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Das Kabarett, Facebook & Co.

Creato il 20 settembre 2011 da Spaceoddity
Sono uno dei tanti che si sta stancando di Facebook e di tutto il sistema di social networking. Ho fame di persone, di vita vera. Tuttavia, non posso negare che le persone con cui amo stare in contatto siano su Facebook (o su Twitter o che so io): non frequentarle attraverso questi strumenti mi priverebbe di un loro modo di essere vere, di essere attive nella realtà che mi circonda. Questo, per uno come me, è un circolo vizioso, chiamiamolo pure l'essenza di una droga da cui vorrei tanto disintossicarmi.
Eppure, del 15-20% dei miei contatti che rappresentato la quasi totalità delle mie interazioni, se si escludono le persone distanti per motivi familiari o di lavoro, mi pare che Facebook non muti la natura delle mie relazioni. Non dico che non l'abbia fatto, intendo semmai che l'essenza del rapporto quotidiano passa per altre vie; e, se così non fosse, io sarei più propenso a interrogarmi sulla consistenza delle nostre relazioni, piuttosto che sulla bontà del mezzo.
Ebbene io, che non ho mai amato le chat (anzi la detesto, perché mi interessa solo la persona e ciò che abbiamo da dirci, non il medium), sto arrivando a disprezzare uno strumento che, con la pretesa di avvicinarmi a una persona, in realtà mi tiene a una studiatissima distanza. Al di là di essa, tutto è lecito, tutto è ugualmente vano, in una sorta di teoria dell'infrazione commisurata a uno specifico tasso di ricercata estraneità, nascosta dalla più invadente mancanza di privacy che si possa immaginare. Se vuoi sfuggire a quest'inganno, devi mentire, ingannare a tua volta.
Se è vero che, soprattutto negli ultimi mesi, ho usato Facebook, praticamente per promuovere Das Kabarett e, ultimamente, Cooking Jungle, è anche più vero che niente di ciò che scrivo nei miei blog è guidato da ciò che accade su FB, se si esclude per certa mondanità comunicativa delle mie pagine "culinarie". Insomma, decido in altra sede cosa scrivere nel mio blog. Il tentativo di includere i miei contatti con le Reviews On Demand, mostra già adesso i suoi limiti e le mie reticenze. E non per mancanza di apertura, anzi: quando il mio amico F. si disse curioso di sapere cosa ne pensassi io di Match Point di Woody Allen, non me lo feci dire due volte. Mi ci buttai alla prima occasione.
Ma in quel caso Facebook era solo una delle mille, meravigliose, possibilità che le tecnologie ci offrono per dirci qualcosa, io e lui. Per la sua immediatezza, il social network ha assolto infinitamente meglio di ogni altro mezzo alla sua funzione, e probabilmente adesso non saprei quanto quel film possa avvicinare e colpire persone così diverse (e farmi apprezzare la differenza che ci unisce). E non è l'unico merito di Facebook: sparuti incontri - amici di amici - sono rimasti nella mia vita e sono diventate presenze reali, in carne, ossa, voci e sguardi; cugini lontani, compagni di scuola e di altre esperienze, scambiano più di qualche battuta sulle bacheche e non solo.
In più, su Facebook ho riscontro ai miei post su questo e sull'altro blog, un riscontro che qui obiettivamente non avrei. Risposte entusiastiche o anche acide, correzioni, proposte. Così si cresce. Ma ciò accade solo quando Facebook colma le distanze tra persona e persona, quando rimedia alla forza centrifuga di questa modernità precaria. Facebook è per me il segno di una mancanza, di un'assenza molto più radicale e dolorosa, quella di una ricerca della persona. Ci vuol poco a dire che la mia vita è anche fuori da Facebook, molto più difficile è ammettere il diritto ad amare, odiare, desiiderare qualcuno fuori dai profili schedati: perché i sentimenti sono concreti - e soprattutto urgenti - rispetto alla mefitica astrazione dei social networks.
Sono le persone del mio quotidiano che forse soffrirebbero di più dell'eliminazione del mio account (che si fa di giorno in giorno più concreta). E non escludo che molti rapporti perderebbero buona parte della loro consistenza: mi spiace dire che sono disposto a correre i rischi e perfino rapporti basati sul mezzo; e, del resto, non tutti i rapporti, anche i più profondi, si basano su una frequentazione quotidiana. Ci sono persone che rivedo sistematicamente dopo anni e accolgo nel mio incontro con un piacere indicibile...
Facebook non è un circolo del tennis per chi non ha con chi giocare. O, per lo meno, io ho i miei compagni di gioco e non sono una pallina. Lo so, lo so bene, almeno per me non c'è niente che mitighi la solitudine, non c'è niente che la giustifichi, la faccia dimenticare o la renda davvero più sopportabile. Io non conosco il segreto per amare, ma per me è sempre chiaro, non è un segreto che amo e, poco per volta, saprò fare a meno di Facebook.

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