Mostri e vampiri avevano già dato origine a numerosissime stagioni teatrali, sui palcoscenici del XIX secolo, sulle cui tavole erano già stati rappresentati all’infinito i libri che già allora erano nel cuore del pubblico di tutta Europa, da Frankenstein: o il moderno Prometeo (pubblicato da Mary Shelley nel 1818) al Vampiro di John Polidori, uscito l’anno successivo.
Capolavori immortali che già intorno al 1826 venivano rappresentati a Londra in spettacoli susseguentisi nel corso di un’unica serata, che raggiungeva, tra gli applausi, la straordinaria durata di cinque ore.
Logico, dunque, che non appena il teatro fu affiancato dal cinematografo come nuovo mezzo per esprimere e provocare emozioni attraverso le immagini, la letteratura subisse un nuovo saccheggio da parte degli autori dell’epoca, già avvezzi alla trasformazione della pagina scritta in un quadro mobile di cose e persone.
Così, dopo le Fantasmagorie che E. G. Robertson realizzò nel 1790 ambientando i giochi di luce della lanterna magica in sinistri scenari notturni, le prime immagini “in movimento” di argomento fantastico, se non mostruoso, furono i film che Georges Méliès trasse dai romanzi di Jules Verne, dividendo nelle tre diverse attività di produttore, regista ed attore il suo inesauribile bagaglio di creatività.
Tra il 1902 e il 1912, Méliès rielaborò gli effetti di un errore di funzionamento di una delle sue cineprese per inventare “trucchi” quali la doppia e la tripla esposizione, la dissolvenza, i tagli o l’effetto nebbia. Con questi mezzi, che in futuro si sarebbero rivelati fondamentali per lo sviluppo del cinema horror, Méliès traspose per il cinema il capolavoro verniano Voyage dans la lune (1902), accentuandone i toni fiabeschi e giocosi, ma introducendo momenti di inquietudine in cui i seleniti terrorizzano gli astronauti della spedizione.
Tuttavia il primo, vero, mostro del cinema di Méliès risale al 1912, l’anno de La conquête du Pole, un film ancora tratto da un libro di Verne, in cui Méliès confermò la sua geniale insofferenza verso la tendenza allora prevalente che vedeva nel cinema solo un modo per fotografare la realtà, una realtà che a lui, Méliès, andava sempre più stretta.
E mentre Méliès viveva i suoi ultimi momenti di gloria da onesto artigiano del cinema (la nascita della grande industria cinematografica spazzò via la piccola azienda di Méliès, che cadde in disgrazia), nel resto d’Europa la trasposizione cinematografica di massa dei capolavori dell’horror letterario proseguiva con un breve adattamento del Dottor Jekyll (1908) da parte della Seling Polyscope Company, cui fece seguito, l’anno dopo, un analogo tentativo da parte della Danish Nordisk Company, che in quel periodo realizzò anche due pellicole sulle “sepolture premature” come The Necklace of the Dead (1910) e Ghost of the Vault (1911).
Ma la novità di quegli anni viene da Hollywood, dove la Edison Company produce la prima versione cinematografica di Frankenstein, realizzando un film diretto da Edwin Searle in cui il mostro assume caratteri orrifici ben interpretati da Charles Ogle.
Sempre in America, nel 1917, venne prodotta una seconda versione cinematografica del Prometeo moderno, diretta da Joseph Smiley: si intitolava Life without Soul, con l’attore shakespeariano Percy Darrel Standing nel ruolo della creatura. Nonostante facesse esplicito riferimento alla vicenda del Dottor Frankenstein e alla sua creatura, che in questo caso affronta l’intero equipaggio di una nave per finire sepolto in una grotta, nei credits non c’è traccia di alcun riferimento al romanzo di Mary Shelley.
Infine, un breve ritorno in Francia per citare l’opera di Louis Feuillade, appartenente a quella primissima generazione di pionieri del cinematografo che, al contrario dello stesso Méliès, seppe evolversi insieme al gusto del pubblico senza restare stritolato dai continui cambiamenti tecnologici e narrativi imposti dal continuo progredire dell’arte cinematografica.
Tra gli oltre 800 film diretti, Feuillade creò il genere serial con tre suggestivi filoni di grande successo che si richiamavano esplicitamente ai romanzi gotici dell’Ottocento (Les Vampires, 1915-1916, con Musidora), o comunque al mito di un Uomo in nero al di sopra o al di fuori della legge, come Fantomas (dal 1913 al 1914, 5 film da 1200 a 1800 metri ciascuno, con René Navarre) e infine Judex, giustiziere creato da Feuillade dopo le proteste del ministro dell’Interno Malvy per i personaggi costantemente negativi dei suoi film, protagonista, tra il 1916 e il 1917, di ben 12 episodi.
Per chiudere questa panoramica dedicata all’horror pionieristico, un accenno a un film italiano praticamente sconosciuto e mai apparso nemmeno nelle filmografie più specifiche: si intitola Il mostro di Frankenstein, e fu diretto nel 1920 da Eugenio Testa per l’Albertini Cinematografica.
Written by Alberto Rossignoli
Fonte
A. Sarno, “Il cinema dell’orrore”, Tascabili Economici Newton, Roma 1996.