Il “miglior creatore della moda italiana”, così lo definì Christian Dior in un’intervista a Vogue, è raccontato attraverso l’originalità scultorea dei suoi abiti: i caratteristici drappeggi, i volumi sovrapposti e le rigidità geometriche descrivono l’abilità e la sapienza delle mani di Roberto Capucci e mostrano ottimamente il suo immaginario creativo estremamente vario ed articolato.
La mostra, intitolata “Dalle mani di Roberto Capucci: tessuti da plasmare”, è articolata in tre sezioni.
La prima sezione accoglie le silhouettes più morbide, gli abiti cascanti in jersey e in georgette con forme fluide e tessuti impalpabili che scivolano sul corpo, fino a giungere ai volumi più pronunciati dell’abito-scultura “Calla” (1956).
Nella seconda sezione sono esposti estrosi giacchini e boleri che mostrano l’irrefrenabile spinta creativa del maestro. Riquadri in raso bianco con intarsi neri, in raso multicolore o nella variante nera e multicolore si alternano a elementi a cerchio in sauvage rosso, fucsia e giallo. La dimensione più rigida e scultorea inizia a delinearsi nel bolero bianco e nero in gazaar lavorato ad effetto tubolare che ricorda la struttura di un bruco (1985).
La terza parte dell’esposizione comprende le creazioni più articolate, con volumetrie importanti, drappeggi rigidi e orli smerlati. La ricchissima varietà di colori, con effetti anche cangianti, gioca di sovrapposizione e geometrie trasformando gli abiti in preziosi origami e sculture di tessuto.