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Dal demonio alla civiltà moderna – breve affresco sul ‘non detto interiore’

Creato il 18 novembre 2013 da Wsf

Immagine medievale in cui il diavolo sottrae consensi

Immagine medievale in cui il diavolo sottrae consensi tramite il famoso Patto

Quella del demonio è una storia lunga, complessa e travagliata, a metà tra la religione, lo spasmo irrazionale e le paure ancestrali connesse alla sopravvivenza quotidiana quanto alla paura dell’ignoto. Ma soprattutto la storia del diavolo, del fazioso nemico, è legata al primario bisogno di stabilire un limite esatto tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, tra ‘noi’ (il bene) e ‘loro’ (il male), in modo da definire i contorni di un potere religioso ben preciso, stabile, effettivo. Sono questi i podromi di quella che forse è la figura fondamentale della religione cristiana (e non solo), Satan, il nemico, la bestia, l’antagonista per eccellenza, senza il quale la storia non può certo dipanarsi: come fa un eroe a dimostrare di essere tale senza qualcuno che gli dia filo da torcere? Gesù, esorcista per eccellenza, come può dimostrare il proprio talento senza diavoli da scacciare o penitenti da purificare? Una volta stabiliti i recinti comunicativi, si può banalmente impiantare una struttura sociale – religiosa in cui il fedele può riconoscersi e programmare la sua vita. Ernesto de Martino nel suo libro “Magia e Sud” descrive la funzione apotropaica della “historiola” che compare spesso nei canti usati per gli scongiuri: ‘come Gesù ha salvato tizio dal mare così io ti salvo da questa malattia’ che evidentemente ha una connessione specifica con l’acqua. Narrando un brevissimo racconto si destoricizza la situazione dell’oggi, la si lega al potere del nome di Gesù e tramite esso si annulla il male. Ma perché questo tipo di scongiuro possa funzionare, occorre chiaramente che il suo valore sia riconosciuto a livello comunitario. Cioè occorre che esorcista ed esorcizzato facciano parte del medesimo nucleo religioso-sociale. Secondo Ernesto de Martino, questo è un modo tipico delle civiltà moderne e non, per rinchiudere il male dell’ignoto, la paura del non riuscire a sopravvivere in elementi chiari, precisi, strumenti atti e riconosciuti dalla società con cui eliminare i problemi. E’ la stessa funzione del demonio all’interno della struttura religiosa del cristianesimo. Satana racchiude in sé tutto il terrore legato alla morte e al decadimento, chiamato peccato. Gli dà un nome, un volto e di conseguenza gli assegna una controparte buona, amorevole, misericordiosa che fa da scudo al “male di vivere”, e permette di far ricorso a metodi precisi per estirparlo. E’ chiaro che questo discorso sussiste in un tipo di religione come quella cattolico-cristiana e che difficilmente si ritrova nelle religioni antiche, in cui il concetto di male è diversamente inteso. In primo luogo non c’è una differenziazione così netta come nelle strutture orientali. Non ci sono combattimenti o lotte intestine tra due fazioni ben definite (persino presso il mondo del nord, per quanto Vani, Asi e Giganti si odino, ci sono incursioni amorose, dispetti ma anche nobili battaglie combattute insieme) ma deità che portano ordine sul caos (vedi Zeus ordinatore del kosmos che relega i titani nel Tartaro). Tutto ciò ha un motivo ben preciso: gli dei precristiani sono immortali ma non imperituri, cioè per quanto non possano perire (anche se i nordici parlavano del disastroso Ragnarök, la battaglia finale durante la quale il piano del Múspellsheimr avrebbe distrutto tutto e gli elleni parlavano di tre età con un Zeus ordinatore appartenente alla seconda e un Dioniso dal sapore messianico avrebbe dato il via alla terza), sono comunque nati e soggetti al fato e alla natura in un ritmo ciclico presente e perfetto, in quanto finito. Il dio cristiano è un dio imperituro che muove  tutte le cose. Egli è inizio e fine e nella perfezione della sua esistenza (chiamiamola così) egli è il motore immobile dell’Universo e ha chiaramente il suo da fare contro quelle che sono le energie che portano squilibrio all’interno dell’Ordine: i demoni. In realtà il discorso è molto più complesso, perché se gli antichi avevano compreso che male e bene sono discorsi alquanto relativi e relativisti, che si incontrano e scontrano nei vari piani (Democrito parlava già di mondi infiniti e pensabili mentre Eraclito adduceva al Logos come alla legge universale che fa da transfer tra vita e morte, in una guerra sempiterna tra opposti, senza la quale l’universo così creato non potrebbe esistere), i cristiani rifiutano a priori l’esistenza del male, quasi negandolo, ripudiandolo. A livello psicologico questo apporta alla figura di Satana il valore oscuro, tetro e profondamente demoniaco ma soprattutto, la sua negazione è causa di profondo malessere a livello non solo sociale, ma anche mentale. Mi spiego meglio. Nell’antichità esistevano strutture sociali ben definite con il solo valore di supportare l’individuo e permettergli di crescere in modo corretto rispetto alla civiltà di appartenenza. Stiamo parlando dei gruppi che accudivano il soggetto e lo sottoponevano ai cosiddetti ‘riti di passaggio’. L’idea ciclica del tempo veniva in sostanza applicata anche alla vita della persona, scandita da lancette invisibili che ogni tot richiedevano una trasformazione e quindi un salto in avanti, un passaggio per l’appunto. Un esempio sintetico e valido, è il menarca, la prima mestruazione che separa l’infanzia dalla pubertà e che portava la bambina alla metamorfosi in donna. Nel passato, esattamente come il momento del parto, era un periodo estremamente delicato in cui la protagonista doveva adottare tutta una serie di precauzioni e atteggiamenti perché da li in poi la sua esistenza sarebbe mutata e doveva abituarsi a tale novità. Le donne, fanno gruppo intorno alla giovane e la istruiscono. Le fanno comprendere cosa accadrà, le spiegano le loro esperienze e la portano in una condizione mentale in cui, non solo la ragazzina inizia a sentirsi adulta ma anche e soprattutto parte del gruppo. Accetta quindi le sue responsabilità esattamente come i suoi doveri. Le paure, i turbamenti, anche legati nel nostro esempio al sesso e alla metamorfosi del corpo, vengono dissipati secondo le regole sociali e/o religiose, nella calda ed accogliente idea del ‘è sempre stato così e sempre così sarà’. Nel cristianesimo invece la totale asseverazione al dio implica la negazione totale della paura, che per essere cancellata non viene semplicemente accettata e quindi estirpata, ma eliminata nel nome di dio. La paura del sesso, per mantenere il discorso, in una giovane adolescente appena mestruata, invece di essere compresa, accudita e scandagliata viene semplicemente catalogata come male, come immessa da un ipotetico demone e quindi sconfitta solo appellandosi a dio. Il discorso assume una luce più chiara se si pensa al bambino che teme la notte. Un conto è aspettare l’alba da solo nel proprio letto, altro è andarsi a rintanare dai genitori. Il piccolo dissipa la paura tra le braccia della madre, allontanando i mostri che pullulano la sua fantasia. Lo stesso discorso vale per il cristiano che quando arriva a configurare le nome di Satana tutto ciò che è sbagliato, maligno e perverso e che quindi teme, altro non rimane che gettarsi nella misericordia divina. Da questo semplice strattagemma nasce la forza della Chiesa, che ha strutturato nei secoli ad hoc l’immagine di Lucifero in modo da creare una netta separazione tra il giusto, la madre chiesa e lo sbagliato, il paganesimo. Non è una forma di accusa questa, perché è così che funziona quando una cultura antica si scontra con una passata. Quel che serve rimane, quel che non serve è negato e su questi binari si struttura la nuova società. Il problema sorge però a livello psicologico, perché, e oggi si nota molto facilmente, la paura del diavolo ha castrato le nostre menti. Abbiamo dimenticato come esorcizzare ciò che temiamo e semplicemente affidandoci ad un grande, benevolo padre con una risposta per tutto, abbiamo smesso di imparare anche ad aver paura in modo da poterla affrontare quella paura. Da poterla discutere e sciogliere in una risata. Nello stesso tempo la figura del demonio, che ha una splendida esegesi alle sue spalle, dalla Bibbia (in cui attenzione Lucifero non è citato nel modo in cui tendiamo a parlarne, dato che sostanzialmente è un impalcatura della stessa Chiesa) in poi, si è mostruosamente ingigantita, e più cresceva più lasciava intendere che nessuna via di scampo c’era se non tra le braccia di madre Chiesa e padre Dio. Senza contare le accese ostilità che ha ovviamente fatto maturare, perché le catalogazioni del male sono comunque infinite e personali e hanno dato origine a fenomeni come l’inquisizione o i genocidi delle popolazioni precolombiane. Eppure, proprio questo apparato, ha segnato in età moderna la fine della Chiesa stessa, ridotta di per sé ad adattarsi ai tempi pur di non morire. Nel medioevo in cui Roma tuonava come unica voce, nonostante le battaglie tra Impero e soglio di Pietro, tra misticismo e potere temporale, era più semplice accettare l’idea quasi gnostica di male e bene. Ad ora le cose sono mutate, perché non ci sono solo due voci ma un coro costante di voci diverse anche in antitesi. Affidarsi totalmente a dio contro un ipotetico diavolo, oggi giorno è quasi assurdo per la maggior parte delle persone per il semplice fatto che il bambino è cresciuto e trova ridicolo nascondersi nel lettone dei genitori. Il problema però, è che deve fare i conti con secoli e secoli di paure ricacciate in gola che hanno sedimentato e prodotto drammi esistenziali, psicologici e depressivi, e la nostra cultura occidentale non dispone più di strutture sociali accomodanti, accoglienti che davvero possono ricomporre l’identità della nostra civiltà. Padre Amorth, Papa Francesco e tanti come loro, affermano che la grande astuzia del diavolo è quella di far credere non esista. E’ vero. Lui c’è e se è così grande e pauroso è perché lo abbiamo negato fino ad ora, rinchiudendoci tra le ali ecclesiastiche. Il terrore è un sentimento come tanti altri. Va fatto emergere, va compreso, studiato nel senso latino, affrontato e poi estirpato. Nel gioco dei Tarocchi il Diavolo è la carta XV, ed è posizionato tra la Temperanza e la Torre non a caso, perché indica quel muschioso sottobosco di energie che noi tutti possediamo. E’ la pluralità dell’istinto, della bestialità, della forza degenerativa e rigenerativa della natura. E’ il principio che da origine al Kaos (la Torre che ha anche un simbolo fallico. In questa luce il Diavolo è anche quella passione sessuale che scatena l’amplesso e quindi da origine al coito e alla generazione – Le Stelle-). E’ l’estasi mistica che mette in contatto il naturale con il soprannaturale, dopo il periodo di comunione con la natura portato dalla precedente Temperanza. Non è un caso se il demonio porta zoccoli e corna da capra perché questa è propria la base del mito orgiastico di Dioniso, che vale ricordarlo, è il dio ‘dell’uscir fuori di sé’. Il vino è un mezzo, un tramite come il teatro. Ogni volta che il raziocinio smette di agire sull’uomo entra in gioco Dioniso che spinge a ballare, ridere, cantare ma soprattutto diventare qualcosa che non si è. Questa è la linea guida anche per comprendere le feste orgiastiche in onore del dio, e il senso mortuario di passaggio e traslazione che ne pervade il mitologema. Perché come si diceva prima, le paure, i passaggi, i terrori si affrontano lasciandosi conquistare da loro stessi, lasciando possedere. Le donne in onore di Dioniso impazzivano letteralmente e correvano nude per i boschi della Grecia squartando come bestie gli animali in cui incappavano, per poi chiudere in orge la giornata. Accadeva soltanto un giorno all’anno ma quando succedeva il senso di liberazione era totale, perché nel momento in cui la follia ti pervade, ti ha anche affrancato dal suo cappio. Non è rimasta li a cuocere, a bollire fino allo scoppio violento. Va da sé che stiamo parlando di un tipo di società incastrata in un periodo storico antico con determinati sistemi logici. Ma è anche vero che, dovremmo imparare un po’ di più dal mondo antico e riprenderci le nostre paure, con serenità.

Terrei a far notare i lettori che quanto scritto non è un inno alla violenza nè nei confronti di sè stessi che degli altri. La dialettica tra bene e male, giusto e sbagliato è sempre e comunque strutturata dalla società in cui si vive e della quale, dovendoci vivere, si accettano le regole comportamentali. Questo vuol dire che se si parla di far esplodere il proprio universo interiore, bisogna comunque rendersi conto del modo in cui lo si fa. Per noi moderni la sfida è molto più dura perchè il mondo antico metteva a disposizione dei comparti sociali adatti come feste, rituali e simili. Oggi non ne abbiamo. Ma sicuramente, non è alla violenza gratuita o verso i più deboli che si fa omaggio.

Roberta Tibollo

La lama dei Tarocchi rappresentante il Diavolo

La lama dei Tarocchi rappresentante il Diavolo


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