Dark Shadows

Creato il 21 maggio 2012 da Af68 @AntonioFalcone1

Dopo aver bevuto sino in fondo l’amaro calice rappresentato da Alice in Wonderland, confesso di essermi accostato alla visione del nuovo film di Tim Burton, Dark Shadows(tratto dall’omonima serie tv ideata da Dan Curtis, trasmessa sulla rete americana ABC dal ’66 al ’71), a dir poco prevenuto e senza molti entusiasmi, ormai convinto che l’autorialità del regista avesse trovato la sua ara sacrificale nel ravvivare qualche plot stile “pronto in tavola” con un minimo di tocco dello chef, giusto per soddisfare ogni palato, pur senza arrivare ad una sapidità propriamente standardizzata.

1760, i coniugi Collins salpano da Liverpool per l’America, insieme al figlio Barnabas. Giunti nel Maine, avviano una florida azienda ittica e danno vita alla cittadina di Collinsport, sulle cui colline si ergerà la loro sontuosa residenza; passano gli anni e Barnabas, ormai adulto (Johnny Depp), è a capo di un vero e proprio impero, trovando comunque tempo per spezzare il cuore delle fanciulle, come quello della domestica Angelique (Eva Green), la quale però, innamorata di lui, non ci sta ad essere trattata come una delle tante e per di più è una strega: con un maleficio trasformerà l’incauto tombeur de femmes in un vampiro, dopo aver causato la morte del suo vero amore, Josette (Bella Heatcote).
Rinchiuso in una bara, il nostro si risveglierà casualmente dal sonno secolare nel 1972 e, tornato nella sua magione ormai fatiscente, farà conoscenza con gli alquanto bizzarri discendenti: ad accoglierlo la capofamiglia Elizabeth (Michelle Pfeiffer), che ha ingaggiato una psichiatra (Helena Bonham Carter) in pianta stabile, per gestire le stranezze del nipotino David, orfano di madre…

I dubbi di cui sopra si sono man mano palesati durante la visione del film e concretizzatisi nell’assunto che il vero e proprio punto debole di Dark Shadows sia da rinvenirsi nella sceneggiatura, opera di Seth Grahame-Smith, non particolarmente a suo agio nella gestione corale dei vari personaggi, preferendo pescare dal mucchio e dare risalto, confusamente, ora all’uno ora all’altro, con tematiche e psicologie appena abbozzate, cavalcando il grottesco e facendo sì che il tema caro a Burton del vicendevole scambio, con reciproche confluenze, tra mostruosità e “normale” umanità si appiattisca sullo schermo e non riesca mai veramente a decollare, per un mix tra gotico e commedia certamente affascinante, ma non sempre effettivamente coinvolgente.

Eppure la pellicola gode di un notevole fascino visivo, vedi il prologo iniziale, felicemente debitore delle atmosfere genuinamente horror proprie delle “vecchie” produzioni Hammer, ottimamente reso dal “Burton’s touch” e lo stesso può dirsi per la visualizzazione degli anni ’70, unendo amabilmente pop e kitsch in un’aura da odierno vintage, regalandoci delle scene dove il suo estro, non ancora completamente sopito, riesce a ritrovare un tono divertito, ancor prima che divertente (il movimentato amplesso tra il vampiro e la strega al ritmo di Barry White, la “cena” con i fricchettoni, il concerto rock di Alice Cooper).

Tra i vari interpreti, alcuni, come la Pfeiffer, semplici figuranti, a risaltare è soprattutto Eva Green (foto), fascino ed ironia da maliarda d’antan, mentre Deep, a mio avviso, non sempre riesce a far scattare un’ immediata empatia con il pubblico, ancora una volta a causa di uno script esangue, giusto per restare in tema, incapace di conciliare toni parodistici con quelli strazianti e drammatici propri della condizione di non morto, come il tema dell’amore eterno, “unito dal sangue”, non nuovo, ma sempre interessante, che avrebbe meritato tanto un maggiore approfondimento, quanto un finale meno banale ed ispirato, volente o nolente (si pronunceranno i posteri…), ai “succhia sangue” più di moda.

Che dire in conclusione? Burton in un certo senso è tornato, anche un minimo della sua inventiva riesce comunque a vitalizzare, a tratti, un film altrimenti sin troppo fiacco, per cui dobbiamo solo sperare in un risveglio definitivo dal sonno cui l’ha costretto in questi ultimi anni la malvagia strega del “compitino da portare a termine”.


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