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Dark Skies – Oscure Presenze

Creato il 22 ottobre 2013 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

 

 

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Anno: 2013

Nazionalità: USA

Durata: 97′

Genere: Horror, Sci-Fi

Regia: Scott Stewart

Distribuzione: Koch Media

Uscita nelle sale: 24/10/2013

L’orrore è dentro di noi. E si annida ancor più in profondità, se a fare tana negli strati più remoti della nostra psiche sono Alieni cui piace, per ragioni misteriose, giocare al gatto col topo. Gli esperimenti cui si dedicano queste creature di origine extraterrestre hanno poi un esito terrificante, in quanto demoliscono la coesione di piccoli nuclei famigliari, da loro presi di mira in maniera apparentemente casuale, minando poco a poco sia il fisico che la mente di chi li compone. Ecco ciò che mostra, attraverso una costruzione narrativa ansiogena e a modo suo inesorabile, per quanto di impronta minimalista, il film di Scott Stewart, che però riesce a soddisfare solo in parte le aspettative dello spettatore. Dark Skies – Oscure Presenze sembra infatti ambire alla forza straniante e al potere di suggestione del miglior Shyamalan, cedendo d’altro canto a determinati compromessi che ne riducono a tratti l’impatto emotivo.

Il sostrato su cui poggia l’impianto narrativo del film attinge a piene mani tanto alla curiosità nei confronti del paranormale che a quel campo di ricerca, più circoscritto ma non meno fecondo di reazioni scettiche e talvolta apertamente sarcastiche, riconducibile in qualche modo all’ufologia: cerchi nel grano, luci misteriose nel cielo, rapimenti alieni, sonde anali o altri esperimenti bizzarri, tentativi di comunicare con intelligenze extraterrestri, ecco quali sono gli elementi più gettonati di tale immaginario. E nei circa vent’anni trascorsi da Bagliori nel buio di Robert Lieberman, lungometraggio quantomeno discreto, i tentativi realmente riusciti di portare sul grande schermo questo curioso miscuglio, in cui galleggiano discutibili ipotesi e tensioni di indubbia morbosità, non sono stati poi molti. Lo stesso Dark Skies – Oscure Presenze, pur giocando su tonalità cupe e seriose, arriva a concedersi scampoli di implicita, quasi strisciante ironia, allorché l’esperto di codesti fenomeni tenta di istruire i malcapitati protagonisti, smitizzando però le opinabili distinzioni tra “Grigi”, “Rettiliani” e altre presunte razze aliene.

 

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Per arrivare a questa “detection” di ambito decisamente non umano, si passa comunque attraverso un’atmosfera sospesa, che confina in parte con l’horror e in parte coi sedimenti di una science fiction puramente evocativa, minimalista, essenziale, quantunque assai tenebrosa. Ecco, quando il cineasta americano sembra fare il verso alle inquietudini, al disturbante psicologismo e all’approccio sottile ravvisati spesso nei film di M. Night Shyamalan, il senso di fragilità e di insicurezza che il plot vorrebbe comunicare ne risulta amplificato. Assistiamo infatti al progressivo inserirsi della paura nella quotidianità di una famiglia (sufficientemente credibili Keri Russell e Josh Hamilton, nell’impersonare due genitori sull’orlo di una crisi di nervi) sempre più minacciata e oppressa da quei fenomeni, apparentemente inspiegabili, i cui invisibili autori sembrano prendere di mira, con particolare accanimento, la giovanissima prole della coppia protagonista. Ma c’è un altro elemento da non sottovalutare, a livello di sceneggiatura. La madre e ancora di più il padre, nel corso di questa interruzione della normalità che assume presto aspetti terrificanti (visitatori notturni che non fanno scattare gli allarmi della casa, marchi che appaiono all’improvviso sulla pelle, stati di trance, azioni compiute contro la propria volontà, interi stormi di uccelli che si suicidano andando a sbattere sulle finestre), tendono a prende sotto gamba quanto accaduto poiché maggiormente sconvolti, all’inizio, da guai finanziari e lavorativi che rischiano di comprometterne la stabilità economica alla radice. Ecco affacciarsi un altro spettro, quello della crisi, dell’impoverimento, di uno status sociale difficilmente conservabile, che negli ultimi anni ha fatto spesso capolinea nel cinema di genere statunitense. Un cinema, questo, che tra alti e bassi aspira a proporsi quale specchio deformante e controcanto di un’America visibilmente in affanno, sul piano economico, nonché rosa da infinite contraddizioni.

Dal canto suo Scott Stewart, nel districarsi da regista tra pellicole come Legion (thriller/action rocambolesco e misticheggiante, con Paul Bettany, Kevin Durand e Dennis Quaid a irrobustirne il cast) e serie televisive alla Defiance, ha avuto modo di ribadire la sua predilezione per un immaginario fantastico, rispetto al quale gli era stato possibile imporre la lunga esperienza nella cura degli effetti visivi e una notevole perizia tecnica, anche in opere di autentici maestri del genere quali Robert Rodriguez e Guillermo del Toro. Tutto ciò grazie allo studio di effetti speciali “The Orphanage”, di cui è stato co-fondatore. Ne deriva che pure in Dark Skies – Oscure Presenze le fugaci apparizioni degli alieni e il loro manifestarsi attraverso altri segni conservi un certo appeal, sul piano strettamente visuale, iconografico. Ma tale abilità non sempre è sufficiente. Purtroppo Stewart in alcune fasi cruciali del racconto cede alla tentazione di scimmiottare, un po’ banalmente, quei prodotti alla Paranormal Activity, che nel cercare altre vie per produrre una tensione orrorifica hanno finito, troppo spesso, per annacquarla. Questo rischio di emulazione ha qui un duplice risvolto, contenutistico e formale: a ricordare troppo da vicino il prototipo Paranormal Activity, con gli alieni al posto delle demoniache presenze, è innanzitutto la pretesa dello “yankee pater familias” di controllare ogni stanza con una videocamera. Sebbene appena accennato, ecco quindi quel raddoppiamento della visione di cui il genere (qui ibridato) sta fatalmente abusando. Ma altrettanto stereotipata pare la decisione di modellare il racconto esasperando le ormai classiche differenze caratteriali tra i due genitori, con lei più intuitiva e lui fondamentalmente ottuso, nonché restio a prendere sul serio “gli ospiti” che infestano sempre più platealmente la loro casa, le loro vite, le loro menti. Peccato, perché con un guizzo di originalità in più nel confezionare la storia coi suoi corollari più logoranti, spaventosi, introspettivi, sottilmente perversi, Dark Skies – Oscure Presenze sarebbe risultato ben più destabilizzante, mentre così riesce ad esserlo solo in alcuni frangenti.

Stefano Coccia      


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