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Un pianoforte, una voce e le immagini che scorrono, qualche foto ricordo e qualcun'altra presa da internet, un video semplice, come se ne trovano a centinaia su Youtube, ma seguite il consiglio e trovate tre minuti e mezzo per ascoltare con attenzione le parole e guardare questo video, realizzato nei ritagli di tempo di chi si alza presto la mattina e va a letto tardi la sera, riuscendo ad essere lavoratore, marito e padre, trovando comunque il tempo di coltivare le proprie passioni. Un grande musicista qualche decennio fa disse che sono le storie a fare la musica, e quella di Dante Francani è una storia che merita di essere ascoltata...
Dante è un rosetano di trentotto anni, un uomo come tanti, con una moglie, una figlia ed un lavoro che lo porta ad indossare la tuta blu, quella tuta blu della quale il nostro paese non può fare a meno, la stessa tuta blu a cui i nostri politici fingono di dare importanza, e della quale paventano di comprendere le difficoltà senza nemmeno averla mai indossata. E' difficile la vita per chi indossa quella tuta, e negli ultimi anni lo è sempre di più, con un mercato del lavoro votato alla minor assunzione di responsabilità possibile, stabilimenti che chiudono per trasferirsi all'estero ed una politica che ogni anno appare sempre più distante dalla realtà, da una realtà fatta di sacrifici che non finiscono mai, di briciole di risparmi messi da parte mentre le notizie sui giornali parlano di stipendi stratosferici, posti di lavoro regalati e milioni di euro spesi per l'acquisto di un calciatore, ed allora come si fa a non ribollire di rabbia? Come si fa a stare zitti? Non si può tacere di fronte a questo scempio, è così che Dante decide di sedersi di fronte al pianoforte e tradurre la sua rabbia in musica, compone una base leggera e semplice, e su questa base cadenza parole che raccontano della fatica che lacera di giorno in giorno, ma soprattutto di quanto tutta questa fatica non venga ripagata dal "verro" che ingrassa sulle spalle dei lavoratori, di quanto "quel rapporo salario-lavoro ti leva il rispetto, ti toglie decoro" e di quanto ci si senta impotenti nel vedere che "aumenta tutto tranne il tuo stipendio" e che "un calcio a un pallone vale un milione mentre il tuo sudore non vale più niente". Sono parole nervose, frutto di un risentimento che è impossibile non giustificare, parole disilluse di chi è fiero di indossare una tuta blu e di sporcarsi le mani sapendo di fare il proprio dovere civico e morale, ma è costretto a sopportare ingiustizie ogni giorno più pesanti, a vedere il divario economico e sociale allargarsi, a sentirsi addosso il menefreghismo di una classe politica "di destra o sinistra ma coi soldi in tasca", che si riempie la bocca di belle parole, di solidarietà verso i lavoratori e di promesse che sono sempre le stesse da decenni, promesse dalla "priorità assoluta" in campagna elettorale e che poi magicamente passano in secondo piano, eclissate da processi da evitare, opere inutili da realizzare soltanto per potersene vantare alle prossime elezioni, nebulose finanziarie delle quali è tutto poco chiaro tranne il fatto che a pagarle saranno sempre i soliti, parenti, amici, mafiosi, nani e ballerine da piazzare a piacimento nelle stanze del potere, il tutto - quasi fosse l'ennesima beffa - fatto alla luce del sole mentre si inneggia all'equità e alla meritocrazia...
E' evidente, evidentissima, la sensazione che la politica sia qualcosa di irraggiungibile, una sorta di mondo a sè che decide le sorti del mondo reale, ed è una distanza che bisogna necessariamente appianare, perchè se la "casta" riesce a fare ciò che fa senza finire alla ghigliottina, la colpa, in fondo, è da cercare dentro di noi, è da cercare nell'indifferenza più grave, quella fatta dei "tanto sono tutti uguali" e dei "non cambierà mai niente", l'indifferenza di chi per uno stipendio da fame arriva a casa ogni sera sfinito, eppure parla del campionato di calcio, delle veline e del grande fratello, il menefreghismo di chi sa tutto delle scappatelle di Balotelli ma non è in grado di leggere la propria busta paga, quella stessa indifferenza di cui Gramsci quasi 100 anni fa diceva "è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria", e a dire il vero sembra non essere cambiata una virgola, perchè ancora oggi gli indifferenti "piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch'io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?". E' proprio a queste persone che Dante dedica la sua "Tuta blu" o "Ballata dell'operaio", ed è sempre a loro che dedica lo sfogo forse più sentito, incitando ad uscire da questa assuefazione della mente, nella speranza che qualche coscienza si svegli dal torpore e che qualcuno spenga la televisione per trasmettere ai propri figli un po' di cultuta, di memoria storica, di rispetto per i lavoratori e il lavoro, di passione per quella libertà che - Gaber docet - è partecipazione.
Articolo pubblicato su Elfa Promotions
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