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Dal libro al film: Divergent

Creato il 08 aprile 2014 da La Stamberga Dei Lettori

Articolo di Valetta

Dal libro al film: Divergent
Prima si cercava il "nuovo Twilight", ora produttori, giornalisti e pubblicitari sono alla disperata ricerca del "nuovo Hunger Games". Prima c'era l'invasione dei vampiri, ora c'è quella dei romanzi distopici. Tra i numerosi candidati Divergent di Veronica Roth parte sicuramente in pole position. Almeno sulla carta.

 

Gli ingredienti ci sono tutti: una protagonista femminile che gli americani chiamano apprppriatamente kick ass, indipendente e agguerrita, un immaginario futuro post-bellico spietato, tanta azione, e una qualche velata critica sociale. Nonostante le imperfezioni non manchino, la formula ha funzionato ancora una volta e l'intera trilogia all'inizio del 2014 è arrivata a vendere 10 milioni di copie in tutto il mondo, almeno secondo le cifre divulgate dalla casa editrice Harper Collins.
La fiducia in questo tipo di prodotto è tale che i diritti per farne un film erano già stati acquisiti da Summit Entertainment nel 2011, pochi mesi dopo la pubblicazione del primo romanzo della serie, anche se le riprese non sono iniziate fino al 2013.

Purtroppo, a differenza di quanto avvenuto per la trasposizione di Hunger Games, le potenzialità del romanzo della Roth sono rimaste tutte sulla carta.
Lo si poteva immaginare già dalle prime dichiarazioni dello sceneggiatore Evan Daugherty: "Sono ossessionato dalla durezza del film ma un'eguale importanza è data alla storia d'amore fra Tris e Quattro. E' inestricabilmente legata alla maturazione della personalità di Tris. Ci saranno alchimia e attrazione sessuale in abbondanza".

Dal libro al film: Divergent
In altre parole: trasformeremo la vostra spietata avventura apocalittica in una love story adolescenziale.

 

Che le cose non sarebbero andate per il verso giusto lo si poteva sospettare anche dalla scelta della protagonista, Shailene Woodley, finora celebre soprattutto per il suo ruolo nel telefilm-soap opera La vita segreta di una teenager americana che non sembra nemmeno essersi accorta di aver cambiato set tanto è intenta a scambiarsi sguardi languidi con il co-protagonista Theo James. Jennifer Lawrence è un'altra cosa.
Al di là delle capacità recitative non esaltanti ma nella media, è prima di tutto l'aspetto fisico dell'attrice a essere inadatto.
In Divergent viene ripetuto fino alla nausea che Tris è minuta, ossuta, piattina, mignherlina e dall'aspetto pre-adolescenziale, caratteristica fondamentale che condiziona il suo intero addestramento come Intrepida e la rende facile preda di violenze da parte dei compagni più aggressivi oltre che oggetto di derisione e disprezzo da parte degli adulti. Shailene Woodley, con le sue guance paffute, il fisico pieno e l'altezza superiore alla media (sovrasta addirittura l'amica del cuore Christina, interpretata dalla figlia d'arte Zoe Kravitz) sinceramente è quanto di più lontano ci possa essere dallo scricciolo svantaggiato descritto nel romanzo. Sia chiaro che non voglio esaltare nessun ideale di magrezza anoressica o insinuare che l'attrice sia sovrappeso, semplicemente la fisicità era una caratteristica essenziale del personaggio principale del romanzo della Roth che qui va totalmente perso.

 

Dal libro al film: Divergent
D'altra parte il film smorza le pesantissime forme di bullismo al quale la ragazza è sottoposta durante tutta la sua permanenza fra gli Intrepidi non solo per l'apparente debolezza fisica ma anche per il suo provenire da una fazione, quella degli Abneganti, che si distingue per la rigidità dei costumi e la propensione alla sottomissione.
Fatto salvo per qualche "rigida" gridato dal bulletto del gruppo e un paio di combattimenti finiti male, della costante pressione psicologica, delle numerose mortificazioni e dei pesanti attacchi subiti dalla protagonista in Divergent non vi è praticamente traccia (la regia praticamente censura anche il sangue e i lividi), il che priva buona parte della pellicola della tensione e della grinta che invece tenevano i lettori attaccati al romanzo.
Del resto l'attenzione di regista e sceneggiatori era tutta puntata sulla love story che, manco a dirlo, era uno degli elementi più deboli del libro della Roth. Per quanto tenera, infatti, la relazione fra Quattro e Tris era apparsa abbastanza scontata, ma quantomeno nel libro l'attrazione fra i due si sviluppava gradualmente. Nel film invece fin dal primo incontro è tutto un susseguirsi di sguardi intensi, mani sfiorate, parole non dette, fino al fatidico primo bacio seguito immediatamente dalla ridicola (perché immotivata) dichiarazione "Non voglio andare troppo in fretta" da parte della protagonista, come nella più banale delle storie d'amore adolescenziali.

 

Dal libro al film: Divergent
In questo senso la scelta di Theo James per la parte di Quattro è azzeccatissima: invece del riservato e non bellissimo, seppur affascinate, diciassettenne del romanzo abbiamo un vero e proprio sex-symbol tutto sguardi ardenti e labbra carnose che già aveva sedotto l'algida Lady Mary nella prima stagione di Downton Abbey e che qui replica affascinando l'ingenua Tris. Il pubblico femminile ringrazia.

 

In definitiva la pellicola si può riassumere con un semplice aggettivo: moscia.
E' inevitabile che nel passaggio da libro a film vengano fatti tagli e si perdano elementi per il lettore fondamentali: una cosa è leggere 400 pagine in cui la protagonista in prima persona esprime i suoi sentimenti, i suoi dubbi e le sue paure, una cosa è rendere questa complessità in qualche inquadratura e una decina di dialoghi. Intere amicizie vanno perse, i volti dei personaggi secondari diventano tutti uguali (nessuno fra coloro che non avevano letto il libro ha capito chi fossero Will e Al e perché ci dovrebbe importare della loro morte), le relazioni fra i protagonisti finiscono semplificate e banalizzate, le sottigliezze della trama diventano intraducibili.
I registi più bravi riescono comunque a trasmettere quantomeno l'essenza del messaggio del romanzo e le sue atmosfere. Neil Burger ci prova e in qualche modo, seppur semplificata, riesce a rendere l'idea del contrasto fra una società che vuole canalizzare i suoi membri in categorie fisse e invalicabili e l'individualità umana, rappresentata dai divergenti, che chiede libertà di esprimersi. Questo però non basta per un racconto di questo tipo: quando si semplifica e si banalizza in questo modo di solito si punta quanto meno sull'azione ma il regista non riesce a fare nemmeno questo: le sequenze di combattimento (vere o d'addestramento che siano) sono senza ritmo, totalmente prive d'adrenalina e suspence. Mosce, appunto.

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Questo anche a causa di tagli incomprensibili come mostrare gli Intrepidi che salgono e scendono dal treno come persone normali quando nel libro essi saltano abitualmente su e già dai treni in corsa, cosa che avviene solo nella prima e nell'ultima scena. Si tratta di piccolezze che messe insieme, però, tolgono grinta e personalità alla narrazione, mentre la capacità di mandare l'adrenalina alle stelle era il mezzo principale in cui Veronica Roth riscattava alcuni difetti del suo primo romanzo.
D'altra parte Burger si era già fatto notare con The Illusionist, altro esempio di come una regia lenta e troppo attenta al drammone sentimentale possa affossare una trama intrigante.

 

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Per farla breve: come film l'ho trovato abbastanza deludente e l'unica cosa che mi sento di salvare è l'interpretazione di Kate Winslet, per la prima volta nella parte della cattiva. L'attrice, che all'epoca delle riprese era in attesa del terzo figlio e quindi sempre inquadrata in primo piano o di spalle, avvolta da un lungo spolverino, resiste alla tentazione di gigioneggiare e fornisce una misurata interpretazione dell'algida Jeanine Matthews, decisamente uno dei pochi esempi di recitazione visti in tutto il film.

 


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