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Dallas buyers club

Creato il 24 febbraio 2014 da Ussy77 @xunpugnodifilm

dallas-buyers-club-trailer-italiano-e-intervista-a-jared-leto-3Reggere un film sulle proprie spalle, si può. Si prega di chiedere a McCounaghey

Pellicola interessante e che ribalta (con forza) un odioso luogo comune omofobo, Dallas Buyers Club (2013) mette in mostra un McCounaghey da Oscar, che però fagocita interamente il film, non lasciando respiro ai comprimari.

Ron Woodroof è un elettricista che passa le sue giornate a ubriacarsi e ad assumere droghe. Un giorno, a causa di un collasso, viene trasportato in ospedale e qui gli viene comunicato che ha contratto il virus dell’HIV e che ha trenta giorni di vita. Woodroof non ci sta e comincia ad assumere medicinali alternativi (non accettati dall’FDA), che nel resto del mondo alleviano il dolore e aiutano i malati di AIDS.

La seconda carriera da attore di McCounaghey ha avuto inizio con Killer Joe (2011) e trova il suo culmine massimo con Dallas Buyers Club. Perché il macho Matthew, dopo aver partecipato a prodotti sentimentali (nei quali si ostentava la sua avvenenza, piuttosto che la sua recitazione), ha inanellato una serie di interpretazioni convincenti e sempre di ottimo livello. Con Dallas Buyers Club raggiunge l’apice e si cimenta con il trasformismo estremo, perde una trentina di chili e si presenta davanti alla macchina da presa molto emaciato. È tutto ciò per incarnare Ron Woodroof, cowboy omofobo che nel 1985 contrae il virus dell’HIV e che, complice il periodo storico nel quale si sapeva ben poco del virus, viene etichettato come omosessuale e allontanato dai suoi amici. È qui che parte la sua battaglia contro la FDA (Food and Drug Administration) per la libertà di trattamento medico. Un percorso umanamente limpido, che lo porterà ad accogliere omosessuali e trans gender nella sua “clinica” alternativa.

Woodroof è un Erin Brockovich del virus, un antieroe che cambia atteggiamento, che da omofobo e bifolco, comincia ad accettare gli altri senza giudicarli preventivamente. Un (lieve) percorso di redenzione, umanamente invitante, ma limitato dal punto di vista corale. McCounaghey inghiotte il film, è presente in ogni singola sequenza, riempie gli spazi adeguatamente ed è, dal punto di vista recitativo, coinvolgente. Ma la pellicola non riesce ad aprire altri spazi recitativi (ad eccezione di Jared Leto, un trans gender credibile e fragile dal punto di vista esistenziale, che colpisce nel segno con le sue apparizioni), gravitando costantemente attorno a McCounaghey (immenso, perché verosimile). Difatti la pellicola sacrifica sull’altare della performance solitaria il resto del cast, a partire da una Jennifer Gardner (medico combattuto), che viene tratteggiata debolmente. Inoltre Valleé (regista della pellicola) ostenta un montaggio tagliato con l’accetta, frammentario e non adeguatamente ritmato. Nonostante ciò si assiste a una convincente alternanza di registri emotivi e stilistici e a una sceneggiatura brillante, “verista”, che scandaglia diverse sottoculture dell’epoca con partecipazione.

Ma McCounaghey è forse troppo bravo, “eccessivamente” mimetico, al punto tale da far perdere interesse nei confronti della pellicola per addentrarsi appieno nel suo personaggio (contradditorio, esuberante, acidamente ironico) e non uscirne più. In conclusione Dallas Buyers Club è una denuncia urlata e umanamente coinvolgente, ma senza l’apporto di McCounaghey probabilmente si sarebbe rivelata appena sopra la media degli altri prodotti di quest’anno.

Uscita al cinema: 30 gennaio 2014

Voto: ***


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