fiduciosa sopra a tutto solo nelle proprie forze, vincendo i luoghi comuni della donna debole e bisognosa della presenza maschile al suo fianco, dimostrando che sono le donne le più forti, quelle che quando si impegnano sanno dove potere arrivare, quelle che non si lasciano più f………… dalle false promesse dei mariti che nel momento del bisogno sanno solo scappare.
Chi racconta d’essere riuscita ad imporre alla propria autorità genitoriale le proprie scelte omosessuali, combattendo contro l’ignoranza sociale dei semplici e l’ipocrisia borghese che non riconosce sistematicamente i diritti delle minoranze e delle diversità, sapendo mettersi al fianco l’amore scelto, l’amore voluto, che a sua volta racconta di non avere credi, né idoli, né aspettative se non quella d’amare e sentirsi amata dalla persona che si è a nostra volta scelto, da cui si è stati scelti, anche andando contro i pregiudizi, i luoghi comuni, la mentalità dominante ed ogni sorta di avversità; questo è facile quando si ha solo vent’anni o poco più e si sa d’avere tutta la vita ancora davanti…meno facile per chi deve aprire la strada, per chi deve preparare le condizioni di un nuovo equilibro sociale.
Chi racconta d’avere vissuto sostanzialmente alla giornata non avendo aspettative particolari se non quelle di rispettare e di fare rispettare la propria dignità, come la dignità altrui; e questo non è facile quando si vive ai margini, quando non si appartiene a categorie sociali forti e vincenti per il semplice fatto d’essere gay, dove non contano più i titoli di studio, i meriti, le reali capacità d’una persona, peccaminosamente adombrati da questa macchia innominabile e scomoda.
Chi racconta d’avere avuto e di condurre una tranquilla vita borghese, dove praticamente ogni cosa sta al posto giusto e dove tutto funziona, almeno in apparenza; chi spiega d’essere cresciuto, d’avere continuato a coltivare il proprio amore per il blues solo dentro la propria vita privata, suonando felicemente per se stesso, e tuttavia lasciando trasparire aperto il tarlo dell’insoddisfazione e del dubbio.
Chi racconta di non essersi e di non prendersi affatto sul serio, vivendo sostanzialmente soltanto con un desiderio, quello di trombare dalla mattina alla sera, e tuttavia cercando solo di nascondere dietro questo suo comportamento assolutamente scanzonato ed immaturo il proprio sentimento di inadeguatezza, di incapacità a sapere dare delle risposte serie ad un’esistenza che sembra avere ben poco di serio, ben poco di valevole se non fosse per la beata g……. quotidiana…
Chi racconta d’avere una vita decisamente realizzata e soddisfacente, con due meravigliosi bambini e con un bel lavoro, ma allora non si capisce perché questa persona abbia accettato l’invito di rivedere i vecchi amici di un tempo, sapendo che durante questo strano weekend di ritorno al passato, ci si sarebbe dovuto rimettersi in gioco, smascherarsi, come in una specie di danza dove non conta quello che uno crede di essere e si dichiara d’essere, ma solo quello che uno è nella realtà.
Infine chi racconta senza bisogno di raccontare, facendo trasparire più dai silenzi e dai gesti che dalle parole, d’ avere vissuto assai male, anzi, di non vivere affatto, prigioniero di un tarlo, di un’ossessione, di un sentimento disperato che non sa darsi pace, darsi sollievo, ricordando la morte assurda del proprio amico comune, rimasto vittima quel giorno di vent’anni prima, in una stazione d’Italia rimasta sotto le macerie di un boato, di un attentato terroristico.
E’ chiaro il riferimento al tragico giorno del 2 agosto 1980, quando la stazione di Bologna fu presa d’assalto da un disegno oscuro e criminale rimasto ancora ad oggi con innumerevoli punti non chiariti.
Questi amici, dopo essersi raccontati, aldilà del formarsi di coppie che nascono spontaneamente disegnate su di un filo di lana sospeso ed impercettibile, hanno per se stessi un bel programma: regalarsi reciprocamente un dono , il dono, quello che più avremmo voluto avere dalla vita ma che ancora non ci è stato concesso ( i doni vengono dati solo agli amici maschi, escludendo da questa parte della festa il riferimento diretto alle donne, all’universo femminile, forse sottintendendo che una donna i suoi regali se li fa già da se stessa, non aspetta di riceverli).
Così che l’emarginato colto e sapiente riuscirà ad avere il suo momento di gloria potendo sfilare per una notte su di un carro tra le vie di Rimini, tra applausi, sorrisi e qualche fischio e lancio di frutta, prontamente soccorso e consolato da una bella ragazza gay pronta a mettersi al suo fianco mostrando al pubblico il suo bel seno nudo.
Il bravo e perfetto borghese non convinto e mai convertitosi di fatto al consumismo e ad una vita anonima e senza slanci, avrà la sua serata da rockstar, un palco tutto suo dove esibirsi e coronarsi, almeno per una notte, la celebrità del momento.
Il lavativo inconcludente e sfaccendato avrà una notte assolutamente a cinque stelle, dove potersi c……… ber quattro f…….. tutte insieme, e togliersi tutte le voglie libidinose rimaste magari eventualmente ancora insoddisfatte.
L’ex rivoluzionario tradito dalla vita e dai sogni mai concretizzatisi di una società giusta e democratica all’insegna della libertà vera e non solo plaudita, riesce per un giorno a fingersi l’uomo nuovo di un nuovo mondo concedendosi totalmente nudo per le vie di Rimini (siamo sempre a Rimini, dove tutto è possibile che accada…) e correndo trionfatore come un eroico atleta greco che arriva alzando al cielo la sua fiamma luminosa inneggiante la vittoria destinata solo all’olimpo degli dei.
Tutto bello, tutto divertente, tutto sopportabile, se non fosse che questo weekend carico di simpatiche mattacchiate e di scherzosi programmi non conserva dentro di sé, fin dall’inizio, un tragico epilogo; chi ha vissuto nell’infelicità, chi ha vissuto nel dolore e nella depressione per lunghi anni, troppi anni, in silenzio e con cupa rassegnazione, ha deciso, decide, può decidere che dopotutto questo mondo non ne vale la pena, e che è meglio gli eroi che sono già morti, stanno meglio loro che se ne sono andati e si sono risparmiati questo amaro spettacolo, stanno meglio loro che sono morti ancora credendo in qualcosa, stanno meglio loro che non si sono nemmeno accorti di morire, forse, mentre noi rimasti, i sopravvissuti, non abbiamo saputo darci pace, non abbiamo saputo trovare le nostre risposte alle tante domande rimaste senza perché.
E dunque è meglio anche per noi sparire, è meglio volare e raggiungere gli amici e raccontare loro tutto quello che fortunatamente si sono potuti risparmiare morendo.
Il film si chiude in verità con una nota di speranza, sullo stile l’amore vince sull’odio, la speranza sulla disperazione, il futuro sul passato.
Le nostre donne rimangono nonostante tutto ancora incinte, i grembi si riempiono di nuovi germogli, ci saranno nuovi bambini paffuti e rosei ad allietare le lunghe giornate del domani, la fiducia nella vita si rinnova e non certo perchè questo può accadere ma perchè così si sceglie di fare, così si sceglie di costruire e di andare avanti, guardando al futuro; dunque ancora nulla è perduto, ancora non è stata scritta la parola fine sul mondo che ci riguarda, sulla società che vorremmo abitare e che non potrà essere costruita senza di noi.
Dopotutto, il mondo apparentemente perso è ancora salvato. Se non proprio salvato, quantomeno salvabile…
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Bene, adesso il gioco lo facciamo tra noi.
Io vi porrò e mi porrò delle domande e voi, ed io, saremo liberi di rispondere, o di risponderci, naturalmente rispettando la sola banale ma impegnativa regola del gioco, ossia la risposta dev’essere sincera. Se uno non vuole essere sincero, non deve partecipare.
- Da zero dieci, che voto dai alla tua vita?
- Da zero a dieci, che voto dai al tuo futuro?
- Da zero a dieci, che voto dai alla cosa più impegnativa e importante che hai fatto?
- Da zero a dieci, che voto dai alla cosa più disdicevole e negativa che hai fatto?
- Da zero a dieci, che voto dai alla tua capacità d’essere equilibrato nel tuo modo di pensare?
E se ci va, continuiamo il gioco inventandoci altre domande.
Ciao a tutti, e buona giornata.