Certo Cameron non si è fatto scoraggiare da questo piccolo intoppo, dà per scontato che un prezzo ci sia, tanto che è stata messa in piedi una Commissione per il Capitale naturale, una Ecosystem Markets task force ed è stata creata tutta una nuova nomenclatura ad hoc: l’ambiente naturale ora si chiama “capitale naturale”, i suoi processi “servizi ecosistemici” , colline, foreste e bacini fluviali sono denominati “infrastruttura verde” , la biodiversità è chiamata “asset class” con un valore, un prezzo e dunque una scambiabilità all’interno di un “mercato di ecosistema”. La radice di questa delirante idea la si è potuta vedere all’opera qualche decennio fa quando si cominciò a discutere di acqua: dal momento che si trattava di una risorsa sempre meno abbondante era necessario risparmiarla. Come? Facendola diventare da bene pubblico a bene di mercato: il prezzo era l’arma segreta per far diminuire i consumi.
Naturalmente questa politica ha arricchito a dismisura le multinazionali dell’acqua e non ha fatto diminuire per nulla i consumi che invece sono schizzati verso l’alto: è stato solo un esproprio. Ma adesso vediamo lo stesso schema di ragionamento: la natura non viene considerata come un valore commerciale, dandole invece un prezzo si stimolerà la sua protezione. E come è successo per l’acqua non è altro che il preambolo per una massiccia, delirante svendita di beni comuni, come del resto di evince dalle ipotesi a cui perviene l’ Ecosystem Markets task force: cioè l’emissione di bond e di altra robaccia del genere.
Naturalmente questo implica che terreni, paesaggi, corsi d’acqua, montagne e quant’altro possano essere sfruttati per ciò che rende maggiormente, non per il loro valore rispetto alla nostra vita, alla nostra fantasia e al nostro benessere. E soprattutto su di essi si estinguerà ogni possibilità di controllo democratico. Non solo, ma è un piano assolutamente suicida, perché non tiene in considerazione i legami e il feedback tra i vari ecosistemi, portando a un vero e proprio massacro dell’ambiente e degli uomini che sono così pazzi e così scemi da farsi scippare la vita dalla cieca avidità altrui.
Naturalmente la mia speranza è che gli ometti ottusi come Cameron vadano all’inferno prima che possano portarci all’inferno. Ma è abbastanza chiaro che una vicenda come quella dell’Ilva e gli alti lamenti del governo per le decisioni di chiusura hanno molto a che fare con tutto questo: il valore dell’ambiente di Taranto è inferiore al valore prodotto dal complesso siderurgico e parrebbe di credere assai inferiore al valore dei profitti di Riva. Ma non solo: il profitto ha più valore della forma più immediata di ambiente che è il nostro corpo. Per questo complesso di ecosistemi individuali e generali, il prezzo migliore è quello dell’acciaieria.
Questo è il mondo che ci stiamo fabbricando.
Piccola bibliografia
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DEFRA, luglio 2011. Biodiversità compensazione: principi guida per la biodiversità
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