Magazine Attualità

Dai furbetti del quartierino ai furbetti del cartellino

Creato il 23 gennaio 2016 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
a-volte-ritornanodi Nico Grilloni. Renzi, o chi per lui, si diverte a coniare slogan parafrasando espressioni e termini entrati ormai da tempo nel lessico giornalistico. Pertanto quegli impiegati pubblici colti in fallo dalle telecamere mentre timbrano il badge per poi subito dopo andare a fare la spesa o ad attendere ad altre attività, anche sportive, sono stati definiti i furbetti del cartellino (il badge). Questi signori, si fa per dire, hanno truffato lo Stato e il paese, ossia hanno truffato noi tutti che per certo abbiamo sempre contribuito ai loro stipendi.


Il comportamento di costoro è per certo indecente e senza alcun dubbio meritevole di reprimenda e anche di provvedimenti drastici. Fino al licenziamento. E su questo punto, cioè sulla dura punizione da comminare a chi ha fatto il furbetto, credo si sia tutti d’accordo.

Ciò su cui è difficile essere d’accordo è però, come di consueto, l’assenza di altrettanto severa condanna e punizione nei confronti di coloro che ci amministrano pur manifestando identico comportamento. Ricordo che qualche anno fa l’Huffingtonpost ha pubblicato con tanto di nome e cognome un elenco dei maggiori assenteisti fra i nostri parlamentari. Spiccavano i nomi di Verdini e Ghedini, ma entrambi erano in buona, numerosa compagnia. Ora anche questi signori – si fa per dire – sono foraggiati dal cittadino, ma non mi risulta che abbiano mai pagato alcunché per le loro assenze. Si dirà, sì, vabbè, ma questi non sono impiegati del pubblico, sono senatori e deputati della Repubblica. E allora? Allora peggio. La loro mancanza di impegno e la loro assenza dagli scranni di Montecitorio e Palazzo Madama è ancora più colpevole. E almeno per due motivi. Prima di tutto perché disertano quelle aule nelle quali i cittadini li hanno mandati fiduciosi nel loro impegno e, in secondo luogo, perché, secondo il dettato costituzionale, sono i nostri rappresentanti, ossia coloro che costituiscono l’alter ego di ciascuno di noi. Sono i nostri delegati, sono i nostri luogotenenti, sono coloro che parlano, lottano per noi, sono i portavoce delle nostre istanze. E non ci fa piacere che al posto di darsi al da farsi stiano a bighellonare per le trattorie romane e per i negozi di moda, o per palestre e saune o nei loro collegi elettorali. E mi domando ancora: e allora?

Allora siamo al doppiopesismo italico che, per convenienze e opportunismi di varia natura, vuole distinguere fra l’impiegato che truffa lo Stato marcando il badge per poi tagliar la corda – e al quale si vuole azzannare la giugulare fino a dissanguarlo – e gli uomini della casta che non fanno alcunché per evitare che così li si definisca.

E questo sistema che punisce l’impiegato e resta indifferente dinanzi al parlamentare che diserta oltre l’80% delle sedute camerali, è solo l’aspetto pratico e più evidente – ma anche più nauseante – del vecchio detto forte con i deboli e debole con i forti a cui l’Italia del potere da un lato e la cittadinanza imbelle dall’altro hanno sempre informato la reciproca condotta.

E non tocchiamo il tasto dell’etica. Perché i nostri rappresentanti in Parlamento dovrebbero essere persone di così dritta spina dorsale da essere per ciascun cittadino (cittadino e non suddito) esemplari nell’accezione più pura del termine, cioè di esempio, nei comportamenti e nel loro lavoro istituzionale, per ciascuno degli amministrati. Ma questa considerazione, proprio perché di essenza etica, è la costante nota dolens che accompagna la nostra quotidianità fin dall’età  postrisorgimentale.

Ma noi, forse perché inguaribili ottimisti, continuiamo a sperare. Chissà, forse un giorno accadrà che la goccia buchi la pietra. Ma perché ciò avvenga non dobbiamo e non dovremo essere in pochi ad alzar la voce.


Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog