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Daremo shiranai (誰も知らない, Nobody Knows). Regia, soggetto, sceneggiatura e montaggio: Koreeda Hirokazu. Fotografia: Yamasaki Yutaka. Musica: Gontiti. Suono: Tsurumaki Yutaka. Interpreti: Yagira Yūya, Kitaura Ayu, Kimura Hiei, Shimizu Momoko, You, Kan Hanae, Kase Ryo, Terajima Susumu. Produttori: Koreeda Hirokazu, Kōno Satoshi, Shigenobu Yutaka, Uratani Toshiro. Durata: 141'. Uscita nelle sale giapponesi: 7 agosto 2004.Link: Sito ufficiale - Rogert Ebert (Chicago Sun-Times) - Jamie Russell (BBC)
PIA: Commenti: 3,5/5 All'uscita delle sale: 74/100Punteggio ★★★★
Nobody Knows, opera di Koreeda del 2004, sembra discostarsi dai film precedenti del regista (Maborosi, After Life, Distance), quasi a voler coniugare le sue due “anime”: è infatti, almeno a prima vista, un’opera di finzione con forti tratti documentaristici.
Il film si ispira alla vicenda che venne definita “il caso dei quattro bambini abbandonati nel quartiere di Nishi Sugamo”, accaduta a Tokyo nel 1988. La storia raccontata nel film, che si sviluppa cronologicamente seguendo il ritmo delle stagioni e che si discosta in parte da quella reale, vede protagonisti quattro giovanissimi fratelli, figli della stessa madre, ma di padri diversi: Akira, il fratello maggiore (interpretato da Yagira Yuya, che vinse anche il premio come miglior attore al Festival di Cannes 2004), Shigeru, l’altro fratello, e le due sorelle, Kyoko la maggiore e Yuki la più piccola. Dopo il trasloco in un nuovo appartamento, ufficialmente soltanto della madre Keiko e di Akira, mentre gli altri fratelli vi arrivano nascosti dentro a capienti valigie, la donna abbandona per lunghi periodi i quattro piccoli a loro stessi. Sarà prevalentemente Akira a occuparsi della sopravvivenza dell’insolita famiglia, cercando anche contatti con i diversi padri per ottenere aiuti in denaro, e con il sostegno morale della nuova amica Saki, fino a quando purtroppo la vicenda non precipiterà verso un finale drammatico, a causa della morte della sorella più piccola.
E’ interessante notare che la prima stesura della sceneggiatura del film viene scritta da Koreeda nel 1989 ed è sostanzialmente basata sulla scrittura e lettura ad alta voce del diario di uno dei bambini (Akira), il che peraltro fa sì che la storia finisca per essere narrata dal suo esclusivo punto di vista. Nei quindici anni che intercorrono prima della stesura definitiva, il regista decide di abbandonare lo sviluppo della storia affidato al monologo di uno solo dei personaggi. Anche il titolo cambia, da “Una splendida domenica” (l’idea era quella di una riunione finale di tutta la famiglia, padre compreso, per trascorrere una domenica insieme), a Nobody Knows. Emerge chiaramente, dopo il lungo periodo, la consapevolezza del regista, anche a seguito delle statistiche dei casi di cronaca, che non si sta raccontando un singolo caso sporadico, quanto piuttosto un fenomeno sociale di ampia portata. Ed anche il titolo mette l’accento su di una società sostanzialmente cieca, che non sa/non vuole sapere di giovani vite fuori dagli schemi comunemente accettati come “regolari”.
Critica sociale dunque, ma non solo. Si indaga nelle pieghe delle strutture familiari: Keiko è una madre che non denuncia la nascita dei figli, ma che, a suo modo, imposta una peculiare struttura familiare di riferimento, basata su sentimenti e legami personali intensi (Kyoko per esempio decide, nel momento in cui si rende conto che la “famiglia” è in serie difficoltà, di donare tutti i risparmi che conservava per il tanto agognato pianoforte al fratello Akira, in modo che si possa occupare del loro sostentamento), al di là dei modelli sociali convenzionali.
Nobody Knows è un’opera articolata che affronta molti dei temi cari al regista: quello della morte e della perdita, in particolare in uno dei passaggi più intensi, vale a dire quello della morte della piccola Yuki; quello della natura, nel senso, come è stato efficacemente sostenuto, del “trapasso verso una logica selvatica” dei bambini, del loro riconoscersi in una sorta di identità naturale. Anche la madre (interpretata dalla star televisiva You) ha, a ben vedere, un’attitudine “selvaggia” e istintiva nei loro confronti, come un animale che sposta i propri piccoli in un nuovo nascondiglio nel momento in cui sente il pericolo.
Koreeda tratteggia – come al solito - splendidamente il mondo dei bambini, contrapposto a quello degli adulti, partendo dal loro punto di vista. In questo senso Nobody Knows conferma il talento del regista nel rappresentare le dinamiche e le emozioni dell’infanzia che già erano state accennate nel documentario Lesson from a calf, poi in Maborosi, e che anticipano in questo senso i bambini di Aruitemo aruitemo (Still Walking, 2008) e, soprattutto, di Kiseki (I Wish, 2011).
I quattro ragazzi di Nobody Knows sono ripresi all’interno dell’appartamento, nell’arco di quattro stagioni, a seguirne la naturale mutazione dei corpi (Akira, ma non solo lui ovviamente, cresce in altezza, la sua voce cambia), in aderenza alla loro quotidianità. Si tratta sicuramente di un film di finzione, che peraltro risente molto delle precedenti esperienze di Koreeda come regista di documentari. E’ evidente un intenso uso dei dettagli (le mani di Akira che soppesano le poche monete, il pianoforte giocattolo di Kyoko), della luce, che in certe inquadrature sembra creare ombre nitide che dalla città entrano nel mondo dell’appartamento a “ferire” i bambini indifesi. Molti i simboli (la macchia di smalto rosso sangue, ultimo segno tangibile del passaggio della madre, i vestiti sempre più in disordine, i capelli arruffati), ed un’attenta costruzione dei rapporti fra i personaggi: Akira e la madre; Akira e la nuova amica Saki, quasi un surrogato della madre, ovvero “compagna” di Akira nella nuova famiglia; Akira e i nuovi amici, verso i quali dimostra tutto il suo “essere bambino”, con le necessità sociali dell’infanzia.
Alcuni elementi anticipano l’epilogo: Yuki arriva nell’appartamento chiusa in un’enorme valigia, dalla quale esce con il suo sorriso di bambina felice e nella quale verrà più avanti sepolta. Dopo l’uscita di gruppo a cercare semi da piantare nei vasi sul balcone, uno di questi precipita e si schianta in strada, anticipando la caduta di Yuki. Akira e Yuki, durante l’uscita notturna in occasione del compleanno di lei, si fermano davanti alla metropolitana e il treno in movimento irrompe nell’inquadratura (ancora un treno nel cinema di Koreeda) infondendo un senso di fragilità.
Della sepoltura di Yuki, chiusa nella valigia, trascinata in un prato nei pressi dell’aeroporto, si occupano Akira e Saki, piccole figure in campo lungo. Ritornano camminando in silenzio l’uno di fianco all’altra, sullo sfondo di un sole che sorge. Subito dopo però il treno con il quale rientrano in città viene visivamente “inghiottito” dai grattacieli e il fermo immagine che chiude il film sui tre fratelli insieme all’amica mentre camminano in una via del quartiere sembra lasciar intendere che nulla cambierà: rimarranno invisibili agli occhi di una società che non vuole sapere. [Claudia Bertolè]
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