Nota: questo è il primo post in collaborazione con me stessa perché a quanto pare, al momento scrivere due blog mi è praticamente impossibile. Lettori di Da Torino A Tirana, benvenuti su queste sponde.
L’impazienza, croce e delizia della mia intera esistenza, da quando ho cambiato lavoro sta mettendo a dura prova i miei nervi. E sì che ormai quindici anni orsono, mi lessi i tarocchi da sola (lasciamo questa storia a un altro post) e la mia “carta guida” risultò essere l’appeso, che se non ricordo male dovrebbe essere simbolo di attesa.
Sono una di quelle persone che arriva ad un appuntamento importante con 40 minuti di anticipo (vedi qui), che se deve essere dall’estetista sotto casa alle 10 è già pronta alle 9:15, insomma un’ansiosa da manuale.
Ma l’universo deve avere in programma di farmi dare una calmata, o almeno così pare: provateci voi, ad essere impazienti sulle rive del fiume Lana.
Provate ad arrivare alla fermata dell’autobus, posizionarvi in prima fila (o almeno così credete) per poi essere travolti da orde di altri passeggeri arrivati dopo di voi ma comunque pronti a spintonarvi fino alla morte pur di salire sul mezzo cinque secondi prima.
Provate poi ad approcciarvi alle porte qualche secondo prima della fermata: il bigliettaio vi chiederà gentilmente di procedere verso il centro dell’autobus per lasciare spazio, perché qui si lascia il posto a sedere solo dopo che il mezzo si è fermato alla pensilina.
I torinesi che mi leggono resteranno probabilmente inorriditi: siamo geneticamente programmati ad avvicinarci alle porte del bus non appena si rimette in marcia dalla fermata precedente alla nostra, siamo portatori sani dello stizzito “scusi, scende alla prossima?” rivolto a chi staziona nei pressi delle uscite, insomma un mucchio di abitudini per noi normali, che ad altre latitudini diventano fastidiose.
E non ho ancora menzionato gli slalom sui marciapiedi: sono sempre stata una pro della camminata veloce, complici i larghi marciapiedi di Corso Francia e gli immensi portici di Via Roma e Via Cernaia, ma qui ho dovuto imparare – di nuovo – a darmi una calmata anche in tal senso.
Insomma se posso trarre qualche insegnamento dalle norme sociali a cui mi sono dovuta adeguare negli ultimi mesi, è di smettere di farmi assalire dall’ansia da ritardo ingiustificata, anche perché fin troppo spesso, al mattino esco di casa talmente presto da decidere di raggiungere l’ufficio a piedi per evitare di arrivare con 20 minuti di anticipo. E sì che la zona pullula di bar, ma abuso già abbastanza di caffeina senza arrivare a tazzine prima delle 10.
A proposito dei bar qui intorno: Waffles’ Art – Rruga Pashko Vasa. Come sentirsi in un romanzo di Arthur Conan Doyle.