Magazine Cinema
di Jean-Marc Vallée (Usa, 2012)
con Matthew Mc Counaughey, Jared Leto, Jennifer Garner,
durata: 118 min.
★★★☆☆
Non è facile dare un giudizio obiettivo su Dallas Buyers Club, per vari motivi.
Primo, perchè di fronte a film-denuncia come questo si corre sempre il rischio di lasciarsi influenzare più dall'argomento trattato (di solito forte e scomodo) piuttosto che dall'effettiva qualità cinematografica. Secondo, perchè in queste storie così tipicamente 'americane' non sai mai bene quanto ci sia di effettivamente vero e quanto invece di romanzato o 'costruito' ad arte. Terzo, perchè in genere questi one-man-movies sembrano fatti apposta per catalizzare l'attenzione esclusivamente sul protagonista principale, di regola imbruttito e trasformato rispetto alla sua immagine canonica da divo, tale da divorarsi il film a discapito dei contenuti.
E questo è proprio il caso di Matthew Mc Counaughey, ex belloccio senza cervello e icona sessuale femminile, felicemente e lodevolmente convertitosi al cinema d'autore: lo abbiamo visto di recente in Killer Joe di Friedkin e in The Paperboy di Lee Daniels, due interpretazioni in cui ha saputo convincere anche i più scettici detrattori. Ma è in Dallas Buyers Club che l'attore texano si è davvero superato: per interpretare il ruolo di Ron Woodroof, malato (apparentemente) terminale di aids e protagonista della storia, Mc Counaughey è dimagrito di oltre venti chili, accettando di martoriare il proprio corpo come quello di un malato vero. Una trasformazione fisica impressionante che sicuramente avrà fatto presa sui giurati dell'Academy, estremamente sensibili ai ruoli 'estremi'. E difatti si parla già di oscar in vista, probabilmente a spese del povero Leonardo Di Caprio, suo partner per pochi minuti in The Wolf of Wall Street di Scorsese, in un cameo semplicemente da antologia.
Ma torniamo a Dallas Buyers Club. La storia, come detto, è quella di Ron Woodroof, elettricista precario omofobo e spaccone, donnaiolo incallito e assiduo frequentatore di prostitute, che verso la fine degli anni '80 si ammala di aids a causa di ripetuti rapporti sessuali non protetti. Woodroof inizialmente rifiuta di accettare la sua nuova condizione, vittima dell'insano convincimento (dettato dal razzismo e dall'ignoranza) che la malattia colpisca solo gli omosessuali. Quando però, in seguito all'aggravarsi del suo stato di salute, un medico lo avverte che gli resta a malapena un mese scarso di vita, l'uomo decide di non arrendersi all'evidenza e comincia a sperimentare su se stesso cure alternative, utilizzando farmaci non autorizzati dallo stato americano e fatti arrivare illegalmente dall'estero. La nuova terapia a dispetto di tutto sembra funzionare: Woodroof migliora notevolmente, tanto da indurlo a diffondere il trattamento a chiunque ne faccia richiesta, dietro il pagamento di 400 dollari e la liberatoria per le cure. Ben presto il business si diffonde a macchia d'olio, grazie anche all'aiuto di un altro malato conosciuto in ospedale, il transessuale Rayon (un irriconoscibile Jared Leto) che gli procura frotte di clienti, in gran parte poveracci sieropositivi che non possono permettersi i costosissimi farmaci 'legali'. Tutto bene? Nemmeno per sogno: logico, infatti, che la potente lobby delle case farmaceutiche americane non sia certo disposta a fargliela passare liscia...
La morale del film è potente: la lotta di un uomo disperato e pronto a tutto che scatena la sua personale e impari battaglia contro i colossi farmaceutici che speculano sulla salute della povera gente, argomento che coinvolge e appassiona, e che ci porta ovviamente a 'tifare' per il protagonista, il classico 'americano medio' conservatore e intollerante che di fronte alla malattia riscopre (finalmente) le priorità della vita e comincia a guardare il mondo con occhi diversi... insomma, una perfetta storia americana! Questo infatti è il limite di Dallas Buyers Club: malgrado i fatti narrati siano verosimilmente reali (il film è ispirato ai fatti di cronaca) lo sviluppo è stereotipato e senza sorprese, e nemmeno le validissime interpretazioni degli attori protagonisti riescono a nascondere l'evidente prevedibilità di fondo della vicenda, oltretutto appesantita da un'inutile e altamente improbabile liason affettiva tra Woodroof e la bella dottoressa che lo ha in cura, e che cercherà ovviamente di aiutarlo ribellandosi (sola contro tutti) alle rigide prescrizioni dell'ospedale.
Va però riconosciuto al regista Jean Marc Vallèe il merito dell'onestà dell'operazione: Dallas Buyers Club aldilà della forma è un film eticamente sincero e democratico, lodevole nelle intenzioni. Oltretutto, non cerca la lacrima facile ed evita momenti edulcorati e di facile presa sullo spettatore. Cinema classico, insomma, realizzato in economia (è stato girato in appena venti giorni) e coerente fino all'ultima inquadratura. Scontato, ma bello.
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