L’ostrica, rivestita d’alga verdastra
Satura di cementata sabbia
Appare di sasso, opaca, mimetica
Ma la perlacea opalescenza
Del suo cuore, cela-
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Camminerò nel deserto
A piedi nudi, verso
L’infinito, un amore
Di sabbia turbinosa
Secca tempesta
In arse pupille dove chador
Non serve a difenderne
Degli occhi l’ardore,
A piedi nudi, oltre il tempo
Nei tuoi occhi d’acqua
Per rinfrescarmi l’anima.
Shalom Israel
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Eterno conflitto
Tra terrena materia
E Spirito immortale
Dio, gran sognatore
Spera in ciò che l’uomo
Fatica a raggiungere.
Simile a Lui lo vuole…
Esorbitante divario!
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Per un tuo inaspettato
Ed accecante sorriso
Avrei scordato
In qualche angolo del cuore
Ogni altra cosa.
Ho imparato
Non certo dal nostro mondo
Improbabile
Quello che non accade.
Rimpianto
E’ un errore di calcolo
Non cresce la spiga,
il papavero, né il grappolo.
E’ altro il Suo dono.
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Ancor prima
Dell’ultimo addio
Morire alla vita
In attesa
Dello squarcio nel velo.
O picconate nel muro-
Non seppellirò
Il mio cuore anzitempo
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Il mare, col suo molle
E sonoro fiatare
Ha l’interminabile
E pacato sospiro
D’un azzurro gigante
Che con le sue infinite
Carezzevoli braccia
Accoglie le nostre vite
Rivolte allo spazio
Illimitato del Cielo
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Ancorata ad un’utopia?
No, confido nello Spirito
Che muta l’animo
Marchiandolo a fuoco
Tu, cinicamente, neghi
I discepoli tornarono
A Gerusalemme, certi.
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Orizzonte
Dove lo sguardo
Non incontra la fine
Mare e cielo, confusi
In un unico azzurro
L’onda
Che pare morire
Sulla battigia si ritrae
Nel lontano profondo
L’inganno
Dell’apparenza come miraggio
Su dune desertiche
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Ti donerò colombe
E il rombo assordante
Delle campane sulle piazze
Chiuse, e le canne
Nel vento e un ramo d’oro
E strapperò a te
Dai bizantini mosaici
Le ghirlande l’ulivo
Fitte di bacche
Nere come la notte
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Ti chiamerò cielo
Per darti un senso
D’infinito
Cielo profondo azzurro
Tenero e proibito
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Scivola
Sul lastrico della strada
Strazia
Lo stridore dei freni
Una chiazza
Rossastra e l’angoscia
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Corri bambino
La strada della vita
Ti ha portato lontano
I tuoi capelli, bianchi
Il tuo passo, stanco
Tempo non c’è stato
Per osservare le mani
Che ormai tremanti
Si tendono ancora
Verso tramonti lontani
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Ho calpestato
Le sponde del Giordano
E pianto sul Muro
Come Mosè ho cercato
Dio, sul Monte Sinai
Invano. Mi sono smarrita
Nel deserto del tuo cuore
E non ho mosso un passo
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Vaporizzando
L’aromatica essenza del nulla
Inesausta scrivo
Con penne di gabbiano
Trovate tra i flutti
Esitanti, dei leggeri
Sorrisi tuoi
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Angelo mio
Non eri in cielo
Quando ti incontrai
E le mie stanche ali
Incapaci di affrontare
Un lungo volo
Si richiusero a resa-
Qui in terra, mai!
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Tu, che di questa vita
Di questo stralunato
E immenso mare
Fosti un’immobile onda
Che mai avvistò la spiaggia
Solo fioche luci indistinte
Lontanissimi bagliori
Nella sera-
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Mani
Rincorrevano farfalle
In Brasile, con ali
Iridate tingevano
Cieli al tramonto
Ne ho afferrata
Una tra le dita
Ma già ripiegava
Le ali, e moriva
Ho strappato dei fogli
Gridavano troppo forte
E stridevano nella quiete
Ho lasciato il silenzio
E un soffuso brusìo
Parole, come foglie
Portate dal vento
Chissà dove andranno?
Nella torbiera del tuo cuore
Forse sono dirette
Ma rimarranno?
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Dio, portami lontano
Dal sentiero accidentato
Che percorrono i miei passi
Infondimi sicurezza
Che smarrii nel cammino
Aiutami a non affogare
In un oceano di banalità
————————————————————————————————————————Non ti adombrare
Se al tuo severo sguardo
Pongo parole aeree
Impalpabili cirri
Che si spostano al vento
Bizzarro, sulla tavola
Glauca del cielo,
altrimenti immutabile
Figure in movimento
Plastiche forme, corvi
O timide colombe
Vapori acquei, sempre.
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Pensieri siderei
Che solo il Cielo
Intende
L’Uomo non comprende
Confonde, disperde
E si perde…….
Postfazione di Rina Brundu. Oggi è il compleanno di Rosebud. Nel senso che nacque due anni fa, il 27 Marzo 2010, in un momento in cui stavo cambiando molte cose della mia vita e preparavo la mia toccata-e-fuga in Ogliastra. Rosebud – il cui nome riprende quello dello slittino d’infanzia di Charles Foster Kane, il magnate del Quarto Potere di Orson Welles (Citizen Kane, 1941) – viveva all’inizio dei miei soli articoli….prima che lo abbandonassi anche io… per lungo tempo.
Dal 13 Novembre 2011 (5 mesi fa ca.) Rosebud è rinato, aperto alla collaborazione di altri autori. È rinato per infiniti motivi, ma soprattutto perché il mio interesse per il giornalismo – e per il giornalismo-online in particolare, una tipologia di giornalismo che mi sono letteralmente inventata tanti anni fa tra le pagine di un altro sito dedicato a questi argomenti – è uno di quegli interessi che nascono con l’anima. E che non si possono fingere né ratificare con un esamino di Stato.
Tuttavia, tutto ciò che si è fatto in questi ultimi mesi non sarebbe stato possibile senza la partecipazione di alcune persone, autori, giornalisti, ma prima di tutto uomini e donne davvero speciali. E per una volta – sperando di non dimenticare nessuno – mi piacerebbe fare nomi e cognomi. E dire loro: grazie! Iniziando dalle signore e in ordine sparso. Grazie dunque a Danila Oppio, a Angela Fabbri, a Maria Teresa Santalucia Scibona, a Francesca Montomoli, a Giuseppina La Ciura, a Carla Paola Arcaini, a Daniela Manca. E poi grazie a Franco Pilloni, a Gavino Puggioni, a Natalino Piras, a Salvo Figura, a Franco Luceri, a Gordiano Lupi, a Gianluca Avagnina, a Matteo Poletti, a Giuseppe Leuzzi, a Giannetto Lapia, a Enrico Porqueddu, a Enrico Pietrangeli, a Marco Scalabrino, a Emilio Gallo, a Francesco Cozzo. Grazie ai molti professori universitari che hanno messo a disposizione libri, saggi e articoli. E in particolare a Umberto Bartocci, a Massimo Pittau, alle prof.sse Margherita Rubino e Ilaria Crotti. Al prof. Reggiani. E al mio carissimo amico Elie Chalala grazie al quale riusciamo ad avere articoli che i giornali-che-contano si sognano, soprattutto riusciamo ad entrare in contatto con culture-altre: many many thanks Elie!
Per questi stessi motivi (ma non solo per questi!) mi piace dedicare l’articolo di oggi all’arte di una donna che ho conosciuto il 24 Dicembre 2011, mentre entrambe “inseguivamo” un racconto natalizio di Paolo Coelho. Una donna che – per ciò che ho visto io – meriterebbe ben altro premio che non queste mie parole e che per certi versi mi ricorda quelle grandi donne di Sardegna che ammiro tanto e che so non potrò mai eguagliare. Parlo naturalmente della straordinaria Danila Oppio che oggi si presenta agli altri amici di Rosebud nella (insolita? non mi pare proprio!) veste di validissima e bravissima poetessa. Davvero molto brava Danila: il tuo cogitare poetico mi ricorda a momenti l’estro colorato di Marianne Moore e a momenti la forza visionaria della Dickinson. Il resto però lasciamolo dire alle tue poesie…..
Featured image, Le 9 Muse nel tempio di Apollo di Richard Samuel, 1778, olio su tela.