È
ormai da qualche anno che rinuncio a postare su queste pagine tutto
ciò che scrivo e uno dei fattori che condannano un post alla
cartella degli inediti – uno, e non è il prevalente – attiene a
un difetto della mia scrittura – uno, e non è il peggiore – che
è quel farmi un po’
troppo prendere
la mano dall’analogia,
dalla metafora e dall’allegoria, che talvolta mi pare fallisca
clamorosamente il fine, appesantendo notevolmente il testo. A mo’
d’esempio, ripesco dalla cartella degli inediti, in cui l’avevo
riposto sabato sera, il commento a un editoriale di Ernesto Galli
della Loggia (Il
fronte unico dei modernisti
– Corriere
della Sera,
13.2.2016), riportandone solo l’incipit, che mi pare possa bastare
a dare un’idea di quanto ho fin qui cercato di spiegare.
«Metter
mano a un editoriale di Ernesto Galli della Loggia è seccante quanto
rimuovere i detriti che intasano il filtro della pompa di scarico di
una lavastoviglie, dove alla pazienza richiesta dallo smontaggio e
dal rimontaggio delle parti del dispositivo, di solito alloggiato in
un recesso tanto angusto da rendere scomodissima l’operazione,
deve aggiungersi il non esser troppo schifiltosi con quel vischioso
materiale che resiste anche al frequente impiego degli sgrassanti
raccomandati per un’accorta
manutenzione dell’elettrodomestico,
anche di quelli reclamizzati come i più drastici. Un lavoraccio, e
tuttavia a qualcuno tocca. Eccomi allora a ficcar le dita nella
maleodorante mucillagine che oggi ingombra il vano della pompa...»
Certo
che abbiate colto il doppio senso dato a vano
e a pompa
per dire della vuota boria traboccante dall’editoriale,
vi risparmio il resto, e vengo alla ragione che oggi mi ha mosso al
ripescaggio: coi rimasugli del rancido e del muffito che intasava la
griglia del filtro, la ventola e il tubo di deflusso, Giuliano
Ferrara pensa di poterci cucinare roba da farci leccare i baffi.
«Ernesto
Galli della Loggia fa resistenza. Ammirevole. Denuncia nel Corriere
il conformismo modernista. Osteggia la parzialità facilista dei
media e dei conduttori televisivi. Sostiene che una parte degli
italiani, sul tema delle unioni civili, dell’adozione dei bambini,
della fecondazione eterologa, e su tutto il resto delle questioni
etiche maggiori, non è rappresentata e inclusa nella discussione
pubblica. Anzi è censurata. Derisa. È a rischio populismo,
costretta com’è a vivere nel disprezzo delle élites, del pensiero
dominante, mainstream»
Di
chi, la colpa? Del papato di Bergoglio, col quale sono andati a farsi
fottere «quasi
trent’anni di combattività cristiana in occidente, in particolare
idee e canoni plurisecolari sui temi della vita, delle scelte di
responsabilità nella cellula sociale che è stata la famiglia, del
tough love, dell’amore come testimonianza adamantina di fiducia nel
futuro, in un’idea di umanità non astratta, non desiderante, non
impiccata alla logica esaltante e ruffiana dei “diritti”. Una
lunga guerra culturale, che era di interesse primario anche per
posizioni laiche non secolariste, è finita: ed è finita con la
resa».
Stessa fetida
gromma, però inondata di spezie e leziosamente guarnita. Ma qui,
volendo scendere nel dettaglio, il rischio sarebbe ancora quello di
cedere all’eccesso
di analogia,
metafora e allegoria. Stop, mi taccio.