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Chiunque abbia velleità di scrittura inizia cimentandosi col racconto, la forma più breve e giudicata più accessibile dai principianti.
Tuttavia poi, frequentando magari un corso di scrittura creativa, si sentirà rivolgere la domanda: "è più facile scrivere un racconto, o un romanzo?" La leggenda metropolitana, di dubbio fondamento, vuole che il racconto sia più difficile perché in un testo più lungo eventuali sbavature possono passare inosservate, al contrario nel racconto non ci si possono permettere errori. Questo è in parte vero, ma di sicuro non rende più facile avventurarsi lungo il sentiero accidentato del romanzo. Ma come e quando un autore passa, se passa, dal racconto al romanzo? La spinta emotiva può non avvenire mai, e le motivazioni, in caso avvenga, possono essere diverse. Prima però di vedere quale può essere una, la mia, preferisco soffermarmi ancora un po' sul fenomeno del racconto. Nella mia vita ho conosciuto decine di persone appassionate di scrittura, eppure solo una minima parte di questo gruppo variegato è passata poi al romanzo. Perché?
Il romanzo inibisce chiaramente, ma chi ama davvero scrivere non può non aver voglia di tentare di esprimere la propria creatività con un'opera dal respiro più ampio, nella quale può esserci tanto spazio per raccontare. Chi rimane ancorato al racconto, (che non considero una forma espressiva inferiore, ma che in Italia non ha una tradizione importante, come avviene invece negli USA con la gloriosi esponenti della short story) a mio avviso non ha in sé una motivazione sufficiente, quella vera urgenza di scrivere che porta in alto!
Perché un racconto ben riuscito, di poche cartelle, può anche essere un gran colpo di fortuna, un giorno di grazia in cui tutto è girato giusto.
Un romanzo no. Ho amici che hanno imbastito racconti splendidi, che avrebbero potuto essere fantastiche bozze per lavori più ricchi, ma non hanno trovato il tempo di cambiare registro. Nessun autore esordiente ha tempo, a meno di essere "figli di papà". Chi scrive, sperando di sfondare, di solito ha un lavoro, una famiglie e ritaglia scampoli di tempo rubandoli al sonno, perché ha un motivazione forte che lo sostiene, nonostante i momenti di cedimento e sconforto. Un racconto, anche molto ben scritto, capirete non può portar via anni, un romanzo sì. Non volersi confrontare con questo, non avere il coraggio, la tenacia, la voglia, non fare insomma il passo dal racconto al romanzo significa spesso non essere motivati a sufficienza. Non avere nell'anima questo mood per cui si scrive comunque e ovunque.
Per me il passaggio è avvenuto quando un racconto ha urlato dentro di me esigendo più pagine. Era come se la mia storia indossasse un abito troppo corto e stretto e sfigurasse, solo passando al romanzo i personaggi hanno avuto finalmente la possibilità di esprimersi al meglio.
Ho 4 manoscritti, ad eccezione del primo, che andrebbe completamente stravolto, gli altri 3 sono nati proprio così: il primo capitolo di ognuno era in origine un racconto finito che non mi abbandonava e ha deciso di prendersi il suo spazio. Di questi 3 uno è stato pubblicato e un altro è sulla buona strada per esserlo. Un romanzo esige rigore; spenta la scintilla dell'entusiasmo iniziale, quando la foga prevale, terminata la prima stesura, la revisione, che spesso porterà a modifiche non da poco, è davvero lacrime e sangue. E' un lavoro che chi si è cimentato solo col racconto non conosce davvero. Per questo il passo dal racconto al romanzo in realtà è un vero salto. Spesso nel vuoto!
Sandra Faé
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