Alcuni cortigiani li presero di mira e, desiderosi di verificare il reale legame che univa i due uomini, fecero diffondere la notizia che Finzia avesse attentato alla vita del sovrano. Dionisio II non tardò a reagire e condannò immediatamente a morte il filosofo falsamente accusato. Il tiranno però gli concesse del tempo prima dell'esecuzione della sentenza, per lasciare tutto sistemato tra le proprie faccende a patto che qualcuno garantisse per il suo ritorno. Damone non esitò ad offrirsi come volontario al posto dell'amico, fiducioso che Finzia non lo avrebbe tradito e abbandonato.
Con enorme disdetta dei falsi accusatori, infatti, Finzia fece ritorno a corte come stabilito e promesso, per liberare l'amico e andare incontro al proprio tragico destino. Dionisio II di Siracusa rimase profondamente colpito da questa dimostrazione di lealtà ed amicizia e non solo concesse la grazia a Finzia ma cercò di farsi accettare come amico dai due filosofi che però non ne vollero sapere di accettare la richiesta.La circostanza viene riportata in varie opere e in vari autori anche se con numerose differenze. Cicerone, ad esempio, colloca l'avvenimento all'epoca di Dionisio I, Igino invece aggiunge varie avventure in merito al ritorno a corte di Finzia che, intrattenuto da vari ostacoli e imprevisti, rischia di non presentarsi in tempo mettendo a rischio la vita di Damone. Diodoro Siculo infine riferisce di un tentato omicidio che alla fine viene davvero messo in atto.
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