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Dal diario di un ottuso che vede un manifesto

Creato il 20 novembre 2010 da Mapo
Dal diario di un ottuso che vede un manifestoLa città ne era letteralmente tappezzata. Non c'era piazza, strada o fermata dell'autobus che non ne avesse uno in bella vista. Alcuni avrebbero potuto pensare ad un vero e proprio bombardamento mediatico. Se non che, negli anni, i media erano cambiati parecchio e i manifesti elettorali si sbiadivano ai raggi del sole primaverile, mentre la gente rimaneva chiusa in casa a guardare la televisione. Lì, noi lo sapevamo bene, lui non aveva rivali. Ciò che più ci colpiva, nella singolare iniziativa messa in atto da quel bifolco di Di Pietro, era la sua assoluta mancanza di tatto. Gettare fango in quella maniera così dissennata sul nostro Premier era qualcosa di estremamente sgradevole, in linea con il degrado dei tempi e dei valori di cui, proprio all'opposizione, si facevano portavoce. Il manifesto, nelle sue infinite copie, mostrava il volto del nostro presidente del consiglio di dimensione via via più grande. Sul lato sinistro, con la scritta "Silvo" c'era una sua foto con lo sguardo inebetito e la mano tra i capelli. Al centro Berlusconi appariva con la sua bandana bianca in testa, sorridente in uno dei pochi momenti in cui si concedeva una vacanza. Ci avevano appiccicato sotto un "Papi" scritto a caratteri cubitali. Infine, a testimonianza di come il cattivo gusto non abbia mai fine, sulla destra, con un fotomontaggio malriuscito, avevano vestito il premier come Gheddafi. Un gigantesco "Bunga Bunga" campeggiava nell'angolo in basso.
Dal diario di un ottuso che vede un manifestoQuello spettacolo inaudito rappresentava una vera e propria calunnia che avrebbe dovuto offendere ogni cittadino rispettabile. Lo stesso polverone alzato dal Cavaliere qualche giorno fa con quella battuta innocente sugli omosessuali appariva quantomeno sproporzionato. A lui, si sa, piaceva scherzare ed era solo la cieca invidia di quelli che chiamavamo più o meno a proposito "comunisti", così privi di senso dell'umorismo, a far sembrare tutto così serioso. Per fortuna qualcuno riusciva ancora, nel mezzo di questa tempesta perbenista che andava in scena su tutti i giornali e i canali nazionali, a difendere il nostro presidente e la sua vita di uomo per bene, al servizio dei suoi cittadini e di tutti coloro che dipendevano da lui e da una delle sue aziende a cui, fino a prova contraria, aveva sempre pagato gli stipendi. Ed è questa, in sostanza, la cosa che conta!

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