Magazine Opinioni

dal fango

Creato il 13 aprile 2012 da Francosenia

vidali

Parla Herbert Matthews:
"Il sinistro Vittorio Vidali ha passato la notte in prigione, interrogando brevemente i prigionieri che gli venivano portati e, quando decideva, come quasi sempre decideva, che facevano parte della quinta colonna, sparava loro alla nuca col suo revolver. Ernest Hemingway mi ha raccontato che ha sentito dire che Vidali ha sparato così tanto che la pelle fra il suo pollice e l'indice della mano destra appare malamente bruciata."

Come raccontò lo stesso Hemingway, a Joris Ivens in una lettera, l'episodio si colloca nella mattina dell'8 novembre 1936. I prigionieri erano stati catturati per le strade di Madrid. Non si sa fino a che punto il prelievo dalla prigione e l'immediata esecuzione dei Paracuellos venissero portati a termine via via che proseguiva la caccia, la cattura e l'uccisione dei sospetti per le strade della città, ma è del tutto probabile che sia accaduto.
Una testimonianza scritta, più concreta di quella di Hemingway, ci dice dove si trovava Vidali in quel momento. Proviene dalla mano di colui di cui Vidali era l'ombra, in quei giorni: Enrique Castro Delgado. Questi, dopo un colloquio con Jose Diaz che è malato, autorizza l'ingresso nel Partito comunista, di Carrillo e Cazorla, e li integra entrambi come comandanti nel 5° reggimento. Quindi manda ad avvisare Vittorio Vidali, dandogli conto del colloquio con Jose Diaz, e di Carrillo e Cazorla, i cosiddetti "giovani barbari". Infine, dà l'ordine al suo braccio destro, Tomás, di cominciare il massacro.
Già, dove si trovava Vidali? In molti libri di storia della guerra civile spagnola, non appare nemmeno, oppure viene appena nominato. Un membro ufficiale dell' "esercito fantasma" che operò in Spagna durante la guerra.

"Era arrivato in Spagna, inviato da Mosca, come delegato del Soccorso Rosso Internazionale. Era sposato con una certa Maria Modetti [sic], anch'essa italiana, che era stata l'amante di Mella, il "martire cubano", e, a quanto pare, anche di Diego Rivera. Era dolce e buona, di una femminilità affascinante, un modo di parlare lento e triste, come lei, che era tutta tristezza. Lui era scortese, ubriaco, donnaiolo e terribilmente ambizioso. Era uno di quegli uomini che Mosca manda in certi posti, per consentire loro di "rinascere politicamente", una possibilità di cui approfittano anche a costo del crimine stesso. I due, Carlos e Maria, erano vecchi funzionari di Mosca, una città dove, con le continue purghe di Stalin, avevano imparato come la paura faccia pisciar sotto le persone."

Nel suo libro, Vidali, si accompagna a Castro per gran parte di quelli che sono per lo più appunti che parlano del corso della guerra, corredate di opinioni - sempre dure e scontrose - sugli esuli. C'è Castro con lui, quell'unica volta che - come dichiara - avrebbe sparato con una pistola. Successe ad Almería. Una trasmissione radiofonica di Vidali, venne interrotta da un bombardamento. Uscirono dall'edificio:

"E si diressero alla sede del Partito... ma durante il viaggio ... le due pistole sparavano senza sosta contro le persone che incontravano per la strada e che sembravano sospette. Alla fine della giornata erano due specialisti del terrore, due tecnici della "formula" ... Camminare e uccidere li calmò."

Vidali, che in Spagna utilizzò lo pseudonimo di Carlos Contreras, era arrivato nel 1934 dal Messico, dove già era entrato in azione. Del suo lavoro dentro il PC tra il 1934 e il 1936 non si sa nulla. In un'intervista ha parlato del suo ruolo, molto attivo come "organizzatore", durante l'assalto al Cuartel de la Montaña. Amutio Martinez gli dedica un capitolo, nel suo libro, "Chantaje a un pueblo":

VITTORIO VIDALI, «Comandante Carlos» o «Carlos Contreras»

Comunista italiano, di Trieste, esiliato come Togliatti, Longo ed altri che avevano agito durante la guerra. Formatosi come attivista ed agitatore a Mosca ed inviato dal Comintern e dalla GPU in America Latina, insieme a Guralsky e a Marcucci per aiutare Codovila, poi delegato del Comintern e amministratore dei fondi che dovevano servire per aiutare i partiti comunisti, utilizzando di solito come copertura il Soccorso Rosso Internazionale.
Instancabile attivista e geloso di Marcucci, che egli descrisse come intellettuale sdolcinato e blando. Un tipo ripugnante, era una miscela di spia, di agitatore comunista e di gangster, duro ed implacabile con tutto quello, e tutti quelli, che vedeva come un ostacolo alla politica di Mosca. Fanatico stalinista, non indugiava mai a dissertazioni dottrinali, mostrandosi sempre insolente e prepotente, presuntuoso ed arrogante, tranne che con coloro ai quali doveva obbedienza. Allora, con questi, si mostrava strisciante e servile.
Bestemmiava continuamente, ed il castigliano che parlava era costellato di frasi ed espressioni della "Boca" di La Plata, in Argentina, le peggiori che conosceva. Corpulento, forte e piuttosto alto, con modi di fare e un gesticolare che a volte lo facevano apparire come una furia scatenata, cosa che in realtà era. Di lui, Togliatti, in un'occasione, disse:
«Per comandare, è un sergente prussiano, ma per agire, è un ruffiano e un mezzano»
Senza dubbio, lo riteneva utile e necessario al fine di addomesticare i riluttanti, dal momento che era un suo strumento servile e determinato.
Arrivò in Spagna ad opera di Codovila, alla fine del '34. La sua missione apparente, come in America, era il Soccorso Rosso Internazionale e lo conoscemmo all'inizio del '35. A fronte della durezza, e dei tratti ripugnanti che abbiamo segnalato, sapeva mostrarsi amichevole e talvolta divertente, di buon umore, scherzoso a proposito della rigida disciplina stalinista, spesso organizzava feste e baldorie, dove non mancavano le le donne, e dove mostrava tutto il suo degrado morale. Disponendo di molto denaro, non si tratteneva dall'utilizzare tutte le risorse per attrarre coloro che voleva coaptare.
Esecutore, quando era necessario mettere in atto, con durezza e senza scrupoli, le linee guida che definiva "la casa", tutte le sue attività in Spagna hanno avuto un parallelismo costante e coincidente con quelle di Codovila, però pronto a tutto, anche ad uccidere, quando si doveva raggiungere lo scopo progettato.
Prima della guerra, dovunque i pochi comunisti organizzassero tumulti o intervenissero con la violenza durante assemblee, raduni o manifestazioni di piazza, c'era sempre "Carlos" lì vicino o era lui a cominciare.
Agitatore professionale di grande esperienza ed addestrato in sudamerica, sapeva  sfuggire molto abilmente e con grande astuzia alla polizia. Descrivere in dettaglio fatti e misfatti sarebbe, come nei casi di Codovila e di "Pedro", molto lungo, tanto più in questo caso, dal momento che "Carlos" agì molto intensamente durante la guerra ed ai margini di quello che era un apparato militare. Fin dal primo giorno si immerse nella grande turbolenza che era venuta a prodursi. Conosceva bene la strada, e in mezzo al popolo disorganizzato, eccitato e violento, era nel suo elemento. Sapeva cosa aveva dentro, di coraggio, di ansia e anche di odio, coltivato nel corso di una vita di costante penuria, di miseria e di ingiustizia, e sapeva approfittare di questo "clima" a beneficio dei piani del Partito Comunista. Sotto la sua direzione e grazie alla sua incessante attività il tremendo alluvione comunista crebbe rapidamente, di giorno in giorno, come un ascesso, fino a raggiungere un'energia difficile da guidare o da frenare. Nei quartieri popolari di Cuatro Caminos, Vallecas, la Ventas, ecc, era  dove si poteva trovare il "Comandante Carlos", come si cominciò a chiamarlo.
Per lui tutto era utilizzabile e organizzabile; tutto era valido, le persone e le procedure. Formò e diresse le prime pattuglie e squadre di polizia, dispose di locali e di caserme, organizzando la "pulizia" di coloro che venivano segnalati come fascisti, imponendo apertamente i metodi dettati dal NKVD (N.d.T: Commissariato del popolo per gli affari interni). Prostitute, ruffiani, criminali abituali, tutta la feccia dei bassifondi di Madrid che "Carlos" ormai conosceva perfettamente, venne utilizzata da questo degenerato a vantaggio del partito e usata nelle azioni, nei punti e nei luoghi adatti. Sapevo sempre trovare gli elementi più adatti per i suoi piani, e avendo mano libera, poteva mettere in gioco i suoi istinti perversi, senza che nessuno dei dirigenti comunisti lo frenasse. Gli attivisti si moltiplicavano e facevano dappertutto atto di presenza, come un acido corrosivo che cominciava a rompere la forza delle organizzazioni sindacali. Alcuni dirigenti del Partito Comunista si mostrarono sorpresi e stupiti per la crescita improvvisa e fulminea dei suoi seguaci; la loro capacità era stata sopraffatta e non erano capaci di affrontare la tempesta. Il "Comandante Carlos" era il perfetto animatore, il direttore di quella "grande festa rivoluzionaria", per citare Cesar Falcon in "Mundo Obrero" di quei giorni. La tessera del partito sarebbe diventata per molti una carta bianca, per altri rappresentava una buona assicurazione, una copertura per i loro precedenti e un appoggio per sistemarsi. Ne vennero stampate a migliaia e distribuite a pioggia. Nel corso del tempo proteggeranno le azioni più basse, la vigliaccheria ed altri crimini ripugnanti. Il reclutamento dei soldati, di solito con le lusinghe e la promessa di promozioni e incarichi di alto livello, era il compito di una squadra capitanata da 'Carlos', e formata da E. Castro Delgado, Fernandez Navarro, Francisco Galan e un portoghese esiliato da anni che chiamavano comandante Oliveira. Una delle prime tessere che vennero date a dei militari professionali fu quella del tenente colonnello Barceló, che fino al 18 luglio era stato aiutante del vice capo del governo, e ministro della guerra, Casares Quiroga. "Carlos", quando si vide nominato Commissario politico del Quinto Reggimento, si appuntò la stella di comandante. Era di gran lunga l'attivista più importante dell'apparato militare del partito. La prima unità militare che organizzò fu la "Compagnia d'Acciao", poi "Battaglione d'Acciaio", che venne successivamente integrata nel Quinto reggimento. Entrò in conflitto con Fernando de Rosa, che aveva organizzato il "battaglione ottobre», la prima unità delle milizie della gioventù socialista, dal momento che, conoscendolo bene, non gli permise minimamente di intervenire nell'organizzazione e azione di questa unità, che era considerata come un modello per tutti quelli che andavano a combattere in montagna, finché non si integrò nella Brigata Mista. Tutte le unità che furono create attraverso il Quinto reggimento, nelle quali, nonostante la leggenda, non tutti quelli che vi si arruolavano erano comunisti, marciavano al ritmo dato da «Carlos». Poi, con la creazione della Brigate internazionali, gli venne assegnato un campo più vasto per le sue azioni. Venne nominato, su ordine di Togliatti, commissario politico di una delle brigate, ma era dappertutto. Non era molto accettato, né riceveva molte simpatie, tra la maggioranza degli italiani che formavano il Battaglione Garibaldi; conoscevano la sua storia e il suo ruolo di agente del NKVD, e lo temevano. Senza perdere il suo contatto con Codevila, ed insieme all'attivista sovietica "Carmen la Gorda", che conosceva dai tempi di Mosca, esercitava un completo dominio sul Partito Comunista Spagnolo e sui suoi quadri, dandogli la struttura e il tono del Partito Comunista Sovietico. Come conseguenza di alcune intromissioni in delle cooperative agricole dell'UGT, della zona vinicola di Valencia, ci fu un serio confronto, ai primi di settembre 1936. Si rese conto così che nel Levante, in particolare a Valencia, non sarebbe stato facile manovrare e preparare le sue trappole, come a Madrid, e la sua presenza lì, da allora, fu poco frequente e solo per brevi viaggi. Un membro del Partito Comunista di Valencia ci ha detto che pensava che avessero sospetti su di lui e che fossero difficili da trattare; non avevano alcun interesse che questo elemento si convincesse del contrario, e gli confermarono che era vero che fosse sospettato, dal momento che sapevano che era uomo senza coscienza, fanatico e disposto a servire, a qualsiasi costo, quelli che lo comandavano: "era logico che mi riteneva difficile da trattare, dal momento che lo avevo avvertito che non gli sarebbe piaciuta la nostra reazione se avesse insistito a disturbare le nostre organizzazioni, con i suoi metodi. Lui e i comunisti valenciani avevano cercato di stabilire a Valencia una rappresentanza e un ufficio di arruolamento del Quinto Reggimento, sebbene il Comando Provinciale della Milizia non lo avesse autorizzato."
"Quando seppe che facevo parte del governo ad Albacete, venne a salutare, manifestandosi cordiale e disponibile, senza dubbio per vedere se era sparito da noi il sospetto che, diceva, avevamo su di lui, sospetto che ho ritrovato anche in Di Vittorio (Nino Nanneti), commissario, come lui, delle Brigate internazionali, ma uomo molto distinto, pur essendo comunista. Lo vedevo molto spesso, ma senza mai essere entrato in stretti rapporti, visto che conoscevamo i suoi compiti fino ad oggi, e sapevamo che non aveva cambiato metodi".

In occasione della Conferenza Nazionale dei Commissari, svoltasi nel marzo del '37 ad Albacete, il rapporto pronunciato da "Carlos" fu uno dei più settari, pieno di censure e minacce nei confronti di coloro che si opponevano all'azione corrosiva dei comunisti.

"Ai primi di luglio del 1937, tornato alla Federazione di Valencia, ho dovuto mettere in guardia Jose Diaz personalmente che c'era una certa verità a proposito di una "consegna" segreta che era stata comunicata alla "Radio", a Valencia, e che riguardava diversi leader socialisti - me compreso -, la nostra reazione sarebbe stata violenta e avrebbe dato luogo ad un un grave conflitto. Pochi giorni dopo Jose Diaz è venuto alla Segreteria della Federazione per comunicarci che si era incontrato con "Carlos", che aveva accusato di essere l'autore della "consegna", e che egli aveva negato che fosse vero; che era disposto a venire e a darmi tutti le spiegazioni necessarie a far scomparire i miei dubbi al riguardo. Ho risposto a Jose Diaz - che come un uomo di non grande intelligenza, ma con abbastanza buon senso, sapeva qual era la verità a proposito di quello di cui l'avevo avvertito - che sarebbe meglio che non comparisse davanti a me e gli ho consigliato di stare lontano dai nostri luoghi e rispettare i nostri militanti. Jose Diaz mi ha assicurato che non avrebbe fatto nulla di cui preoccuparsi."
"Carlos", è stato il diretto istigatore in innumerevoli casi tragici che si sono verificati durante la guerra. E 'stato uno dei migliori e più perfetti esecutori che l'NKVD abbia avuto in Spagna. Uno dei primi compiti ripugnanti che portò a termine, utilizzando persone di bassa condizione, come osservato in precedenza, avvenne nei primi giorni della guerra e fu l'assassinio del comandante di artiglieria di stanza nel Parco di Madrid, Rexach. Mancò poco che questo delitto provocasse un grave conflitto tra la CNT e il Partito comunista, che avevano le caserme una di fronte all'altra, nella stessa strada, nel quartiere di Cuatro Caminos.
Questo elemento è stato uno dei più crudeli e sinistri, utilizzato dall'Unione Sovietica. Sarebbe rimasto in Spagna fino alla perdita di Barcellona. Alla fine della seconda guerra mondiale tornò in Italia, dove aiutò Togliatti e Longo, usando i metodi che conosceva, a riorganizzare il Partito comunista italiano, che poi lo avrebbe nominato segretario della zona di Trieste. Poi cadde nel dimenticatoio, e finirono per disprezzarlo quando smise di essergli utile.

da "Justo M. Amutio - Chantaje a un pueblo"


Vidali morirà a Trieste nel 1983. Fu sempre restio alle interviste, in particolare da parte dei giornali. Ne accettò qualcuna da parte dei ricercatori, ma limitandosi a parlare di quello che compariva solo nei suoi libri. Nel suo piccolo appartamento alla periferia di Trieste c'erano solo alcuni libri sul Messico e sulla guerra civile spagnola, una foto di lui con Che Guevara, un dipinto ad olio di Lenin, alcune stampe, tra cui una di Picasso, foto e disegni raffiguranti lui e quella che fu sua moglie, Tina Modotti.


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