dacci oggi le nostre catastrofi quotidiane...

Creato il 22 maggio 2011 da Omar
Recentemente, grazie anche alla sollecitazione fornita da una contemporaneità oggettivamente cupa e sempre più avara di speranze per il futuro, un pullulare di volumi a tematica apocalittica sta rimpinguando gli scaffali delle librerie di questa parte del pianeta. Sublime sottogenere della fantascienza più sperimentale, quello delle sciagure post-qualcosa (guerra atomica, malattia planetaria, crisi globale, virus dei telefonini e via proseguendo di olocausto in olocausto) è un filone assai proficuo e interessante, qualcosa che, per sua stessa natura, si presta a una rimodulazione creativa costante. Apparentemente sfruttata in ogni sua possibile variante - le fondamenta potrebbero identificarsi in quella pietra miliare della distopia millenaristica che è Io sono leggenda, firmato nel 1954 da Richard Matheson - questa tipologia di romanzi è stata ultimamente sdoganata da prove d'autore notevolissime (in primis La strada, di un ispirato McCarthy, ma nel nugolo di profeti di un'apocalisse prossima ventura non si può non citare almeno il caso di Glavinic, con la sua originale e pregnante prospettiva europea della «fine del mondo»). L'assunto è chiaro: succede qualcosa d'irrimediabile, le città diventano inferni di ruberie e prevaricazione, gli stati e le certezze si sfaldano e tutto si fa maceria. Attorno alle vestigia di ciò che chiamavamo società prospera quindi una terra di nessuno preda degli istinti più belluini, una barbarie di fronte alla quale non resta che morire, combattere o isolarsi.Sfrucugliati dalla tematica sensibile, negli ultimi anni anche a casa nostra c'è stato chi ha saputo impadronirsi delle regole del genere per costruire opere di differente efficacia: Davide Longo, Laura Pugno e Antonio Moresco, per esempio, rappresentano la porzione d'eccellenza del catastrofismo italico, un'onda lunga che ha toccato finalmente anche i nostri lidi e che in queste settimane, grazie all'ultimo romanzo di Alessandro Bertante, potrebbe addirittura conquistare lo Strega. Nina dei Lupi rientra infatti a pieno titolo nel filone in questione, incentrato com'è sulle vicende di Piedimulo, un borgo posto in una vallata chiusa a nord da una impervia catena montuosa e collegata al resto del mondo da una galleria scavata nella roccia. Qui, il giorno dipoi di un'indefinita «sciagura», gli abitanti fanno brillare una carica di dinamite e - isolati dal crollo della galleria - danno vita ad una sorta di microcomunità confinata in uno spazio angusto ma relativamente autosufficiente.In questa comunità capeggiata da un uomo saggio, già sindaco del piccolo paese, trovano rifugio alcune persone in fuga dalle città. Fra loro la giovane Nina, nipote del sindaco, che conosciamo in apertura di romanzo e che del libro diverrà il perno centrale. La ragazzina viene condotta dal nonno a conoscere un eremita in una casa lontana dal villaggio, inaccessibile a chi non conosca il sentiero esatto che vi conduce. Costui si chiama Alessio (Nebbiascura, nipote del protagonista del primo romanzo dello scrittore, Al diavul), vive in compagnia di due lupi, Alma e Tito, e non ci mette granché a farsi una idea della ragione per cui il disilluso sindaco di Piedimulo ha voluto insegnare alla nipote la strada per giungere fino laggiù. Di lì a poco, infatti, il boato di un'esplosione che si leva dall’imbocco della galleria segregata annuncia a tutti che la festa è finita. Una banda di feroci predoni irrompe nella quiete del paesello travolgendolo: sarà una mattanza di odio, dolore e sangue. Nina però riuscirà a mettersi in salvo rifuggiandosi dall'uomo dei lupi, come da indicazione del nonno. Presto i fatti muteranno al punto da trasformare la ragazzina indifesa in una leggenda nota come «Nina dei lupi».Bertante si muove con agilità all'interno degli schemi del romanzo post-catastrofista, regalandoci pagine dense d'una tensione minacciosa quanto ineluttabile. Centellinando con cura la rappresentazione della violenza, riveste di una patina di assoluta verosimiglianza l'intera vicenda costringendo il lettore a immedesimarsi nella cruda realtà in cui i protagonisti del libro sono sprofondati. Ci sono riferimenti continui alla nostra attualità e (come spesso accade nella letteratura di matrice fantascientifica) chiunque voglia potrà leggere nella sequela di avvenimenti un monito e finanche un messaggio (politico!); oppure, più semplicemente, si abbandonerà alle limpide capacità affabulatorie della prosa di Bertante, alla sua esperta scrittura in cui il tono prevalente è forse livido e talvolta funerario, ma in chiusura consegna ad una palingenesi sofferta le speranze di un riscatto di là da venire.
Nina dei lupi - Alessandro Bertante (Ed. Marsilio)

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