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Dalla diversità all'Unità. II parte: il ruolo della lingua italiana

Creato il 27 febbraio 2011 da Natale Zappalà
Nel corso del Risorgimento, la lingua italiana venne percepita dai patrioti come l'elemento distintivo di quella serie di presupposti teorici sui quali si fondava l'idea di nazione coniata dai romantici: comunanza di idioma, stirpe e cultura all'interno di uno spazio geografico coerente.Dalla diversità all'Unità. II parte: il ruolo della lingua italianaLetterati come il Foscolo o il Manzoni si consideravano, infatti, diretti eredi di quel secolare filone di artisti che avevano scelto di comporre le proprie opere nella lingua di Dante, Petrarca, Boccaccio, Ariosto, Machiavelli, Guicciardini o Tasso. La lingua italiana era dunque identificata come il vero e proprio veicolo di diffusione della koiné culturale comune, un principio sempre vivo fra gli intellettuali peninsulari, che comincia ad essere riaffermato con vigore dagli illuministi milanesi della fine del '700.Si trattava, tuttavia, di un'interpretazione riduttiva e distorta della realtà – in cui è caduto, di recente, persino un personaggio straordinario come Roberto Benigni, nel corso del suo monologo sanremese –, soprattutto perché, ancora durante il Risorgimento, la stragrande maggioranza della popolazione che poi divenne italiana si esprimeva in una miriade di parlate locali (ha senso parlare di "dialetti", solo quando viene riconosciuta l'esistenza di una lingua ufficiale).In secondo luogo, l'italiano consisteva essenzialmente in una lingua letteraria, utilizzata cioè dagli artisti in virtù di scelte legate alla tradizione o all'estetica. Né, d'altro canto, tale lingua letteraria si presentava in maniera uniforme: il mistilinguismo dantesco differiva sostanzialmente dal fiorentino "illustre" di Petrarca e Boccaccio – risulta emblematico che l'autore della Divina Commedia considerasse "impuro" il volgare fiorentino, preferendogli, nella rassegna degli idiomi elencati nel De Vulgari Eloquentia, il siciliano dell'omonima scuola duecentesca o il bolognese di Guinizelli –, così come il "fiorentino vivo" di Machiavelli si discostava profondamente dai canoni suggeriti poi da Pietro Bembo. In altri termini, poeti e romanzieri, sino al XIX secolo, se si adeguavano ai modelli estetici maggioritari, Petrarca per la poesia e Boccaccio per la prosa, sceglievano di comporre le proprie opere sulla base di una lingua arcaica e non più parlata correntemente, come se uno scrittore reggino odierno scrivesse in greco di Calabria. Una lingua letteraria, inoltre, si adattava difficilmente a descrivere discipline diverse da quelle artistiche: così, Galilei dovette inventarsi svariati neologismi, da cannocchiale a candore, per divulgare le sue rivoluzionarie scoperte scientifiche.Dalla diversità all'Unità. II parte: il ruolo della lingua italianaDel resto, la lunga durata della cosiddetta "questione della lingua", ossia l'incontro-scontro fra le molte proposte relative alla natura e alla norma della lingua italiana comune, non fa che confermare – analogamente al caso dell'idea di nazione italiana, trattato nel primo capitolo della nostra mini-serie di articoli dedicati al 150° anniversario dell'Unità  – le origini complesse e diversificate dell'idioma in questione.Ancora nel corso del Risorgimento, solo quella minoranza di persone che avevano la possibilità di istruirsi – nobili, chierici, uomini di legge e tutti coloro che potevano permettersi gli studi – riuscivano a padroneggiare la lingua italiana. I protagonisti stessi del processo di unificazione nazionale stentavano ad esprimersi in italiano: da Garibaldi a Cavour e Vittorio Emanuele II, con questi ultimi che solevano utilizzare quella che, allora, era la vera e propria parlata internazionale delle corti europee, il francese.La scolarizzazione di massa e, soprattutto, la rivoluzione mediatica (radio, cinema e televisione) del XX sec. sono stati gli strumenti di diffusione capillare dell'italiano alla totalità dei cittadini; ma non prima di secoli e secoli di varietà, sperimentazioni e cambiamenti graduali, i quali hanno trasformato un idioma poetico ed elitario nell'organica parlata maggioritaria di oggi.

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