Sul blog mi occupo di letteratura araba contemporanea ma anche delle pubblicazioni uscite in italiano sulle rivolte arabe, come potete leggere a questo link, dove trovate una bibliografia che cerco di tenere il più aggiornata possibile. Perchè lo faccio, l’ho spiegato qui.
La primavera egiziana e le rivoluzioni in Medio Oriente comincia con un lungo in viaggio in treno diretto in Iran, che Giuseppe Acconcia prende a Damasco nel 2009: é un treno frequentato da pellegrini iraniani andati in visita alle moschee siriane sciite, che fanno ritorno nella loro Iran.
Il paese all’epoca era attraversato dalla cosiddetta Onda verde, un movimento trasversale di protesta composto da studenti, intellettuali e opposizione riformista, sceso in piazza contro il Presidente Ahmadinejad, appena rieletto e accusato di brogli elettorali. È proprio nelle proteste iraniane che Giuseppe Acconcia, giornalista e ricercatore specializzato in politica del Medio Oriente e del Nord Africa, legge i prodromi di quelle rivolte che, di lì ad un anno e mezzo dopo, sarebbero scoppiate in Tunisia, in Egitto e in molti altri paesi del mondo arabo. Il confronto in Iran, ricorda l’autore, si era chiuso con la vittoria dei conservatori, ed è proprio da questo filo interrotto che i giovani delle piazze arabe avrebbero cominciato il proprio cammino rivoluzionario.
Tra diario di viaggio e cronaca giornalistica rigorosa e dettagliata, il libro rappresenta una utile e documentata introduzione all’argomento delle rivolte arabe, nonchè un’analisi approfondita delle dinamiche sociali e politiche che hanno portato l’Egitto alla rivoluzione.Alla prima definizione appartengono senza dubbio i primi capitoli sull’Iran (il variopinto viaggio in treno mi ha ricordato molto un bellissimo reportage fotografico sul Medio Oriente, dal titolo Gerusalemme perduta, con parole di Paolo Rumiz e immagini di Monica Bulaj, che avevo letto tanti anni fa) e sull’Egitto pre-rivoluzione:
Le notti prima della Rivoluzione passavano tra disincanto e assuefazione. Si tentava di non pensare alla politica e di vivere la bellezza di una città così diversa dalle altre. Tutti i giovani erano però sempre in allerta e pronti a scendere in piazza nel momento propizio.
Lasciato l’Iran infatti, l’autore si reca in Egitto, al Cairo, dove poco dopo si ritrova nel mezzo di una rivoluzione, in quei gloriosi 18 giorni dell’inizio del 2011 che avrebbero deposto il faraone Mubarak.
Costretto a tornare in Italia nel periodo in cui per le strade del Cairo si era accesa la caccia agli stranieri, soprattutto giornalisti, dopo poco tempo Acconcia sente l’esigenza, urgente e impellente, di fare ritorno nella capitale egiziana, per finire di riannodare i capi di un discorso solo appena cominciato, e che continua ancora a srotolarsi incessante.
Il racconto egiziano viene alternato con una breve parentesi dedicata a quanto, in quel momento, stava avvenendo in Siria, Libia, Yemen e Tunisia. Per ricordare al lettore come le rivolte nei paesi arabi si siano verificate quasi in contemporanea, ma anche come ogni paese debba essere analizzato alla luce delle proprie specificità sociali e politiche.
Tuttavia il focus del libro resta su quel paese a metà tra Maghreb e Medio Oriente, centro del mondo arabo-islamico, e su quella rivolta che viene definita allo stesso tempo: giovanile, liberale, islamica, militare e culturale. L’autore incontra e intervista i protagonisti di piazza Tahrir, cuore e simbolo dell’Egitto durante la rivoluzione: blogger, attivisti, semplici cittadini, rappresentanti dei Fratelli Musulmani, poeti e scrittori come Foad Nigm e Alaa al-Aswani.
La cronaca, sempre più intensa e stringata con l’incalzare degli eventi, si ferma all’inizio del 2012, un anno dopo lo scoppio della “primavera egiziana”. Il Cairo e l’Egitto sono già cambiati per sempre: con la rivolta sono esplosi fermenti culturali come la pop culture dei graffiti e del rap, ma si è anche appesantito quell’abbraccio iniziale dato dai militari ai rivoluzionari di Piazza Tahrir, che già dall’estate del 2011 si è trasformato in un abbraccio mortifero e opprimente. Come dice il blogger egiziano Wael Abbas intervistato dall’autore: “L’esercito, che avrebbe dovuto essere neutrale, non ha fatto nulla per porre fine alle violenze”.
Il dopo-rivoluzione, ovvero una travagliata transizione democratica, è ancora in divenire. E se le manifestazioni iraniane sono state la molla da cui tutto è scattato, non è detto, sostiene l’autore, che non sia proprio l’Iran ad arrivare per primo ad ottenere un sistema democratico compiuto. Le elezioni presidenziali iraniane sono d’altronde alle porte.
La primavera egiziana e le rivoluzioni in Medio Oriente, di G. Acconcia; introduzione di M. Cirri, postfazione di V. Nigro; Infinito edizioni, 2012, pp. 157, Euro 13,00.
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Giuseppe Acconcia è un giornalista e ricercatore specializzato in Medio Oriente. Collabora con testate inglesi, egiziane e italiane, tra le quali Il Manifesto. È laureato in Economia politica all’Università Bocconi di Milano con tesi sul movimento riformista iraniano. Ha conseguito un Master in Middle Eastern Studies alla School of Oriental and African Studies di Londra e ha collaborato con vari istituti di ricerca italiani e egiziani, tra i quali Al-Ahram.
Potete seguirlo su Twitter, o sul blog che cura regolarmente per Il Manifesto, Street Politics, dove si occupa di Iran e Nord Africa.
Giuseppe sarà a Roma giovedì 30 maggio per partecipare all’evento: “LA RIVOLUZIONE LONTANO DA PIAZZA TAHRIR”: Presentazione del documentario “Lontano da Tahrir” di Ernesto Pagano e Lorenzo Cioffi e del libro fotografico “Revolutionary People” di Francesca Leonardi con testi di Pamela Cioni. Oltre agli autori intervengono: Valeria Brigida (giornalista e autrice del libro “Horreyya, la rivoluzione delle donne egiziane”), Giuseppe Acconcia (giornalista, esperto di Medio Oriente).
Appuntamento giovedì 30 maggio 2013 ore 18.30/Nuovo Cinema Palazzo, Piazza dei Sanniti 9/A (zona san Lorenzo).