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Dopo così tanto tempo era difficile che qualcuno si ricordasse di lui. Non c'è quindi da stupirsi che ad un campione come Whit Stillman rimasto al palo per più di una decade - il penultimo "The Last Days of Disco" era datato 1998 - sia toccata in sorte una distribuzione italiana da scampolo di fine estate, penalizzata non solo dal calendario ma anche da uno strillo pubblicitario che lo ha venduto come un chick flick di seconda fascia. Niente di più falso considerato che il cinema del regista americano è da sempre un contenitore perfettamente oliato di intelligenza, raffinatezza ed understatement. Qualità presenti in dose massiccia anche in questo "Damsels in distress" storia di ambiente universitario con "fanciulle in pericolo" che Violet e le sue amiche cercano di salvare attraverso un volontariato iperattivo ed un po' bigotto, svolto presso il centro di prevenzione suicidi situato all'interno del campus. Una sfida difficile per la tendenza soprattutto femminile di reagire nel peggiore dei modi ai rovesci amorosi nei confronti del quale le ragazze adottano un prontuario di espedienti che rovesciano stereotipi e tendenze. In questo modo andare alle feste è una missione sociale, i ragazzi carini sono da evitare perché fonte di guai mentre i nerd sono preferibili per la gratificazione derivata dall'aiutarli a crescere. Un mondo di regole e di comportamenti codificati a priori destinato a scontrarsi con l'irrazionalità dell'esistenza ed in particolare con l'attrazione verso Xavier e Fred, studenti irresistibili e guasconi.
Utilizzando schemi da teen movie con l'ambiente scolastico ed i vari sodalizi a simulare la palestra che prepara alla vita, ed innestando forme cinematografiche come il musical alla Fred Astaire e Ginger Rogers citato nella splendida sequenza conclusiva oppure la commedia americana degli anni d'oro con dialoghi very sharp ed un personaggio come quello di Violet a deliniare il modello di femminilità vittoriana tipica del genere, con bigottismo e repressione incapsulati all'interno di una vocazione da novella Giovanna d'Arco - in questo la sceneggiatura è abile a tenere la protagonista perennemente in bilico tra innocenza e fanatismo - "Damsels in Distress" è un film che sotto la sua evidente apparenza si rivela complesso e sfuggente. Infatti se è vero che il tono procede in direzione di una leggerezza derivata da un meccanismo di continua catarsi, in cui la difficoltà delle situazioni è stemperata dall'ironia della scrittura e dall'esasperazione degli aspetti fisici e caratteriali dei personaggi, dall'altra il film lavora sottotraccia per destabilizzare ogni certezza.
In questo modo se le figure umane sono descritte a tutto tondo, anche nel modo di vestire - la diversità di Violet è marcata da un taglio di capelli retrò e da vestiti elegantemente castigati alla maniera di Katharine Hepburn - è anche vero che la fotografia è contrastata, le fonti di luce artificiali (un riflesso biancastro lambisce le figure umane)la materia del film drammatica con temi come alienazione e disagio giovanile, l'intreccio barocco a causa di un' affettività sottoposta a continui aggiustamenti.
Facendo i conti con i problemi del suo tempo e non accontentandosi più di essere il semplice cantore d'esistenze da upper class Stillman allarga gli orizzonti del suo cinema per colpire al cuore la classe dirigente americana nei luoghi dove nasce e s'istruisce con un ritratto al vetriolo che non risparmia niente a proposito di confraternite, giornalini scolastici, livello intellettivo ed ipocrisie dei giovani virgulti. Siamo dalle parti di "Le regole dell'attrazione" in versione agrodolce con in più la capacità di giocare con gli stilemi del cinema di genere. Ma la ciliegina sulla torta è rappresentata dalla performance di Greta Gerwig, irriconoscibile nei panni di Violet a cui dona una sensualità sempre sul punto di esplodere e movenze dolcemente sgraziate. E' lei la ragazza cinematografica dell'anno, sicuramente una di quelle con cui varebbe la pena uscire, anche per un solo appuntamento.
(pubblicata su ondacinema.it)
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