Beh, direi che come inizio non è male, succulento e appetitoso intro che ci porta ad assaporare la storia di George a partire dagli anni antecedenti la sua ascesa come musicista professionista. Perché Thorogood, prima di formare la sua band, era un giocatore di baseball in una squadra semi-professionista e la sua conversione si deve a un concerto a New York di John Hammond che colpì Goerge a tal punto da cambiare vita. Secondo Sonya, tra le sue influenze troviamo John Lee Hooker, Elmore James, Chuck Berry, Willie Dixon, Muddy Waters, Howlin ‘Wolf, e Bo Diddley. Insomma, il blues. E arrivo alla parte che mi interessa di più, gli anni in cui pubblicò il disco Move it on Over, che lo lanciò in vetta alle classifiche di quegli anni.
«Nel 1978 – sostiene la Shelton – George Thorogood e i Destroyers hanno pubblicato Move It On Over. La title-track è una cover del brano di Hank Williams, è stato il primo singolo, e ha ricevuto un sacco di elogi. L’album conteneva anche i brani The Sky Is Crying e Who Do You Love. Entro la fine dell’anno, l’album raggiunse la top 40. E alla fine diventò disco d’oro, vendendo oltre 500.000 copie». Fu anche l’inizio del successo, il seguito – se avrete voglia – potete leggerlo direttamente da Sonya.