Un viaggio che parte dai robot futuristi fino al cyborg, ibrido genetico e modello estico attuale.
Macchine e uomini. Due poli di una relazione che è sempre prolifica di nuovi interrogativi. Film, libri, fumetti analizzano questa continua compenetrazione, dove il limite tra natura e cultura è continuamente sfumato e incerto. La nostra quotidianità ci dimostra costantemente quanto il nostro rapporto con la tecnologia sia sempre più sinergico. I cellulari, o meglio gli smart phone, sembrano essere diventati vere e proprie appendici del nostro corpo. La bio-tecnologia procede verso l'assimilazione di tecnologie sottocutanee, bios e cyber, due concetti che insieme sembrano ossimorici si intersecano, in un legame ricco di prospettive fantasiose e di traguardi incerti. Eppure quando parliamo di robot, di cyborg non può non balenarci un sorrisetto malizioso sul viso. Si, certo certo, ora mettiamoci pure a pensare che tra vent'anni tutti saremo metà robot e che terminator verrà in mezzo a noi!!! Eppure queste idee entusiastiche o pessimistiche che in qualche modo legano l'uomo alla macchina, alla tecnologia, le idee di ibridazione biologica sono intorno a noi. Forse la parola ci fa ancora sorridere, ma questa immagini ci circondano, impregnano il nostro mondo e dominano la nostra estetica contemporanea. Non sono fulmini a ciel sereno, ma permeano la nostra cultura da decenni nonostante trasmutino sotto differenti spoglie.
Fin dalle prime mosse del futurismo, Marinetti aveva elaborato le sue teorie dell’arte meccanica e le proiezioni immaginarie dell’uomo macchina. “Noi crediamo alla possibilità di un numero incalcolabile di trasformazioni umane, e dichiariamo senza sorridere che nella carne dell’uomo dormono le ali”[1]. Nel romanzo Mafarka, nel 1909, Marinetti immagina un re africano che riesce nell’impresa di fabbricare da sé un figlio meccanico, frutto di pura volontà. Queste idee si collegano nel pensiero futurista, all'interpretazione della filosofia di Nietzsche dell’oltre-uomo, un essere capace di andare al di la dell’uomo diventando un nuovo essere. Le macchine infatti riescono ad aumentare le capacità umane ed a moltiplicare l’uomo, a questo proposito Fedele Azari, nel manifesto Per una Società di Protezione delle Macchine, scrive: “La macchina ha arricchito la nostra vita, la macchina ha moltiplicato la nostra esistenza, la macchina ha distrutto le distanze, la macchina ha aumentato il nostro tenore di vita”[2] ed ancora “La macchina essere vivente. Noi già sentiamo in questi primi esseri della generazione futura, non solo l’innegabile principio di vitalità ma anche un embrione di vita-istinto e di intelligenza meccanica, proiettate in essi dall’inventore che le creò ma che diventano quasi autonome appena la macchina comincia a muoversi ed operare per conto proprio sia pure sotto la guida e il freno dell’uomo”[2]. La macchina diventa nel futurismo il simbolo della perfettibilità, dell’immortalità, “l’uomo moltiplicato che noi sogniamo, non conoscerà la tragedia della vecchia!”[3], ed ancora “noi aspiriamo alla creazione di un tipo non umano e meccanico, costruito per una velocità onnipresente”[3], scrive Marinetti nell’opera L’uomo moltiplicato e il Regno della macchina. Questa visione si realizzava ad esempio nei dipinti di Severini sul tema del Tango, nella macchina Compositrice di Balla o nei pupazzi plastici di Depero.
Nel primo dopoguerra il tema viene sviluppato dai vari artisti in modo molteplice, ogni artista leggeva le compenetrazioni tra la natura meccanica e quella umana secondo la propria sensibilità. In generale esaltante o angoscioso che fosse, il tema dell’identificazione dell’uomo con la macchina percorse tutto il movimento, lasciando molteplici segni, ma non si limitò a questo. Rappresenta infatti una tematica che arriva ai giorni odierni ed attraversa quindi tutto il ‘900. Nel 1920 Marinetti pubblica in italiano il dramma Elettricità sessuale, nel quale un uomo ed una donna si sdoppiano in due robot elettrici. Sempre nel 1921 Andrè Deed realizza il film L’uomo meccanico creando forse la prima rappresentazione al cinema del tema del robot. Riprendendo le idee espresse da Marinetti, egli realizza uno dei primi film di fantascienza, contribuendo in modo significativo alla nascita di questo genere cinematografico. Nella produzione si vede come la macchina permette il superamento della dimensione umana, alla fine anche lo scontro tra il bene ed il male viene impersonato da due enormi robot che lottano. Il tema invade anche i filmati comici, ad esempio nello sketch del 1921 di Fortunello, rappresentato da Petrolini già nel 1914, molto vicino alle tematiche futuriste, si vede la macchietta dell’uomo meccanico, il cui cappello era costituito da un camino di locomotiva che sbuffava in continuazione, attraverso gli abiti di scena si creavano i primi ibridi umani. Tuttavia è nei balletti meccanici che il tema dell’uomo macchina trova la maggior rappresentazione. Sul palco il corpo-macchina non rappresenta solo la scommessa di una nuova estetica, ma è l’illustrazione della necessità di ridefinire l’uomo all’interno della società industriale. I balletti meccanici trasformano il corpo-macchina nella vacillante proiezione di un sogno di potenza accompagnato però da risa. Essa al contempo è burattino e superuomo. Tuttavia queste opere mostrano chiaramente come l’uomo moderno non possa fare a meno della macchina. Nel Balletto meccanico futurista del 1922, di Paladini e Panneggi, si mostra come il protagonista fonda in se la parte umana e quella meccanica, che sono al contempo complementari ed opposte. Rappresenta un uomo del futuro ambivalente che umanizza la macchina e sovverte la dimensione umana per identificarla con lo splendore incorruttibile della macchina. Sempre in questi anni, più precisamente nel 1926, nel film Metropolis Fritz Lang (fortemente collagato all’espressionismo tedesco coevo che ne domina il linguaggio, si collega certamente anche all’avanguardia futurista e si pone in continuità nella tematica dell’uomo macchina) fa un passo oltre mostrando come i robot possano assumere la forma umana arrivando così ad un ulteriore punto di connessione di queste due realtà.Tuttavia queste visioni rimangono a lungo casi isolati. Negli anni ’50 l’idea di robot umanoidi, alias androidi o replicanti fanno capolino nei racconti di Asimov e qualche anno dopo in quelli di Dick, tuttavia raggiungeranno l’apoteosi celebrativa nel 1982 con l’uscita di Balde Runner ed attraverso le produzioni CyberPunk. Prima di questo film infatti i cyborg, nell’ambiente cinematografico, avevano ancora un aspetto che li apparentava molto ai robot, goffi e vagamente antropomorfi. Erano ancora la ripresa iniziale di quelle idee che immaginavano una possibilità di unire realtà umana e meccanica. Sempre alla soglia degli anni ‘80, anche il mondo dei fumetti risentiva di queste influenze. Particolarmente interessante fu l’opera Ranxerox di Stefano Tamburini, il protagonista infatti è un robot creato attraverso l’assemblaggio di parti di fotocopiatrici, ma dall’aspetto totalmente umano. Da qui lo sviluppo dell’idea del cybor arriva fino a noi passando dalle prime sperimentazioni dove i processi di fusione risultavano imposti (come nel fumetto appena citato o in Robocop o Terminator) ad una visione più naturale dell’innesto, più spontanea e dalla elettromeccanica, rappresentata anche dai futuristi, alla genetica.
Blade Runner introduce l’idea di cyborg, il cui corpo si integra con la tecnologia non per operazioni chirurgiche o di produzioni ad alta tecnologia, ma per un risultato spontaneo di un processo sociale, di una particolare configurazione del flusso comunicativo. Anche in Videodrome di David Cronemberg, nel 1983, l’ibridazione uomo-macchina deriva da un processo “spontaneo”. La società attraverso i nuovi media genera l’ibrido direttamente nella sua quotidianità, durante il canonico funzionamento. Attraverso un segnale, appunto il Videodrome, che si insinua clandestino ed a bassa frequenza nasce la dimensione mista antropo-tecnologica.
Essenzialmente quindi il cyborg rappresenta l’essere potenziato ed in queste produzioni il processo diventa naturale, spontaneo, come uno stadio evolutivo, in questo senso si pone in continuità con le idee dei futuristi di corpo-meccanico e “superuomo”. Questo concetto è fondamentale nella nostra contemporaneità dove le possibilità tecnologiche che rendono possibile l’assemblaggio di parti artificiali e naturali, non riguardano pure fantasie, ma la quotidianità. Le protesi costituiscono infatti una sostituzione di “normali” funzioni mancanti all’interno del corpo, permettendo quindi possibilità “normali” e non potenziate. Si assottiglia decisamente il confine tra umano e post umano, ma rimane una differenza tra cosa considerare ancora totalmente umano e cosa invece un cyborg. Esso non è il frutto di assemblaggio, ma si ibrida anche senza l’invasione di corpi esterni attraverso manipolazioni e programmazioni sul codice genetico, assume quindi un “interfaccia genetica” come nello stesso Videodorme, nel Neuromante di William Gibson o in eXistenZ del 1999 di Cronemberg. In quest’ultimo troviamo un gioco artificiale vivo a cui si accede connettendovisi tramite un Game-Pod fatto di carne sintetica ed una Bioport innestata nella spina dorsale dei giocatori, che quindi diventano un umano modificato, un cyborg. Questa connessione è a livello neuronale e permette una simbiosi tra uomo e gioco nel quale egli ha infinite possibilità ed è uguale a se stesso ma “potenziato”.
Come già detto questa è una tematica molto attuale ed ancora in evoluzione in svariati campi. Sicuramente la cinematografia rappresenta un terreno fertile ma non mancano tracce ed influenze nella letteratura, nei fumetti ed anche nella moda, faremo quindi qualche esempio recente.
Nel film giapponese Tetsuo-the bullet man di Shinya Tsukamoto, del 2009, il protagonista, Anthony, dopo la morte per assassinio del figlio Tom subisce nel giro di poche ore una trasformazione che lo muta in una potentissima arma distruttiva. La metamorfosi si scopre essere dovuta ad esperimenti eseguiti su Anthony da piccolo volti alla creazione di esseri perfetti, metà umani e metà artificiali. La trasformazione si innesca ed emerge da sotto la pelle del protagonista, non attraverso innesti esterni, come un processo naturale di fortificazione del soggetto in seguito al lutto. Questo caso si relaziona al discorso evolutivo fatto sul cyborg. Si ritrova quindi un legame anche se frutto di un evoluzione che ha inserito una molteplicità di altri elementi con l’idea dell’uomo che si potenzia attraverso la tecnica già espressa agli albori nel futurismo. Nel film Io Robot di Alex Proyas del 2004 le macchine si rendono antropomorfe e sembrano rappresentare l’intelligenza artificiale al servizio dell’uomo sognata da alcuni futuristi, vivono in simbiosi con gli umani e ne moltiplicano le possibilità. Certamente lo sviluppo successivo del film si stacca e risente di quella paura diffusa che agli albori era solo uno spettro, anche se comunque presente, di una degenerazione del potere della macchina, che prende il sopravvento per differenti motivi, in questo caso eccessiva protezione.
Questa ibridazione fa capolino anche nel mondo dello spettacolo, il video Bad Romance di Lady Gaga offre differenti spunti in questo senso (anche se non è il solo dato che tali tematiche si ritrovano in molti dei suoi videoclip). Un primo elemento rimanda sicuramente ai balletti meccanici, le ballerine trasmutano attraverso i movimenti ed i costumi in una sorta di cyborg/androidi. Si inserisce l’idea del mostro in relazione anche alla tematica della chirurgia plastica e la modificazione artificiale del corpo, i risultati della mutazione infatti non hanno più volto sembrano ibridi trasmutati geneticamente, dalle movenze meccaniche, gli abiti plastici, metallici, mobili e trasformabili.
Quella che inizialmente era l'idea di una fusione meccanica di uomo e macchina, si è evoluta nel '900 fino ad arrivare a noi sotto le spoglie di un ibrido biotecnologico, che quasi non riconosciamo più come non umano. L'idea del cyborg, dell'individuo che supera il livello biologico attraverso la tecnologia, seppur inconsciamente, è già assodata nella nostra cultura, celata sotto un'estetica futurista, la chirurgia plastica e gli interventi medici. Insomma, forse i cyborg sono già in mezzo a noi o forse siamo noi, forse dobbiamo solo smettere di immaginarli come un esercito di Agenti Smith e pensarli un pò più simili a noi, perchè, probabilmente, è proprio così.
Note:
[1]_F. T. Marinetti, L’Uomo moltiplicato e il Regno della Macchina, 1910.
[2]_F. Azari, Per una Società di Protezione delle Macchine, 1927.
[3]_F. T. Marinetti, L’Uomo moltiplicato e il Regno della Macchina, 1910.