DARK HORSE (USA, 2011) di Todd Solondz

Creato il 07 settembre 2011 da Kelvin
Con un po' di sana irriverenza, non è blasfemo considerare Todd Solondz il Kaurismaki americano. Da anni infatti ci regala ad ogni film storie di ordinaria diversità e emarginazione: i personaggi  dei suoi film sono uomini e donne ai confini della società, grotteschi, stralunati, talvolta odiosi, ma comunque degni un posto nel mondo. E invece il più delle volte questi uomini e donne appaiono 'invisibili' ai più, come oggetti misteriosi, alieni, ingiustamente dimenticati. Esattamente come Abe, il protagonista di Dark Horse, in concorso a Venezia e salutato con lunghi applausi da parte di pubblico e critica. Abe è un omone grande e grosso afflitto dalla sindrome di Peter Pan: è infantile, indolente, colleziona fumetti e giocattoli, vive ancora con i genitori (che lo considerano un ritardato  buono a nulla) , passa le proprie giornate nella sua cameretta da adolescente  èd è  apparentemente incapace di qualunque relazione sociale...  
Già,apparentemente. Perchè ogni persona ha un lato umano, anche il peggior inetto, delinquente o disadattato che sia. E troppe volte la nostra cultura dell'apparenza ce lo fa dimenticare. Abe è innamorato di Miranda, una bellissima ragazza incontrata per caso a un matrimonio: lei è malata, depressa, irrealizzata. Ogni suo progetto futuro è andato in fumo e non trova più alcuna ragione per sopravvivere. Ovviamente disprezza Abe, e non si premura neanche di nasconderglielo: ma la disperazione e la tragica mancanza di alternative la spingono ad accettare la sua proposta di matrimonio. Ma Solondz non racconta favole, si limita ad osservare le persone, o meglio un certo tipo di persone. E questa storia finirà come deve finire... al netto di qualche sorpresa.

Dark Horse è un film spiazzante, anche (soprattutto) per i fan del regista, che all'inizio stentano a riconoscere il suo tocco in quest'opera che, seppur tragicamente, dapprima strappa non poche risate per sarcasmo e humor nero. Salvo poi, a poco a poco, ritornare nei binari consoni e farci amaramente riflettere su quanto sia difficile (per tutti!) ritagliarsi uno spazio in mezzo alla 'normalità' . Magari non vincerà il Leone d'Oro, ma potete star certi che questo piccolo film vi scuoterà almeno un pochino, e forse una volta usciti dal cinema guarderete il mondo con occhi diversi.
VOTO: ****

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