Sabrina Portale 22 luglio 2013
Gli ingredienti necessari per avere successo ci sono tutti: il fascino, il talento, l’originalità delle voci e delle sonorità, l’estrema cura di look e scenografie. Elementi che riescono a catturare da subito l’attenzione di chi guarda e ascolta. Tutto questo (ma non solo) sono i catanesi The Acappella Swingers, gruppo a cappella tra i più noti tra quelli in circolazione sia in Italia che all’estero. Paladini del Doo-wop, stile di musica vocale sviluppatosi negli anni ’40 a partire dal rhythm and blues che raggiunse l’apice nel decennio successivo (per capire di cosa stiamo parlando pensate ai Platters e alla loro Only You), gli Acappella sono tra i pochi al mondo a riproporlo nella sua forma originale, assieme agli americani The Alley Cats, agli inglesi Roomates, e agli spagnoli The Street Candles. Gli Acappella Swingers nascono nel 2004 grazie a Dario Greco, talentuoso, caleidoscopico e multiforme artista che maturava da tempo il desiderio di creare un progetto musicale a cappella che riproponesse le magiche atmosfere degli anni ’50 e ’60. In questi anni il gruppo ha cambiato più volte formazione fino ad arrivare all’attuale quartetto composto da Dario Greco (tenore), Elisa Caudullo (soprano), Antonella Leotta (contralto) e Marco Tinnirello (baritono e basso). Tra le esperienze vissute dagli Acappella segnaliamo la loro partecipazione all’edizione 2008 del talent X Factor e nel 2012 a Casa Sanremo, manifestazione che si svolge in contemporanea con il Festival della Canzone Italiana.
L’ensemble ha all’attivo due album usciti per l’etichetta catanese Waterbirds, Let’s on Doo-Wop! (2008) e Merry Christmas (2009), e l’EP Swing to the Moon (2012). Gli Acappella propongono, insieme a numerosi inediti, pezzi classici come Rama Lama Ding Dong, Who Put the Bomp (in the Bomp, Bomp, Bomp), Moon River, Lollipop, The Wanderer. L’obiettivo è quello di emozionarsi e soprattutto di emozionare chi li ascolta e chi li vede in concerto con la loro musica semplice, allegra, diretta e coinvolgente. Nel 2009 il brano You, tratto dal primo album, viene scelto da una prestigiosa casa discografica americana, la Crystal Ball Records, per essere inserito in una compilation di brani Doo-wop. La stessa cosa si ripete, sempre grazie alla Crystal, nel 2012 con Serenade Blue Moon, altro pezzo proveniente da Let’s on Doo-Wop!. Nei suoi lavori il gruppo ha sperimentato sonorità sempre più moderne e innovative, spesso accompagnandosi con strumenti acustici usati per dare ancora più risalto alle multiformi voci dei suoi componenti. Una menzione importante merita il fatto che Antonella Leotta e Dario Greco si esibiscono anche da solisti. Dario, nel 2011, comincia il suo percorso accompagnato da alcuni fra i migliori musicisti catanesi (Edoardo Musumeci, Francesco Bozzano e Marco Carnemolla), proponendo suoi brani inediti in uno spettacolo caratterizzato da un sound sofisticato, elegante e raffinato. Da queste premesse è nato il suo show itinerante Dario Greco 4 James Taylor, un tributo in cui Dario canta i brani di maggior successo dell’artista americano intercalandoli con quelli scritti da lui.
Incontro gli Acappella poco prima dello spettacolo One Night Show previsto al Brass Jazz Club – La Cartiera, a Catania uno dei posti più rinomati per ascoltare della buona musica live. A parlare con me è Dario. Rompiamo il ghiaccio, mi sento subito a mio agio, ci sediamo ad un tavolo con le luci soffuse e cominciamo a parlare, anche l’atmosfera è molto doo-wop.
Dario, Catania è da sempre musicalmente attiva, è stata ed è una fucina di talenti e di buoni prodotti musicali. Che ne pensi dei musicisti catanesi? Quali gruppi o artisti apprezzi? Con chi vorresti collaborare?
«Si è vero, Catania è piena di talenti non solo musicali ma artistici in generale. Io ho sempre apprezzato questo lato della nostra città ed è stato uno sprone per me per iniziare. Catania è una città d’arte ed io quest’arte l’ho sempre vissuta venendo a contatto con le varie forme artistiche fuse, apprezzando la scultura, la pittura, il teatro, e ciò è visibile anche negli spettacoli degli Acappella, in cui cerchiamo di coinvolgere quanti più artisti e discipline possibili, ad esempio abbiamo usato un mimo nei nostri ultimi show. Per me il confronto e la collaborazione sono fondamentali per andare avanti e crescere, quindi traggo ispirazione dai vari artisti. Le collaborazioni nel tempo sono state tante e non si fermano. Questa sera, nello spettacolo, si esibiranno con noi Fabio Finocchiaro dei François e le Coccinelle, Salvo Farruggio dei Lautari ed infine il sassofonista Salvo D’Amico. Vogliamo presentarci al pubblico proponendo ogni volta delle novità, tanto che i nostri spettacoli sono uno diverso dall’altro perché mi piace la sperimentazione. Negli anni abbiamo collaborato con Luca Madonia, Toni Carbone, Mario Incudine, François e le Coccinelle e molti altri. Il mio desiderio è quello di fare qualcosa che possa piacere chiedendomi: “io andrei a vedere questo tipo di esibizione?”. Col gruppo intendiamo realizzare uno spettacolo non fine a se stesso, ma modellato sui gusti del pubblico, portando la gente ad apprezzare pienamente questo genere e fino ad ora siamo riusciti ad accontentare coloro che ci seguono anche grazie all’attenzione ai dettagli scenografici, estetici che non sono semplici orpelli decorativi ma dicono molto di noi».
Alterni assieme ad Antonella l’attività nel gruppo con quella di solista. Qual è la maggiore differenza tra il fare musica in gruppo e farla da solista?
«In base alla mia esperienza ritengo che lavorare in un gruppo sia più facile. Da solista sei tu a decidere il tutto, in un gruppo fondamentale è ancora una volta il confronto, da ciò nascono spesso le idee migliori; siamo una vera e propria squadra; uso la metafora calcistica dicendo che se uno di noi fa goal tutto il resto del gruppo gioisce. A volte la maggiore difficoltà è condividere il palco, molto spesso mi è capitato di confrontarmi con gente che voleva vivere il palco da solista, non condividendo le emozioni, io preferisco il gioco di squadra. Con questa formazione siamo una vera e propria squadra in cui ognuno è allo stesso tempo solista ma fa parte del gruppo, per dar vita a magie ed esperienze diverse da cui trarre ispirazione e che servano per la crescita professionale di tutti i membri».
Dimmi un colore, un aggettivo ed un’immagine con i quali descrivere la tua musica
«Di sicuro il colore che meglio mi e ci rappresenta come gruppo è il rosso, peraltro sempre presente nei nostri look; il rosso è il colore della pienezza e della vitalità, del fuoco. L’aggettivo che collego al mio modo di fare musica è meraviglioso, rifacendomi alla celeberrima canzone di Modugno, ma a questo affiancherei sognante per le atmosfere suggestive che esso ispira. Riguardo all’immagine, beh mi viene da pensare ad un furgone, un vecchio furgoncino, di quelli in voga negli anni ’70, un mezzo che ti dà l’immagine di poter viaggiare da solo ma che nel corso dei tuoi viaggi ti permette di aggregare, di accogliere in sé nuovi elementi. Un furgoncino che nella strada che hai intrapreso tu arricchisci di persone, di esperienze e anche di decorazioni che lo fanno sentire “tuo”».
Dario secondo te cosa rende la musica “buona”? Quali caratteristiche deve avere?
«Secondo me fare buona musica significa rendere tangibile l’emozione che metti nel farla. Credo che non esista una canzone bella o brutta ma che un testo sia bello o brutto a seconda dell’emozione che si trasmette. La differenza la fa l’emozione, e il pubblico riesce sempre a recepire queste emozioni. Quante volte mi è capitato di vedere artisti eccezionali dal punto di vista della tecnica ma aridi nel trasmettere emozioni e viceversa artisti non virtuosistici esprimere appieno ciò che provano, ciò che volevano dire nei loro testi. L’emozione è la chiave di volta per fare buona musica, trasmettere al pubblico ciò che pensi, arrivare allo stomaco della gente».
Essendo il Doo-wop un genere abbastanza di nicchia il pubblico come si pone di fronte al vostro modo di fare musica?
«Inaspettatamente anche il pubblico che non ci conosce ci accoglie bene. Il genere musicale che proponiamo è talmente affascinante e vitale che non si può fare a meno di apprezzarlo. Spesso nelle nostre esibizioni siamo spiazzati perché ci troviamo davanti un pubblico molto critico, esigente, attento e silenzioso e ciò spesso può arrecare, in un certo qual senso, disturbo perché sai che devi rendere al 100%. Inoltre, sembrerà banale ma anche se suoni da tempo provi sempre quell’adrenalina, quell’agitazione prima di esibirti. Secondo me quello è il momento topico in cui il “fuoco sacro dell’arte” si impadronisce di te, e ti permette di caricarti per interagire empaticamente con il pubblico. La reazione che vogliamo scatenare nei nostri fruitori è simile a quella che prova un bambino quando si trova in un Luna Park, vogliamo vedere nei loro visi quella stessa espressione di gioia e meraviglia».
Come sappiamo ormai per fare musica si deve ricorrere ai talent show e ai canali musicali gratuiti. Con il gruppo avete partecipato già una volta ad uno di questi programmi. Dario che ne pensi di queste nuove tipologie comunicative?
«Io ho un’idea positiva dei talent, ho partecipato più volte, li seguo con interesse; ho visto che negli anni essi stanno diventando sempre più impegnativi, e che ci si sta concentrando più sulla qualità che sulla quantità. Ormai la loro presenza è imperante e necessaria. Sono un’ottima vetrina per mostrare le proprie doti e per far emergere il talento che molto spesso non viene riconosciuto. La cosa che più apprezzo è che questi canali, e in generale questi programmi musicali, sono pozzi da cui attingere per trarre ispirazione. Ciò che non apprezzo dei talent è quello che sta dietro, le macchinazioni, gli interessi esclusivamente economici dei discografici e degli addetti ai lavori che impoveriscono una risorsa così grande per la musica. Dunque ben vengano i canali musicali gratuiti. Credo però che questi non siano la sola fonte a cui attingere per trovare talenti musicali. Molti di essi non hanno la possibilità di esibirsi e farsi conoscere dal grande pubblico. Tanti talenti si trovano in canali minori e soprattutto nei live nei vari locali anche piccoli e poco conosciuti, basta fare un video e caricarlo nella rete per avere visibilità e magari quell’incontro fortuito che ti cambia la vita».
Con gli Acappella avete avuto anche un’esperienza sanremese durante lo scorso anno. Che pensate di Sanremo? Questa manifestazione serve alla musica italiana?
«Quella di Casa Sanremo è stata un’esperienza bellissima ed indimenticabile, un ambiente vivo, frenetico, fluido dove eri continuamente in contatto con gli artisti in gara. Beh come recita un famoso jingle: “perché Sanremo è Sanremo!”. Il Festival della Canzone Italiana è una manifestazione che seguo e vedo che negli anni va sempre più migliorando, catalizzando l’attenzione sulla qualità della musica e dei testi. Sì, credo che Sanremo serva alla musica perché è una vetrina che ti dà enorme visibilità, e che alla musica serva Sanremo per sollecitare la creatività. È un rapporto abbastanza bilanciato».
In conclusione ti chiedo quali sono i tuoi progetti futuri
«Per ora ho accantonato il mio progetto solista per portare avanti il lavoro col gruppo. Con gli Acappella parteciperemo a Senigallia al Summer Jamboree (http://www.summerjamboree.com/) che si terrà dal 3 all’11 agosto. Siamo emozionati a prendere parte ad un evento di respiro internazionale dove converranno artisti da tutto il mondo. Sarà una settimana intensa in cui si abbraccerà in tutto e per tutto lo stile Doo-wop: si ballerà, si ascolterà quel genere di musica e ci si vestirà come nei mitici anni ’50 e non vediamo l’ora di partecipare, convinti che quest’esperienza ci arricchirà moltissimo».
Fotografie di Marcello Torresi