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Dal Fatto Quotidiano: strage Italicus, 40 anni dopo. Storia del ferroviere morto per salvare passeggeri

Creato il 04 agosto 2014 da Antonellabeccaria

Italicus - 1974, l'anno delle quattro stragiChi se lo ricorda il nome di Silver Sirotti? In pochi, probabilmente, e non era un eroe, almeno non nel senso che in genere si attribuisce a un termine del genere. Eppure Silver, 25 anni e da dieci mesi impiegato nelle Ferrovie dello Stato con varie mansioni, il 4 agosto 1974, all’1 e 47 minuti del mattino, era sul treno Italicus per un caso, perché da controllore – mansione che svolgeva in quel periodo – doveva sostituire un collega, in attesa di prendere servizio di lì a poco alla stazione di Faenza, dove si sarebbe occupato della biglietteria. Ma quel giorno, a quell’ora, una bomba devastò la quinta carrozza del convoglio ferroviario partito da Roma alla volta del Brennero. L’ordigno, a base di termite, miscela incendiaria che raggiunge il punto di fusione dell’acciaio, esplose dentro la galleria della Direttissima, nel comune di San Benedetto Val di Sambro, verso Bologna.

E oltre alle dodici vittime che costituiscono il bilancio ufficiale della strage dell’Italicus, altre ce ne sarebbero state se il macchinista non avesse fatto scivolare il treno fuori dal lunghissimo tunnel, oltre 18 chilometri. E se Silver, finito nella conta dei morti, non avesse rinunciato a mettersi in salvo. Invece tornò indietro, in mezzo alle fiamme, afferrando un estintore e tentando di portar fuori chi ancora poteva essere vivo. Per risalire sul treno il ragazzo aveva dovuto addirittura divincolarsi dal placcaggio di un passeggero incolume, che ne aveva intuito le intenzioni e aveva provato a strapparlo a morte sicura. A quel punto, liberatosi, Silver si lanciò verso la quinta carrozza e nessuno lo rivive più vivo.
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Quarant’anni esatti dopo a raccontare questi fatti è il fratello del giovane ferroviere, Franco Sirotti, che oggi lavora alla stazione di Bologna. E con le sue parole si apre il libro Italicus – 1974, l’anno delle quattro stragi (Eir) scritto dal deputato e presidente dell’Associazione vittime del 2 agosto 1980 Paolo Bolognesi e dal giornalista Roberto Scardova.

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