A dispetto di come ce la stanno dipingendo i media, c'è qualcosa di diverso stavolta, qualcosa su cui vale la pena soffermarsi, perché stavolta non si tratta solo di lurida, schifosa, immonda pedofilia da sacrestia. Perché naturalmente i media fanno quello che gli viene meglio: sbattere il mostro in prima pagina. E se ha addosso una tonaca, tanto meglio. C'è qualcosa di più potente a livello promozionale dell'ossimoro etico?
Però questa brutta faccenda di Sestri Ponente (Genova) non è assimilabile in tutto e per tutto alle altre storiacce di abusi sessuali su minorenni da parte di ecclesiastici. E questo aspetto, su cui i media omettono di soffermarsi (o per lo meno quelli che è capitato a me di leggere), ha dei risvolti che sono ancora più importanti e terribili del fatto di cronaca, già di per se stesso raccapricciante.
Ci sono infatti due fattori diversi dal solito in questa vicenda. Il primo è che, a dispetto di quello che a giudicare dagli SMS il prete desiderava («Non li voglio di sedici anni, ma più giovani. Quattordici anni vanno bene»), i ragazzini ancorché minorenni, erano già degli adolescenti intorno ai 16 anni, dunque non proprio dei bambini. Il secondo è che secondo quello che sembra risultare dalle indagini, il parroco "comprava" i favori sessuali dei ragazzi in cambio di droga, nella fattispecie cocaina.
Ora, pur nella consapevolezza di correre il rischio di generalizzare e semplificare e dunque di addentrarmi su un terreno per forza di cose molto minato, mi viene da osservare che rispetto al sesso, un adolescente di 15/16 anni non può essere assimilato a un bambino, poiché (a) a quell'età è già sessualmente attivo e si suppone che conosca (o dovrebbe conoscere) i meccanismi della sessualità e, pur magari non avendo il necessario bagaglio psicologico e morale per difendersi del tutto da situazioni morbose, dovrebbe essere in grado di discriminare - e giudicare - una situazione anomala, da una situazione che non lo è; e (b) a quell'età un ragazzo dovrebbe avere le facoltà psichiche e, soprattutto, le capacità fisiche per tirarsi indietro.
Difatti qui si sta parlando di sesso (su minori) in cambio di qualcosa che non è la classica "caramellina dallo sconosciuto". Vista dunque la faccenda dal punto di vista degli adolescenti, e fatti salvi i discorsi precedenti, l'idea che mi sono fatto è che in questo caso il sesso possa essere stato concesso dai ragazzi come merce di scambio per ottenere droga. Se i ragazzi si sono concessi per una dose, lo scenario che si configura assume in qualche modo connotati diversi.
Naturalmente non mi è dato sapere in che misura sia stato il prete eventualmente a iniziare i ragazzi alla droga in maniera da renderli succubi alla soddisfazione delle sue libidini, o se abbia soltanto approfittato di una loro debolezza sviluppata in contesti sociali o familiari difficili. La vicenda è scura e quantomai torbida, parlando anche di "festini in canonica". Ma resta il fatto - come sembra - che degli adolescenti hanno concesso i loro favori sessuali in cambio di droga e questo mi pare significhi almeno che nelle categorie mentali degli adolescenti questo processo di pensiero era in qualche modo pre-esistente o lo era una situazione che gli ha permesso di attecchire e proliferare.
In fondo c'è così tanta differenza tra un ragazzino italiano che pensa di vendersi per un po' di droga, rispetto a una ragazzina marocchina che decide di vendersi per un po' di soldi?
Insomma, il prete si merita una cella a vita per quello che ha fatto anche solo come uomo e ancora di più come simbolo della sacra istituzione che rappresenta, ma siete sicuri che le colpe siano tutte lì? E perché poi scandalizzarsi tanto? Il premier in fondo non ha fatto praticamente la stessa cosa a una ragazzina di 17 anni? Eppure nessuno è andato a scrivere con la vernice sui muri di Arcore: "Giù le mani dalle nostre bambine!" Volete farmi credere che si tratta di un problema solo dell'omosessualità dei rapporti? O il problema è forse legato al fatto che uno è un prete e l'altro invece si crede dio?
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