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Dalì a Milano: una Mostra tra Sacro e Profano

Creato il 22 novembre 2012 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Dalì a Milano: una Mostra tra Sacro e Profano

Se siete a Milano o avete in programma di andarci a breve, fino al 15 dicembre non potete mancare un appuntamento che merita assoluto risalto e che per di più è a ingresso libero. La Fondazione Metropolitan per l’Arte e la Cultura presenta infatti la mostra Salvador Dalì – Piacere e complessità di un genio – Capolavori scultorei tra marmi e affreschi. L’esposizione di sculture originali in bronzo del genio catalano è arricchita da un’affascinante e curata selezione di opere grafiche, il tutto realizzato fra gli anni sessanta e settanta. Ma perché “tra marmi e affreschi”? Perché il suggestivo spazio in cui è allestita la mostra è la chiesa sconsacrata di San Paolo Converso, nel centro storico di Milano – precisamente in Corso Italia all’angolo con Piazza Sant’Eufemia: a pochi passi dal Duomo. C’è bisogno di specificare con attenzione la localizzazione di questo posto, perché fa parte di una serie di luoghi pittoreschi e interessanti della città di Milano, di cui paradossalmente a stento ci si accorge: vuoi perché sono meno noti di altri, vuoi perché si trovano in aree di transito del frenetico traffico cittadino delle ore di punta e che invece, dopo il rientro dal lavoro, diventano pressoché deserte. Questa bellissima chiesa – viene da dire “purtroppo” sconsacrata, ma per fortuna eventi come questo la pongono al centro della giusta attenzione – meriterebbe una visita a prescindere dall’illustrissimo ospite le cui opere sono accolte in un pregevole mix, intrigante e di indiscutibile interesse. Quindi, prima di addentrarci in un excursus dei pezzi daliniani qui presenti, è doveroso esporre le caratteristiche salienti della chiesa di San Paolo Converso che, assieme al monastero sul retro, risale al 1549. La bella facciata presenta statue, altorilievi, colonne e decorazioni di granito. All’interno sono visibili splendidi affreschi, fregi, cornicioni, nonché eleganti balaustre barocche aggiunte successivamente. Nel 1808 la chiesa venne sconsacrata durante il periodo della furia iconoclasta dell’epoca napoleonica, mentre dagli anni sessanta, come mi racconta Daniela Locatelli intanto che mi illustra gli spazi allestiti, l’ottima acustica del monastero è stata sfruttata adibendolo a studio di registrazione in cui hanno inciso anche Maria Callas e Mina per l’etichetta La voce del padrone. Nel 1995 su decreto del Cardinal Martini la chiesa e il monastero sono stati adibiti ad uso profano e dati in gestione alla Fondazione Metropolitan, che li ha trasformati in spazio polifunzionale per eventi culturali e altre manifestazioni.

una immagine di Cristo di San Giovanni della Croce Gala gradiva e Perseo Foto di Fabrizio Bini 620x465 su Dalì a Milano: una Mostra tra Sacro e Profano

Soltanto adesso, dopo che abbiamo capito dove ci troviamo, possiamo iniziare il nostro percorso: scelgo di partire dal retro, per cominciare subito in bellezza ammirando una delle forme espressive a cui il genio di Dalì ha dedicato tanta della sua versatilità: le opere grafiche. Si parte con la Tauromachia surrealista (1966): sette incisioni a puntasecca in cui nel tema già caro a Picasso e Goya della tauromachia, simbolo della Spagna, convergono ossessioni, invenzioni, provocazioni ed elementi dell’iconografia daliniana come i teschi, dai quali si apre un cassetto (“Tauromachia nel cassetto”), che in Dalì è simbolo di conoscenza. Della stessa serie fa parte anche una delle più suggestive incisioni presenti in sala: “Pianoforte sotto la neve”. Molto significativa è poi la serie Après 50 ans de Surrealisme (1974): dodici incisioni a puntasecca acquerellate a mano, tutte legate ad altrettanti momenti storici della vita di Dalì. Fra queste, “Dio, il Tempo, lo Spazio e il Papa”; e ancora, “La schiena divina di Gala”, dove assieme a uno scheletro, elemento spesso presente in queste grafiche, l’eclettico artista raffigura anche uno dei suoi celebri orologi molli.

una immagine di Don Chisciotte seduto Foto di Fabrizio Bini 620x826 su Dalì a Milano: una Mostra tra Sacro e Profano

Da menzionare anche “Gettato come uno scarto dai grandi mostri”, in cui il grande catalano rappresenta la sua esclusione dal movimento dei Surrealisti, con un ulteriore riferimento al simbolo dei cassetti. Rilevante è “Il Grande Inquisitore espelle il Salvatore”, dove quest’ultimo (che in spagnolo è “Salvador”, cioè Dalì stesso! Non solo, dunque, un omaggio al suo rapporto con la fede) è raffigurato da una giraffa in fiamme, anch’essa immagine ricorrente, qui gettata da una torre. La profondità delle tematiche e della loro stessa resa visiva nelle opere del genio spagnolo si coglie bene, ad esempio, in “Freud con la testa di lumaca”: Dalì era un seguace delle teorie freudiane, e qui ritroviamo ancora il cassetto, oltre alla stampella, simbolo di sostegno, e a una lingua che è pure una cascata, a testimoniare come l’artista si abbeverasse alla fonte della dottrina freudiana. Durante la mia visita ho incontrato Pietro Marchetti, che ha organizzato tutte le mostre di scultura di Dalì e mi ha spiegato che questa ospita opere originali che sono state esposte in eventi itineranti in Italia e all’estero.

una immagine di Hippies Woman in the Waves 620x851 su Dalì a Milano: una Mostra tra Sacro e Profano

Marchetti aggiunge che tutte le incisioni e le sculture qui esposte sono in vendita a prezzi decisamente competitivi (ad esempio, circa 2000 euro per un’incisione), specificando che si tratta di opere numerate e limitate, con certificato di autenticità e pubblicate sui cataloghi ragionati delle stampe di Dalì. È sempre Marchetti a raccontarmi il curioso aneddoto che si cela dietro l’incisione “Ingresso eclatante sul podio americano”, che mostra una vetrina in frantumi con ossa, teschi e croci. L’opera si riferisce infatti a quando Dalì, irato per i cambiamenti apportati alla vetrina di un negozio di New York che egli aveva allestito il giorno prima, finì per cadervi addosso, rompendola e catapultandosi in strada. Questo episodio fu ripreso anche dalla stampa giapponese, facendo avverare quanto Dalì aveva predetto il giorno prima sulla sua avventura americana: «Domani tutto il mondo parlerà di me». La sua eccentricità era dovuta anche a uno dei suoi credo: per dimostrare di essere, di esistere, bisogna mostrarsi, ergo apparire.

una immagine di Hippies Corridoio di Kathmandu 620x851 su Dalì a Milano: una Mostra tra Sacro e Profano

È poi la volta delle undici incisioni a puntasecca Hippies (1969-70), dove esprimendo un’idea di comunità sia religiosa sia sociale, l’artista di Figueres mescola sacro – molto spesso anche orientale – e profano col filo conduttore di libertà, indipendenza e trasgressione conquistate in quel periodo storico. Esempi di questa varietà sono “Corridoio di Kathmandu”, “La pagoda”, “La Cosmonauta”, un “Nudo con giarrettiera” impreziosito da rose rosse, “Santiago de Compostela” che ospita anche Don Quijote a cavallo, ancora delle rose e suonatori con ali d’angelo. Un altro angelo alato mostra l’interessante commistione di sacro orientale e occidentale in “La mucca sacra”. Ci sono poi “Il sole” e il personaggio che dà il nome alla serie: “Il vecchio hippy” con un ampio cespuglio di capelli ricci, un bastone quasi da santone, dei suonatori, una vacca e un elefante indiano. Molto bello è infine “Donne-Fiore al pianoforte”, con corpi sinuosi e teste composte da fiori variopinti. Le ultime opere grafiche che qui mostrano la visionarietà delle immagini surreali e oniriche create da Dalì sono le venticinque litografie in bianco e nero Gargantua e Pantagruel (1973) ispirate ai testi di Rabelais. In esse, l’artista spagnolo si rifà all’immaginario di Hieronymus Bosch nel raffigurare l’universo stravagante, crudo e allucinato dei due giganti e delle loro avventure. In un’esplosione di sensi, i bisogni fisiologici sono rappresentati da elementi come lingue più o meno grandi su varie posate, riferimenti – espliciti o camuffati – a varie altre funzioni corporali, animali e rimandi religiosi che a tutto questo profano aggiungono il sacro di figure papali che affrontano figure demoniche.

una immagine di Gargantua e Pantagruel 620x881 su Dalì a Milano: una Mostra tra Sacro e Profano

Giunge quindi il momento di osservare da vicino le sculture bronzee nella chiesa, che costituiscono parte della produzione daliniana dal 1973 al 1976 e appartengono alla Collezione di Isidro Clot, che le commissionò a Dalì. Le sculture sono di diverse dimensioni, come Uomo su delfino (1973), in bronzo patinato, alta circa 2 metri. Ci colpisce molto l’affascinante mix che si crea fra una scultura come questa, che precisamente è una “edizione monumentale”, e il vicino presbiterio della chiesa, intatto e ricco di colori. Ammirare i bronzi di Dalì con lo sfondo dei bellissimi dipinti sacri realizzati nel Cinquecento dai fratelli Campi, diventa quasi naturale, pur nella sua insolita straordinarietà. Emerge subito, infatti, la cifra stilistica di queste sculture, caratterizzate da innumerevoli riferimenti mitologici, simbolici, letterari, artistici. Celebri esempi sono Donna nuda che sale la scala – omaggio a Marcel Duchamp e Hermes-Mercurio, in cui si ripropone il simbolo della stampella. Fra i pezzi più emozionanti ci sono senza dubbio un intenso Don Chisciotte seduto, in cui l’eroe di Cervantes legge pensieroso, e Perseo – omaggio a Benvenuto Cellini, che riprende il semidio con la testa di Medusa, sopra un capitello ionico. C’è poco da raccontare o spiegare: l’emozione di fronte a queste opere è forte ed è tutta da provare. Meglio dunque non farsi sfuggire questa mostra che ci permette di entrare in un emozionante contatto con una parte della sterminata opera di uno dei più grandi maestri che il mondo dell’arte abbia mai conosciuto.

una immagine di Perseo omaggio a Benvenuto Cellini Foto di Fabrizio Bini 620x826 su Dalì a Milano: una Mostra tra Sacro e Profano

Salvador Dalì. Piacere e complessità di un genio

Fondazione Metropolitan – Spazio San Paolo Converso

Milano, dal 22 ottobre al 15 dicembre 2012

Orari: dalle 15 alle 20 (dal lunedì al sabato)

Per informazioni: Tel. 02 860414 – Per appuntamenti riservati: 338 7309755

 

Si ringraziano l’ufficio stampa nella persona di Daniela Locatelli, che ci ha gentilmente fornito le tre immagini dedicate alle incisioni, e Pietro Marchetti

Le foto realizzate allo Spazio San Paolo Converso sono di Fabrizio Bini – in copertina il presbiterio della chiesa con ai lati le due sculture alte 2 metri: Uomo su delfino (a destra) e Guerrier triomphant – Cheval monté qui broche

 


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