Dalle “previsioni del tempo” alle “visioni del tempo”. Il meteo privato di Instaweather

Creato il 05 agosto 2013 da Greeno @greeno_com
Send to Kindle

“Le categorie più a rischio sono bambini ed anziani”, “si raccomanda di non prendere il sole nella fascia oraria 12-16”, “è consigliabile bere molta acqua e mangiare frutta e verdura di stagione”, “in arrivo tre giorni da bollino rosso” etc. etc.

Immancabile anche questa estate, come in ogni estate, il festival della retorica meteorologica costruito nelle redazioni (climatizzate) dei telegiornali attraverso la pesca miracolosa di immagini di repertorio delle fontane romane ed italiane, di abbeveramenti pomeridiani estremi, di settantenni col berretto bianco seduti ad una panchina nel parco, di due turiste americane che sorridono alla telecamera, con il gelato in mano, arrossate dal sole mediterraneo nei loro spostamenti fra i musei. Sono, diciamolo pure, le forme più noiose di quel discorso espanso che si realizza fra la produzione ed il consumo delle informazioni meteo. E sono sempre più anacronistiche, perché non raccontano nulla di nuovo. Anzi, non raccontano nulla. Sono superate da altre forme di discorsi che, al posto del serviziuccio didascalico montato in 8 minuti dal tecnico video il giorno prima delle ferie e mandato in onda con la regolarità dell’arrivo degli anticicloni, utilizzano in maniera più profittevole le tante possibilità di resa del tema “meteo” lungo una scala ipotetica compresa fra:

Funzionalità dei discorsi meteo

(informazione,

aggiornamenti,

dati tecnici)

 |   |   |   |   |   |   |   |   |   |   |   |   |   |   |   |   |   |   |   |   |   |   |   |   |   |   |   |   |   |   |   |   |   |   |   |   |   |   |   |   |

Non funzionalità dei discorsi meteo

(intrattenimento,

gioco,

sensazionalismo)

Altre volte sulle nostre pagine abbiamo parlato del fenomeno della spettacolarizzazione delle informazioni meteo (ad esempio con il climatologo Luca Mercalli), che risponde alla necessità di intercettare, in un contesto di mainstream dell’offerta, fasce di ascolto anche attraverso i programmi meteo, che finiscono col diventare veri e propri contenitori/laboratori di forme varie di intrattenimento. In questo processo di riscrittura dei palinsesti e dei contenuti, ci pare che la finalità originaria dei programmi meteo (che era quella di fornire previsioni attendibili sul tempo del giorno dopo), sia andata via via snaturandosi. La semplicità di accesso alle previsioni del tempo da ogni piattaforma possibile costringe quegli spazi “tradizionali” di informazione a cambiare spesso i loro format ed i loro contenuti per essere riconoscibili. Ma c’è di più, e di questo vogliamo parlare. C’è una tendenza tutta nuova, collegata a quanto detto sopra, a voler sostituire le “previsioni del tempo” con le “visioni del tempo”.

Cosa vuol dire? Significa che il meteo è passato dall’essere un discorso generalissimo e “istituzionale” ad improvvisa occasione di racconto diretto, di testimonianza, di esperienza personale. Un’occasione che nulla più ha a che vedere con la funzionalità o la non funzionalità dei discorsi, ma che utilizza il tempo atmosferico come elemento chiave di costruzione e mantenimento delle relazioni. Stiamo parlando del tempo di Instaweather.

Per chi non lo sapesse, Instaweather è un’applicazione per smartphone che, oltre ad offrire un servizio di previsioni meteo localizzato, consente di conoscere il luogo in cui ci si trova e la temperatura esterna, semplicemente attivando la telecamera. Poi è possibile, se si effettua una foto del posto, condividerla in rete con tutte le informazioni fornite dall’applicazione nelle sue diverse interfacce (temperatura, data, orario, situazione meteo, umidità percepita, vento).

Questo è quello che offre Instaweather. Ma come viene usata e a cosa serve questa applicazione? Sarebbe troppo banale dire che serve a verificare le condizioni atmosferiche. Non è stata sviluppata da byssmobile con questo intento. E neppure con l’intento di servire da bussola, nonostante sia scritto che:

InstaWeather knows when you are in certain moment and show it on overlay added to your photo! So if you are lost somewhere just make a photo using this app and find the way back home.

In realtà questa app è uno strumento di narrazione del sé. Non ha alcuna utilità altra, siamo categorici. Il meccanismo è pressappoco questo: faccio una foto, condivido la foto, i miei amici e conoscenti sapranno dove io sono e quanti gradi ci sono. È un meccanismo estremamente semplice, in un’epoca di produzione intensiva di supporti complessi. Allora come si spiega il successo di questo software? Proviamo a vederlo.

Partiamo dal dato di fatto che la maggior parte degli utilizzatori di Instaweather condivide le proprie foto e le informazioni allegate. Ora, sarebbe anche possibile non condividerle e semplicemente utilizzare questa app  per togliersi la curiosità personale di conoscere quanti gradi ci sono lì fuori. Invece no. In linea di massima chi usa Instaweather deve far sapere dove si trova e qual è la temperatura. Ma in che modo queste informazioni condivise contribuiscono alla costruzione di discorsi sul sé? Operando in maniera abbastanza omologata, a dire la verità.

Infatti, se facciamo caso a quello che i nostri amici (o noi stessi) condividono tramite Instaweather sui social network, noteremo che le informazioni vengono considerate utili e degne di pubblicazione solo se rispettano i parametri di un codice più o meno universalmente accettato. Di contro, le informazioni “fuori parametro” interessano poco o nulla.

Chi condivide il proprio status con Instaweather, molto banalmente ci terrà a far sapere:

a)   o dove si trova

b)   o qual è la temperatura del luogo in cui si trova

c)   o entrambe le cose insieme

Consideriamo la variante “luogo”, servendoci di un grafico. Quali informazioni vengono condivise più spesso tramite Instaweather? Quando, cioè, parlare di un luogo attraverso Instaweather è utile a parlare di sé?

Indichiamo in giallo l’area di senso privilegiata.

Per dirla in sintesi, fotografare un cocktail in spiaggia a Tenerife e condividere la propria posizione con gli amici lontani (magari in ufficio in città) è un potente strumento di costruzione di discorsi positivi del sé, più di quanto non lo sia fotografare lo stesso cocktail taggandosi nel baretto sotto casa.

Ma c’è anche chi usa la variante “temperatura” per raccontare di sé in maniera deliberata. Quando, infatti, gli utilizzatori di Instaweather ritengono rilevante l’informazione sulle condizioni atmosferiche? Quando essa può creare interesse. Quando, cioè, non è ordinaria. Nel grafico di seguito, ipotizziamo un’area di significato – sempre in giallo – costruita su due varianti pertinenti. In quell’area, cioè, si costruiscono le narrazioni degne di essere condivise. I discorsi più ricorrenti? Quelli su temperature molto basse (es. sotto gli 0° C) o su temperature molto alte (es. sopra i 25° C). Oppure quelli su temperature semplicemente non attese.

Un ulteriore e decisivo motivo di successo di questo genere di application è rappresentato dal fatto che essa consente di dimostrare la propria presenza in un luogo “differente”. È l’alterità di luogo (e di clima) che arricchisce di senso la condivisione delle informazioni.

Nella logica della riscrittura in senso particolaristico della produzione e del consumo di informazioni meteo, questo aggiunge un dettaglio non da poco. L’essere qui, adesso, e poterlo dimostrare fotograficamente rafforza il ruolo della presenza ai danni del ruolo della previsione. E per presenza non si intende quella delle nuvole sparse,  ma di un sé che racconta storie. Semplici e di poca fantasia, ma le racconta. Usando il meteo come pretesto per rendicontare il proprio presente (purché significativo), invece che prevedere il futuro.


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :