Dalla Exodus alla Estelle: storie di sbarchi mancati

Creato il 21 ottobre 2012 da Sirinon @etpbooks

L’11 luglio 1947 la nave Exodus (il cui nome completo pare che fosse Exodus 1947) salpò dal porto di Sète, vicino a Montpellier dirigendosi verso la Palestina a quel tempo sotto il mandato britannico in base alle disposizioni del piano stabilito dall’ONU per la destinazione e spartizione di quei territori.

Al tempo infatti, lo Stato di Israele non esisteva. Sarebbe sorto l’anno successivo, nel 1948.

La Exodus con circa 4.500 ebrei che in forma clandestina, cioè non autorizzata dai governatori britannici, volevano andare in Palestina per contribuire alla fondazione nello Stato di Israele, la cosiddetta Terra promessa della loro storia, intraprese questo viaggio, lasciandosi alle spalle la desolante aberrazione dell’olocausto e poco più. Era un viaggio segnato anche quello e destinato al fallimento. E ciò anche in virtù del fatto che a bordo vi erano rappresentanti politici della Haganah (organizzazione clandestina nata in territorio palestinese che mirava anche con l’uso della forza, alla costituzione dello Stato di Israele).Dopo una settimana di navigazione, il 19 luglio 1947 la Exodus entra nelle acque territoriali palestinesi e viene scortata da navi inglesi nel porto di Haifa. Subisce quello che oggi le scandalizzate coscienze europee avrebbero definito un attacco.

Dopo un periodo di quarantena i passeggeri verranno poi imbarcati su tre diversi battelli ed inizialmente destinati a centri di raccolta. In realtà si deciderà di rinviarli al luogo di partenza ed il 29 luglio arriveranno al porto di Port-de-Bouc. Lì inizierà una forma passiva di rivolta per cui i passeggeri si rifiuteranno di sbarcare fino a che la Francia ufficialmente non accetterà di dare loro asilo. Solo una minima parte dei passeggeri tuttavia accetterà e gli altri, risoluti a non sbarcare, verranno trasferiti con un lungo viaggio attraverso Gibilterra fino ad un porto in Germania sull’estuario del fiume Elba dove, in base ad una operazione chiamata in codice “Oasis” verranno forzatamente sbarcati, non senza arresti e qualche ferito. Saranno poi internati in un centro di raccolta, ex campo di prigionia nazista.

La vicenda ebbe un’eco molto forte nell’opinione pubblica europea e mondiale. Lo scacco della Exodus divenne uno strumento di propaganda efficacissimo per la nascita dello Stato di Israele, molto più di quanto avrebbero potuto ottenere quei 4.500 che, se fossero sbarcati, non avrebbero potuto offrire al mondo niente altro che le loro lacrime di commossa speranza.


Oggi la Estelle.

Il paragone può apparire in parte arduo ma i punti comuni non sono pochi. La differenza fondamentale è che allora erano 4.500 disperati, reduci in buona parte dall’orrore a cercare una speranza. Oggi i loro nipoti sono divenuti i carcerieri mentre i passeggeri del battello, politicanti di varia natura.

Ieri fu un tentativo estremo e senza alternative per molti, oggi uno spettacolo organizzato il cui finale, non fa che rendere questi interventi oltremodo ridicoli oltre che, evidentemente inefficaci.

Un altro sbarco mancato. Ma stavolta tutto è andato secondo copione.

La Estelle è partita tre mesi fa dal Mare del Nord ed ha toccato nel suo viaggio-spettacolo i porti di Svezia, Norvegia, Francia, Spagna ed Italia dove si sono tenute manifestazioni, cerimonie e sono stati raccolti aiuti umanitari (non certo urgenti e necessari vista la durata della crociera). Lo scopo era politico evidentemente, mascherato da missione umanitaria. A bordo non medici né ingegneri né altri specialisti ma attivisti (generica forma di aderenti ad una idea che in funzione della stessa si reputano investiti di un incarico divino) e qualche politico che di volta in volta è salito a bordo, ivi compresi due parlamentari greci, tali Kodelas Dimitios e Diamantopoulos Evangelos che, con il daffare che avrebbero avuto in casa propria, potevano, al loro posto, inviare un poco di aiuti anziché cercare della personale pubblicità (tra l’altro neanche guadagnata). Con loro altri parlamentari dei paesi scandinavi, un canadese ed uno spagnolo, anch’egli evidentemente dimentico di qualcosa.

Mi sento avvilito da questo avvenimento. Mi sento defraudato della serietà che invece tale situazione meriterebbe. Non è con questi spettacolini che si ottengono risultati. Così non si dà una mano al popolo palestinese né si esercita pressione su alcun governo, tanto meno su un governo duro come quello israeliano. Al massimo, come è stato, si solleva un qualche interesse effimero, i partecipanti guadagnano qualcosina in pubblicità e dopo una sorta di campagna elettorale di tre mesi (tanto è durato il viaggio, contro i 7 giorni impiegati dalla Exodus!), l’epilogo non solo scontato ma anche annunciato via radio la notte precedente. Non fosse mai che qualcuno si potesse presentare all’appuntamento impreparato, senza trucco e parrucco.

Non ho dubbio alcuno nel reputare una onta per l’umanità la situazione palestinese ed in particolare di Gaza. Non ho tentennamenti nel condannare un Israele al quale evidentemente il “giorno della memoria” gliel’ha un poco fatta perdere tanto che oggi si è tolto la soddisfazione di avere il proprio campo di concentramento.

Ma sono onorato di avere tra i miei amici degli ebrei.

D’altronde Israele serve all’occidente. E serve un Israele duro, violento, spiccio nelle sue mosse. Israele è uno dei posti di frontiera dell’occidente contro l’Islam. Ed ai mastini, ai sicari prezzolati non si può chiedere due pesi e due misure. Quando ebbero bisogno per la costituzione dello stato di aiuto fu mercanteggiato il loro ruolo nello scacchiere geopolitico occidentale. E fino ad oggi hanno egregiamente assolto al proprio compito. Ed allora l’occidente gli perdona il suo immondo comportamento con i palestinesi di Gaza. Fino dagli anni sessanta ciò ha fatto parte degli accordi. Sin dalla guerra dei Sei giorni. Noi, dicevano gli israeliani, saremo i vostri pretoriani contro l’islam e voi, occidentali, non ficcate troppo il naso sui modi che utilizzeremo per consolidare lo Stato di Israele, perché così come ce lo hanno consegnato gli inglesi non ci piace. E tra missili che cadono oramai da trenta anni su quelle case, israeliane e palestinesi che siano, che significato pensate che possa avere la crociera della Estelle? Che significato può avere lo strombazzare di un battello in crociera per tre mesi con qualche sacco di cemento nella stiva contro gente che è praticamente in stato di guerra da .. sempre ovvero dal 1948? Si pensava di impressionarli o forse erano le schizzinose e fragili coscienze europee che dovevano essere traumatizzate?

Non inizia a salire l’odore del ridicolo? L’idea dello spettacolino più o meno organizzato? Della enorme perdita di tempo e di risorse? Tre mesi per portare a Gaza: 2 alberi d’ulivo,
41 tonnellate di cemento,
sedie a rotelle,
deambulatori,
stampelle,
stetoscopi ostetrici,
libri per bambini (mi auguro scritti in arabo almeno),
giocattoli,
300 palloni da calcio,
strumenti musicali,
attrezzature teatrali, soprattutto luci
radio VHF (per la navigazione),
un’ancora (per l’Arca di Gaza) [questo l’elenco riportato nel sito della Estelle]. Tre mesi per raccogliere … soltanto questo. Materiale che adesso faticheremo a capire che fine farà. Magari se fra gli israeliani vi è qualcuno che brilla un poco di intelligenza oltre che di marketing, lo consegnerà a Gaza. Con grande riconoscenza dei media. O forse senza riconoscenza. E’ più facile che non se ne sappia più nulla. Lo scandalo, quello che tutti attendevano, ovvero che la Marina Israeliana non avrebbe lasciato oltrepassare la virtuale frontiera delle acque territoriale si è compiuto.

E questo è purtroppo il modo europeo di intervenire. Quello della gente. Perché quello dei governi è ben diverso. Quelli approvano lo status quo. E poi hanno ben altro per la testa adesso con l’euro che fa acqua da tutte le parti e mezza Europa che sta per andare in bancarotta.

Questo non vuol dire abbandonare Gaza né la questione del popolo palestinese. Assolutamente no. Ma non è con queste ridicole rappresentazioni che si può dire di aver affrontato la questione con serietà. Né mi si venga a dire che tutto questo serve a tenere alto l’interesse sulla vicenda. No Tutto questo serve a fare comodamente la politica da casa, a fare gli attivisti da salotto, a fare i moralisti della domenica. Qui non è questione se Israele abbia o no il diritto di fare quello che fa e che ha fatto con l’Estelle. Israele è in guerra e da stato in guerra risponde.

In ogni caso sono entrate in Gaza - e parlo solo della mia conoscenza fatta attraverso una semplice ricerca su internet - nel solo 2012 non meno di 50 delegazioni europee. Certo, tutti hanno passato il vaglio israeliano. Qualcuno non è stato fatto entrare. Ma 50 delegazioni a fare cosa? Ad ottenere il visto per poter poi tornare a casa a dire: io c’ero!?

Mi sono stancato di questo attivismo domenicale, fatto per i media e, sempre più, purtroppo, anche per la rete che è stata intasata, spesso da tanta buona fede e da quel subdolo sintomo che si chiama comunicarelepecchealtrui (quel sistema con il quale si twitta, si feisbucca, si linkedinka, da casa, scambiando però troppo spesso ciò per attivismo, per coscienza civile e politica). Per un paio di giorni è salito alla ribalta l’argomento, ma anche la rete è orami abituata a consumare tutto in fretta. Ho azzardato un paio di “mi piace” ma per simpatia alla causa e niente più. Non posso più condividere questi modi di non fare, o meglio, di nuocere alle cause, per ritrovarmi, come stamattina, con un attivista che, rimpatriato, ringrazia la Farnesina per l’aiuto, accusa i militari israeliani di aver usato pistole tazer (quelle che colpiscono con scariche elettriche di potenza regolabile) contro gli attivisti israeliani, farfugliando sul gran peso che tanti ebrei debbono sopportare per questa situazione che infine, come italiani, non possiamo tollerare. Stanco dopo la faticaccia. Con i media attenti a denunciare ancora di più Israele per aver leso i diritti umani avendo lasciato senza notizie per qualche ora le ambasciate,cercando di ricreare pathos e tensione intorno ad un non-avvenimento….. intorno a qualcosa che si era rivelato una bufala colossale. 

E’ a seguito di questi episodi che si fa assuefazione senza costruire nessuna coscienza. Si approfitta invece dell’istinto dei giovani e di coloro che comunque sono in buona fede sollecitandoli a guerre giuste con  strumenti inadatti e inefficaci.

Le misure da adottare contro Israele - se vogliamo -  sarebbero quelle che tanto facilmente sono state adottate contro l’Irak, contro l’Iran: l’embargo. Ma il prezzo da pagare sarebbe alto. Cadrebbe quella frontiera contro l’islam, oggi prepotentemente rappresentata da un Iran sempre più forte, da una Siria in ebollizione, da un Libano sempre instabile, da un Egitto tutto da scoprire, che l’occidente non può permettersi, certo di avere un potente nemico, secondo una visione geopolitica tutta da discutersi, molto da dimostrare o, per chi vuole, anche da condividere. Possiamo boicottare i prodotti israeliani, fare pressione sulle comunità ebree presenti nei nostri paesi (Iran compreso!) anche se in molti stanno prendendo le distanze da questo stato nel quale non si riconoscono tanto che il binomio ebreo-israeliano sempre meno è valido, potremmo isolarli da tante iniziative culturali, insomma effettuare un embargo silenzioso, fino a che la memoria non ricordi loro che stanno comportandosi come coloro che oltre alla coscienza, la storia e la politica ci impongono di non dimenticare.  Facciamo questo in Europa tutta da oggi, non compriamo più nessun prodotto israeliano (diamanti, medicinali, prodotti agricoli e tecnologici), dichiarando apertamente il perché ed evitiamo di far sì che lo sdegno sia rappresentato da ridicoli spettacoli come l’Estelle che non potrà mai simboleggiare un esempio di serio “attivismo” ma solo di propaganda. Ma delegazioni,  basta!!! E’dal 1948 che le delegazioni di tutto il mondo fanno la spola ed a tutte evidentemente in un modo o in un altro va bene così.


Iniziamo a capire che a parole e ciance non si fa niente né all’estero né in casa propria. E chi ha orecchi da intendere intenda.

Se solo l’Exodus avesse saputo ……………..


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