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Dal Ponente al Modenese, la nostra Africa

Creato il 27 gennaio 2014 da Albertocapece

download (1)Ufficialmente ci vorranno due mesi per ripristinare la linea ferroviaria che porta in Francia e bloccata da un locomotore e un vagone deragliati. Il che vuol dire, conoscendo i nostri polli, che in pratica almeno per quattro mesi se non sei, come si mormora, gran parte della Riviera di ponente sarà raggiungibile solo a costo di avventurosi e faticosi trasbordi fra treno e pullman, rendendo così ancora più lungo un percorso già lentissimo e quasi tutto su un binario unico. Per non parlare del controllo di tutta la linea oberata di cemento che costringerà comunque a velocità minime per chissà quanto tempo.

Questa è l’Italia come lo è anche quella che di fronte all’alluvione nel Modenese non sa dire, altro per bocca del capo della Protezione civile, che ”In questo periodo sono mancati i soldi, ma non l’attenzione”. Francamente con 4 metri d’acqua in casa non so quanto possa essere attraente l’attenzione di Gabrielli, tombeur des inondations. Ma il fatto è che al 26 gennaio le casse della protezione civile sono già vuote. Figurarsi quando dall’anno prossimo verranno a mancare 50 miliardi a causa del fiscal compact cosa potrà succedere: probabilmente che nemmeno l’attenzione sarà più possibile.

La realtà è che si stanno raccogliendo i frutti di ciò che si è seminato: le disattenzioni, gli scarsi investimenti, i ponti d’oro alla speculazione, la noncuranza e/o la corruzione con cui si è governato. Così accade, come in Liguria, che solo dopo trent’anni ci si accorge che una villa e relativo parcheggio sono stati costruiti a strapiombo sulla ferrovia, dopo un secolo ci si accorge che forse una linea importante con un binario solo non è degna di quell’Europa i cui diktat fanno mancare i soldi agli alluvionati di Modena. E quando ce ne si accorge non si trova di meglio che affidare il raddoppio dei binari a una società spagnola (ma dico io) che ha fatto pessime cose, che è stata esclusa, ma che sta bloccando tutto in attesa che il tribunale decida sul ricorso.

E chissà da quanti anni ci sono case accanto ai fiumi, senza che si voglia risalire a chi ha dato i permessi per costruire, a chi non rinforzato a sufficienza gli argini o permesso le troppe manomissioni dei corsi d’acqua, a chi ci ha guadagnato nell’indifferenza di tutti, vittime comprese. O case costruire con il cemento “sabbiato” che non resistono ai terremoti, ma che superano ogni controllo.  E ora tutto questo si abbatte sul Paese quando non ci sono più le risorse per porvi rimedio e anzi consumando le poche rimaste per opere palesemente inutili, ma molto vantaggiose nella logica di scambio. Così man mano le cose che succedono nel terzo mondo stanno cominciando a succedere da noi, con la stessa ineluttabilità, la medesima incapacità di porvi rimedio. E come beffardo suggello tutto questo accade per aver voluto fare i primi della classe differenziale in Europa.


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