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DAGHESTAN: La condizione della donna daghestana, il contesto sociale

Creato il 23 novembre 2012 da Eastjournal @EaSTJournal

Posted 23 novembre 2012 in Al Femminile, Daghestan, Slider with 0 Comments
di Giovanni Bensi

Religions

DA MOSCA – La condizione della donna è uno dei punti dolenti di tutti i paesi musulmani. Non traggano in inganno i casi in cui una donna è stata capo dello stato o del governo, come quelli di Benazir Bhutto in Pakistan o di Sheikh Hasina Wazed in Bangladesh. In tutti gli stati musulmani, in misura maggiore o minore valgono le prescrizioni della shari’a che, nonostante tutti i tentativi di modernizzazione, condizionano ancora negativamente la situazione della donna. Dalle varie forme di velatura (hijab, niqab, parandža, chador, burqa ecc.) alla discriminazione nelle questioni di eredità o di divorzio, alla minore capacità giuridica ecc. la situazione della donna è comunque più sfavorevole di quella maschile, spesso anche semplicemente a livello, come dicono i russi, bytovoj, cioè di vita quotidiana e di costume. E fatti di discriminazione sono riscontrabili anche in paesi islamici che hanno una costituzione laica o un passato di ostilità ufficiale verso la religione, come nell’ex URSS.

Prendiamo ad esempio il Daghestan, repubblica del Nord-Caucaso considerata la più islamizzata della Russia, di cui fa parte. Le repubbliche nord-caucasiche infatti non hanno lasciato la Russia e non hanno proclamato l’indipendenza agli inizi degli anni Novanta del secolo scorso, a differenza di quelle del Caucaso meridionale e dell’Asia Centrale. Negli ultimi anni in Daghestan si è creata una situazione economico-sociale estremamente sfavorevole che si riflette soprattutto nella condizione delle donne. La grande maggioranza della popolazione daghestana (si calcola, circa il 70%) vive al di sotto del livello di povertà. L’indice di disoccupazione fra la gioventù si aggira sull’85%. Il bilancio della repubblica è sovvenzionato al 90% dal centro federale, cioè da Mosca, e non vi sono, in prospettiva programmi per favorire l’occupazione.

E poi vi è un altro grave problema. I cambiamenti politici avvenuti nel periodo post-sovietico hanno trasformato il Daghestan in un’arena di guerriglia terroristica e in una piazzaforte per possibili interventi militari russi nel Nord Caucaso. Neppure la situazione sul fronte interetnico può essere considerata tranquilla. E inoltre la società daghestana continua a distinguersi per un alto livello di criminalizzazione. Questo grave stato di cose è reso ancora più preoccupante dalla complessità delle condizioni politiche nel resto del Nord-Caucaso. La lotta antiguerriglia delle truppe russe presenti in Daghestan ha provocato una completa o parziale distruzione delle infrastrutture sociali e del patrimonio immobiliare, soprattutto sul territorio dei distretti di Botlikh, Tsumada e Novolak. Per di più, le regioni montuose del Daghestan rappresentano più del 55% del suo territorio complessivo e costituiscono un terreno agricolo con scarso sviluppo delle comunicazioni. In queste condizioni geopolitiche ed economico-sociali estremamente complesse vengono sempre più spesso misconosciuti anche i diritti delle donne: il diritto al lavoro, l’accesso alla cultura e all’istruzione, il diritto all’assistenza sanitaria, il diritto ad una normale attività riproduttiva. Tutto ciò si riflette in modo estremamente negativo sulla condizione delle donna.

Oggi è ancora prematuro parlare di una qualsiasi strategia dei rapporti di “gender” in Daghestan. Data l’assenza di studi demografici sistematici che tengano conto del fattore “gender”, l’analisi dettagliata è resa difficile, ma alcune tendenze sono visibili ad occhio nudo. La situazione demografica dei tempi più recenti è caratterizzata da un costante decremento della popolazione, in primo luogo proprio di quella maschile (la mortalità degli uomini in età lavorativa è di 4,2 volte più alta della mortalità femminile). Inoltre gli uomini che si recano in altre regioni in cerca di lavoro, spesso abbandonano le loro famiglie. Ciò logicamente porta all’aumento del numero di donne sole e all’innalzamento dell’età in cui le ragazze contraggono matrimonio. Tuttavia a differenza di altre regioni della Russia, in Daghestan, perfino nelle città, il matrimonio civile è un fenomeno raro. Però la poligamia, ufficialmente vietata, in primo luogo la bigamia, diventa la forma di matrimonio sempre più frequente. La donna che contrae matrimonio secondo la shari’a (come seconda o terza moglie) non viene biasimata dalla società e ad essa vengono riconosciuti tutti i diritti di una moglie ufficiale.

Si pone naturalmente la domanda se una simile prassi sia una violazione dei suoi diritti o dei diritti della prima moglie (ufficialmente registrata negli atti dello stato civile). È difficile dare una risposta univoca a questa domanda. Giuridicamente solo la prima moglie e i suoi figli sono titolari di determinati diritti familiari (per sempio in materia di successione). D’altra parte, la seconda moglie ottiene la possibilità di condurre una vita familiare completa, di generare figli senza subire condanne morali o discriminazioni da parte della società. Il secondo matrimonio non viene registrato ufficialmente e si perfeziona solo in base alla procedura religiosa.

In un prossimo articolo ci soffermeremo sul problema della donna in connessione con la famiglia e del ruolo della donna, ad esempio, nel mondo delle professioni.

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Tags: Caucaso, condizione femminile, Daghestan, diritti civili, Giovanni Bensi, islam, modernizzazione, poligamia, sharia, struttura sociale Categories: Al Femminile, Daghestan, Slider


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