Quando ero in prima e seconda media la professoressa di italiano mi amava. Diceva che i miei temi erano bellissimi perché avevo tantissima fantasia, io ero molto felice ed esageravo con l’inventiva. In terza media questa professoressa se ne andò e venne sostituita da una grammar-nazi che i miei temi li odiava perché non erano grammaticalmente corretti. Io le dicevo che la sua ossessione verso la grammatica stava oscurando il mio genio, sarei morta incompresa come Van Gogh e la colpa sarebbe stata solo sua. Alla mia morte tutti l’avrebbero ricordata con cattiveria perché diciamocelo nessuno vuole farsi sfuggire di nuovo un possibile Van Gogh. Lei mi rispose così: “Michela, spazi da un argomento all’altro, ti dimentichi di rileggere, pieghi il titolo al tuo volere, parli di quello che piace a te e non rispetti la consegna. Ma chi ti credi di essere? Dante?”
Iniziai ad odiare il potere imposto dai maestri e divenni una ribelle. Il periodo di ribellione durò fino al mio trasferimento a Bologna, lì iniziai ad odiare i ribelli. Adesso voto per la monarchia.
A Bologna mentre scrivevo la tesi il mio coinquilino (grammar-nazi) lesse una riga e disse: “grammaticalmente è giusta ma non va bene lo stesso, chi cazzo ti credi di essere Michela? Dante?” Si io sono convinta di essere Dante. Anzi facciamo Bukowski dai che è un po’ più semplice.
La consapevolezza di essere un genio mi piega dentro e mi costringe a soffrire per cose che tutti gli altri danno per scontate. Il mio problema più grande riguarda infatti “gli altri”, l’umanità in generale per capirci. Al mio ritorno dalla più grande democrazia del mondo una persona mi disse che avrei dovuto smetterla di sognare, di fare bei progetti, avrei dovuto trovarmi un lavoro di merda che però mi portasse tanti soldi e avrei dovuto smettere di viaggiare e rimanere a Fratte C. Io lo dissi ad un mio amico fotografo. Lui mi chiamò su Skype e urlando mi disse che avrei dovuto continuare con i miei progetti, non mollarli a metà, che avevo delle cose da fare, avevo già iniziato e non potevo mollare tutto. Poi mi disse che un lavoro di merda fatto per forza solo per i soldi non si fa, che in ogni lavoro bisogna trovare la piccola soddisfazione. Inizialmente gli risposi che boh, forse, non so. Poi mi ricordai che nella mia vita avevo fatto un sacco di lavori diversi e ogni lavoro l’avevo fatto con molta passione che fosse fare la postina o quella che consegna i premi ai dirigenti della telecom o la commessa. Poi mi ricordai che io ero Dante e Van Gogh.
La consapevolezza di essere un genio ti obbliga ogni giorno a sentire frasi tipo: “il lavoro a casa non è un lavoro, si ma quanto lavori da casa? beh ma al lavoro a casa potresti accostare un altro lavoro, il lavoro a casa lo poi fare quando finisci il lavoro vero”. Per fortuna c’è il fidanzato di una mia amica che è fra i miei più grandi supporter e ogni giorno mi ripete “dai che ce la fai, speriamo che vada tutto bene”. Io e lui sappiamo che io sono Dante e presto la mia gloria ci permetterà di fare la vita che desideriamo: gli eremiti.
Se ce l’ha fatta lui ce la possiamo fare tutti. Mia madre lo chiama: “queo brutto coi caveji lunghi!”
Alla fine dei conti ci stanno insegnando che non importa se da piccolo eri sicuro di essere Dante, non importa se il tuo capo ti dice che devi lavorare come uno schiavo perché il lavoro che fai tu lo saprebbe fare anche un bambino, non importa se non hai momenti di pausa, non importa se disprezzi quello che stai facendo. L’importante è che lo fai e quello che fai deve essere visibile a tutti subito. Qualsiasi cosa artistica o legata alla cultura non è lavoro. Non è niente. E tu ti convinci che non importa se una volta pensavi di essere Dante, del contratto dei tuoi sogni che però ti farà vedere i soldi chissà quando. Non importa se negli anni in cui facevi la commessa alla domenica odiavi il cliente della domenica. Adesso tu nel centro commerciale non ci lavori più quindi vaffaculo la spesa la faccio quando voglio. Cosa te ne frega se la spesa la puoi fare in un qualsiasi altro giorno? Di alle stronze delle commesse di ringraziare che un lavoro ce l’anno. E cosa te ne frega se quello lavora come un musso, però fa il lavoro che gli piace? Tanto lui non prende niente in confronto a te. Tu hai la macchina più figa, i vestiti migliori e il cocktail più alcolico. Quando in discoteca fai tavolo ti conoscono tutti. E quanto coglione è il tipo che ha lasciato un lavoro sicuro per il lavoro dei suoi sogni? E cosa te ne frega dello stare bene? Dei viaggi? Della cultura? Dei libri? Cosa te ne frega? Ma niente non te ne frega e va bene così, è sempre andato bene così e così andrà nei secoli dei secoli amen. Io però sono Dante non dimenticatevelo.